1471~1528
Dürer
Pittore d’Europa
Albrecht Dürer come proto-europeo tra Germania d’Oriente, d’Occidente e Italia, come Leonardo tra Vinci, Milano e la Francia, come Antonello tra Messina, Venezia e gli influssi fiamminghi, come Primaticcio e il Rosso tra Firenze e Fontainebleau, come Holbein tra Germania e Inghilterra. L’Europa fu, alla sua radice, un fatto culturale. Enigmatico, senz’altro narciso, e in questo senso caratterialmente il più moderno di tutti per la sua epoca, così appare Albrecht Dürer nel suo autoritratto del 1493, anno che, per essere pettegoli, era quello successivo alla scoperta dell’America. Aveva egli allora ventidue anni ed era ben conscio di se stesso. È noto il suo miracoloso autoritratto eseguito a tredici anni come disegno a mina d’argento e sul quale scrisse, successivamente, a inchiostro “Dz hab Ich aws eim spigell nach mir selbs kunterfet Im 1484 Jar Do ich noch ein kint wad. Abricht Dürir” (Questo me lo sono imitato da me stesso in uno specchio nell’anno 1484 quand’ero ancora un bambino) e lo firma “Meister D”.
Albrecht Dürer, Willibald Pirckheimer, 1524, incisione, cm 18,2×11,5, New York, The Metropolitan Museum of Art
E poco prima dell’autoritratto del 1493 ve ne sono altri due, di cui uno con l’enigmatica scritta “Martin Schön Conterfait”. Si tratta ovviamente di Martin Schongauer, che Albrecht giovanotto intende visitare quando inizia la sua Gesellenwanderung, quel giro di formazione che a piedi faceva ogni buon artigiano per un paio d’anni prima d’essere ammesso nelle associazioni professionali. Giro rituale, chiamato Walz come la danza, è il suo, che inizia a Pasqua del 1490 per concludersi a Pentecoste del 1494. Approda probabilmente a Basilea, la patria della stampa quanto lo è la sua natia Norimberga, poi se ne va in giro per l’Alsazia fino a Strasburgo. Rimane attratto dal grande virtuoso dell’incisione allora operante a Colmar, Martin Schongauer appunto, ma non lo incontra poiché il maestro desiderato muore proprio all’inizio del 1491 a Breisach sul Reno, a un passo da Basilea. Rimane Dürer, invece, coinvolto in un mondo editoriale ben più intellettuale di quello di casa sua. Se Norimberga è la patria della stampa e dell’incisione dei Piccoli Maestri didattici, Basilea è innegabilmente il primo crogiolo dell’editoria e della stampa di alta qualità.
Martin Schongauer, Giovane donna alimenta il fuoco con un’ala d’uccello, 1469, disegno con tocchi di guazzo rosa e rosso, cm 18,3×14,2, Londra, British Museum
Albrecht Dürer, Ala sinistra di una ghiandaia marina, 1512 ca, acquerello e guazzo con biacca su pergamena, cm 19,5×20, Vienna, Albertina, Graphische Sammlung
Dürer è un artigiano, ma di tipo ben particolare. Interessato al dibattito religioso e quindi filosofico che porterà la sua epoca alla scissione riformata con Roma, intrattiene rapporti conseguenti. Stabile, appena tornato a Norimberga, è la sua amicizia con Pirckheimer, l’umanista in corrispondenza con Erasmo; la sua incisione Melancholia ne è la prova visiva. Willibald Pirckheimer è in relazione con l’Italia, dove è stato educato fra le università di Padova e Pavia; la latinità lo pervade, sua moglie si chiama Cresencia e sua sorella Felicitas, lei che diventa badessa del convento francescano di Santa Chiara a Norimberga e alla quale Dürer dedica il ciclo di silografie della Vita della Vergine. Sempre lui presenta Dürer all’imperatore Massimiliano. Ma, soprattutto, è lui che lo spinge al viaggio in Italia nell’estate del 1494, quando, per far piacere al proprio padre, si è appena sposato con Agnès, quella moglie che più di tanto non gli piace, come scrive a Pirckheimer. Il fascino vero lo trova a Venezia, a tal punto che diventa una sorta di sogno il tornarci. Ci ripassa quindi una seconda volta, finanziato da Pirckheimer, dieci anni dopo, e in questa occasione il fascino diventa concreto nella figura della giovane veneziana che lì ritrae e alla quale forse deve più che un’avventura.
