Gustave Courbet, Pomeriggio a Ornans, particolare, 1848-1849, olio su tela, cm 195×257, Lilla, Palais des Beaux-Arts
Courbet
Un realista di campagna
Un ragazzo che proviene dal profondo della provincia francese, nel Doubs a un passo dalla Svizzera romanda, e che arriva a Parigi ventenne dopo avere studiato un po’ di pittura e frequentato il piccolo seminario vescovile di Ornans prima e il Collège Royal di Besançon poi, in modo da ottenere il diploma di baccalauréat che gli consente di iscriversi all’università nella capitale per studiare diritto. E per vocazione diventa uno degli artisti più significativi del XIX secolo, il non borghese negli anni dell’affermazione totale della borghesia francese. Gustave Courbet si forma in realtà frequentando svogliatamente a Parigi un’accademia assai parallela, se non marginale, che si chiama appunto l’Académie Suisse, ma studiando con fervore i maestri presenti al Louvre, i grandi spagnoli del realismo, da Velázquez a Zurbarán e a Ribera. Se il museo è la teca da indagare, la sua vera scuola teorica è invece una birreria al 28 di rue Hautefeuille, la Brasserie Andler, quella che il critico Champfleury, amico di Hugo e di Flaubert e grande ammiratore di Balzac, chiama “il tempio del realismo letterario”. In quel luogo incontra Baudelaire ed è lì ancora che Hector Berlioz gli ordina il proprio ritratto. In quella bohème primigenia assiste alla rivoluzione del 1848 che lo lascia deluso al punto da spingerlo a tornare nelle sue terre d’origine.
O forse ben più radicale ancora fu la sua scelta, lui vicino alle teorie socialiste che agitavano le menti in quegli anni. Sono gli anni nei quali Jules Michelet, padre della storiografia moderna, pubblica il suo trattato contro i gesuiti sostenendo il tradimento della Chiesa ufficiale nei confronti delle aspettative del popolo e poi, nel 1845, pubblica Du prêtre, de la femme, de la famille (Il prete, la donna e la famiglia) e l’anno successivo Le Peuple, dove l’analisi del popolo sarà agli antipodi rispetto a quella che sta maturando Karl Marx sulle classi sociali e che appare nel Manifesto del 1848. Michelet pone come meccanica della Storia lo scontro dialettico, non tra borghesia e proletariato, ma tra città e campagna. Il tema intuito sarà il fulcro della politica di Napoleone III quando, da presidente eletto dopo i fatti rivoluzionari parigini del 1848, diventerà imperatore, per plebiscito nazionale e quindi in maggioranza agricolo. Ecco quindi l’ambito e l’ambiente nel quale Courbet dipinge nel suo 1849 provinciale i primi capolavori anti-cittadini, il Funerale a Ornans, Gli spaccapietre e i Contadini di Flagey di ritorno dalla fiera. I tre dipinti vanno visti come una trilogia della vita umile guardata con partecipazione esistenziale, di un mondo contadino che avrebbe successivamente fatto rabbrividire gli eleganti di Parigi quando furono costretti a vederli nei Salons. Nel 1850 muore Balzac, lo scrittore che innegabilmente era stato padre di un realismo letterario inesistente fino ad allora; la sua visione nella Comédie humaine era ben diversa, indagata con occhio clinico, cinico e senso di superiorità intellettuale.
Gustave Courbet, Gli spaccapietre, 1849, olio su tela, cm 159×259, Dresda, Staatliche Kunstsammlungen, Galerie Neue Meister
Gustave Courbet, Pomeriggio a Ornans, 1848-1849, olio su tela, cm 195×257, Lilla, Palais des Beaux-Arts
A Ornans Courbet scopre la sua vera identità rivoluzionaria: lo fa con un dipinto di quel fondamentale 1849, forse il primo della serie, Pomeriggio a Ornans, che presenta al salone parigino nell’autunno di quell’anno, con una descrizione annessa: “Era il mese di novembre, eravamo dal nostro amico Cuénot, Marlet stava tornando dalla caccia e avevamo spinto Promayet a suonare il violino dinnanzi a mio padre”. Scena banale di vita quotidiana. È il primo passo per far nascere quel capolavoro del Funerale, sostanzialmente incompreso e soprattutto incapace di avere un seguito nella pittura della sua epoca. I vati del bello non lo tollerano; Théophile Gautier, che ha appena pubblicato il testo fondamentale dell’estetica nuova Émaux et Camées (Smalti e cammei), breviario dello chic assoluto, rabbrividisce davanti all’opera e accusa il pittore di confondere il vero con il laido. Siccome le giurie delle mostre ufficiali lo guardano con sospetto, Courbet organizza la sua mostra cinque anni dopo fuori dai Salons e Champfleury si sente usurpare il “suo” realismo; scrive una lettera di rammarico a George Sand: “Courbet è un fazioso che rappresenta in buona fede i borghesi, i contadini, le donne del villaggio in grandezza naturale… un uomo di Ornans, un contadino rinchiuso nella sua bara, si permette di chiamare a raccolta per il suo funerale una folla considerevole: agricoltori, gente ‘di bassa lega’”. Courbet torna nel turbinio di Parigi, diventa protagonista dell’immaginario baudelairiano, si contamina e nondimeno rimane fedele ai suoi ideali politici. È per questa gente “di bassa lega” che Courbet si farà eleggere nella Comune del 1871 durante l’ultima delle rivoluzioni francesi; lui, amico del socialista utopista Proudhon e fortemente influenzato dalle teorie anarchiche di Bakunin. È per loro che darà l’ordine di spostare la colonna Vendôme, quella delle guerre napoleoniche, agli Invalides, e la Comune invece decide di abbatterla. È per loro che verrà poi condannato a una ammenda colossale di risarcimento che lo obbligherà a rifugiarsi in esilio nella Confederazione Elvetica, da dove la sua fama si espanderà nel mondo, ma dove muore sette anni dopo.
Gustave Courbet, Contadini di Flagey di ritorno dalla fiera, 1850, olio su tela, cm 206×275, Besançon, Musée des Beaux-Arts et d’Archéologie
Gustave Courbet, Pierre-Joseph Proudhon con le sue bambine, particolare, 1865 ca, olio su tela, cm 147×198, Parigi, Musée du Petit Palais