Albrecht Dürer, Granchio di mare, 1495, acquerello e guazzo su cartoncino, cm 26,3×35,5, Rotterdam, Museum Boijmans van Beuningen
Albrecht Dürer, Ritratto di giovane veneziana, 1505, olio su tavola, cm 33×25, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Rimane egli intellettualmente artigiano, artifex, come se la bottega d’orafo del padre venuto dall’Ungheria fosse per sempre la sua culla etica. Mentre gli artisti d’Italia si straziano fra neoplatonici idealisti e aristotelici sperimentatori, lui da buon germanico è totalmente empirico nella sua ricerca oggettiva e scientifica della realtà. Lo studio dei dettagli della natura si fa fondamentale, dall’autoritratto alla forma della zolla di terra, di un granchio o di un coniglio. Per la prima volta il paesaggio diventa protagonista indipendente. E anche il corpo dell’Uomo, quello che Leonardo sta sublimando nella perfezione dell’Uomo vitruviano, mentre lo storpia nelle caricature burlesche, entra per lui nel laboratorio della ricerca: non esiste un modello perfetto. Il magro e il grasso, il piccolo o il grande, tutti fanno parte di una coralità umana, quella che di lì a poco vorrà portare verso l’emancipazione la Riforma del monaco Martino Lutero.
Albrecht Dürer, Agnes Dürer, 1495-1497, disegno a penna su carta, cm 15,6×9,8, Vienna, Albertina, Graphische Sammlung
Albrecht Dürer, Agnes Dürer in costume olandese, 1521, disegno con punta metallica in inchiostro marrone su carta preparata viola scuro, cm 40,7×27, Berlino, Staatliche Museen, Kupferstichkabinett
Albrecht Dürer, Ritratto di Michael Wolgemut, 1516, olio su tavola, cm 29×27, Norimberga, Germanisches Nationalmuseum
Questa storia, enigmatica ed esemplare al contempo, già si dichiara nell’autoritratto del 1493 che dipinge ventiduenne probabilmente a Strasburgo e dove tiene in mano un ramo di eringio, quella pianta che in italiano si chiama popolarmente calcatreppola e che i tedeschi chiamavano Mannertreu, “fedeltà del maschio”, in quanto è una benefica ombrellifera con foglie spinose. Ecco perché si reputa che il dipinto fosse dedicato alla promessa sposa e per questo realizzato su pergamena per essere a lei spedito. Lo sguardo traverso è ovviamente dovuto all’autoritrarsi guardandosi allo specchio. L’iscrizione è molto significativa “My sach die gat / als es oben schtat” (La mia vicenda va come è scritto in alto) in quanto corrisponde a una dichiarazione di fiducia nel destino segnato dall’alto, che è al contempo spirito della Riforma e visione germanica del mondo che vede nel Schicksal (destino) il percorso d’una vita predestinata. Dürer altre volte pone iscrizioni sui ritratti, come quando compie quello in ricordo del suo maestro: “Das hat albrecht durer abconterfet noch / seine(m) Lermeister michel wolgemut in jor / 1516 vnd er was 82 jor / vnd hat gelebt pis das man / zelet 1519 jor do ist er ferschiden an sant endres dag frv ee dy / sun awff gyng” (Questo lo ha riprodotto Albrecht Dürer rappresentando il suo maestro Michael Wolgemut nell’anno 1516 ed egli aveva 82 anni ed è vissuto fin che si contò l’anno 1519 dove è scomparso il giorno di sant’Andrea presto prima che sorgesse il sole.). Dipingere è documentare: così si diventa maestri per insegnare agli altri.
Albrecht Dürer, La madre dell’artista, 1514, carboncino su carta, cm 42,3×30,5, Berlino, Staatliche Museen, Kupferstichkabinett
Albrecht Dürer, Primula, 1526, guazzo su pergamena, cm 19,3×16,8, Washington, National Gallery of Art
Albrecht Dürer, Grande zolla erbosa, 1503, acquerello e tempera su carta, montato su cartoncino, cm 40,3×31,1, Vienna, Albertina, Graphische Sammlung