1798~1863
Delacroix
Nella corrente impetuosa della Storia
Salon del 1827 a Parigi: due sono i dipinti che piaceranno così poco da essere esclusi dagli acquisti che lo Stato faceva delle opere reputate significative. Il re Carlo X, conte d’Artois e ultimo fratello dello sfortunato Luigi XVI, deambula fra le tele esposte ma queste due gli vengono appositamente celate. Una è opera di Xavier Sigalon, quarantenne di buone speranze proveniente dal Sud della Francia e raffigura Atalia, figlia di Gezabele e di Acab, poi moglie del re di Giudea, che fa uccidere tutta la discendenza reale per mantenere il potere, prima di farsi uccidere lei medesima per vendetta. L’altra è dipinta da Delacroix e rappresenta una scena altrettanto crudele in una grande tela di quattro metri per cinque: il suicidio di Sardanapalo il babilonese che, sentendosi sconfitto, fa uccidere tutte le sue concubine, i suoi schiavi e i suoi animali prima di immolarsi a sua volta su una pira che distruggerà l’intero palazzo. Roba per stomaci forti, che trova nelle citazioni antiche la fonte di una crudeltà apparentemente scomparsa nella Francia della Restaurazione, la quale ben più si riconosce nell’altro dipinto presente, quello in cui Ingres celebra in termini ancora neoclassici l’apoteosi di Omero.
Théodore Géricault, La zattera della Medusa, particolare, 1819, olio su tela, cm 491×716, Parigi, Musée du Louvre
Géricault, innegabile padre della rivolta romantica, era già morto da tre anni, a trentatré anni, per via delle sue sventurate cadute da cavallo; Delacroix, benché più anziano di sette anni, se ne sentiva l’erede: a lui doveva l’amicizia e la presenza nel sommo dipinto della Zattera della Medusa (1819) che era stata acquistata dal Louvre immediatamente dopo la morte del suo autore. La teatralità del quadro era innegabilmente legata alla sua formidabile dimensione, di cinque metri per sette, e l’effetto sul pubblico fu enorme. Era quello il primo gesto di una mutazione del gusto e della percezione che un giorno si sarebbe chiamata romanticismo. In realtà i due pittori hanno più di un punto in comune. Géricault nasce in una famiglia borghese facoltosa approdata a Parigi nel 1796, quando il Terrore è superato e sta nascendo l’astro del giovane generale Bonaparte posto a capo dell’Armée d’Italie; se ne va poi a studiare al Lycée Impérial. Eugène Delacroix ha un fratello maggiore, Charles-Henri, generale napoleonico; sono figli di Charles-François Delacroix, già ministro di Turgot sotto l’Ancien régime monarchico, poi deputato della Marna e che votò per la morte del re, poi ancora ministro degli Esteri dopo il Terrore e poi prefetto di Marsiglia sotto l’impero.
Théodore Géricault, La zattera della Medusa, 1819, olio su tela, cm 491×716, Parigi, Musée du Louvre
Sempre a galla, il babbo: come Talleyrand, il vescovo camaleonte diventato ministro laico e passato indenne da un regime all’altro. Si mormorava allora che Eugène Delacroix non fosse affatto figlio di Charles-François, che all’epoca del concepimento era stato sottoposto a una delle prime operazioni chirurgiche per l’asportazione di un testicolo tumorale, ma che fosse stato invece procreato proprio da Talleyrand, il quale innegabilmente lo protegge agli inizi della carriera artistica. Comunque, la sua nascita lo poneva in un ambito sociale privilegiato che gli consentì un’educazione di alto livello e la scelta della pittura come conseguenza di una vocazione intellettuale. Da intellettuale, egli gira per i musei di Parigi, scopre Rubens e trova le riproduzioni di Michelangelo. E, da autentico intellettuale, Delacroix tiene un Journal che verrà pubblicato sul finire del secolo: documenta in modo vivido i suoi rapporti con la scrittrice George Sand, con il di lei amante Frédéric Chopin, con la baronessa Joséphine de Forget, amante sua per vent’anni e causa del suo definitivo celibato, lei che teneva all’Hôtel de la Rochefoucauld uno dei più brillanti salotti letterari di Parigi, quelli che Stendhal descriveva con affetto e passione. La letteratura lo influenza fortemente, da quando si autoritrae come Amleto di Shakespeare dopo il viaggio a Londra, fino a quando replica la zattera di Géricault in versione La barca di Dante nel 1822, suo primo lavoro che ha la fortuna di esporre al Salone del medesimo anno, dove verrà criticato dai più ma guardato con ammirazione dal giovane giornalista Adolphe Thiers: l’uomo che giocherà in seguito un ruolo fondamentale nella storia politica francese dagli anni della prima monarchia costituzionale del 1830 alla repressione della Comune nel 1871.
Eugène Delacroix, La morte di Sardanapalo, particolare, 1827, olio su tela, cm 395×496, Parigi, Musée du Louvre
Eugène Delacroix, Donna che accarezza un pappagallo, 1827, olio su tela, cm 24×32, Lione, Musée des Beaux-Arts
Pieter Paul Rubens, Sbarco di Maria de’ Medici a Marsiglia, particolare, 1621-1625, olio su tela, cm 394×295, Parigi, Musée du Louvre
Curiosamente Delacroix si trova a essere nella corrente della storia tumultuosa che la Francia attraversa in quella sua rivoluzione permanente. E se La morte di Sardanapalo può sembrare un pizzicotto alla monarchia della Restaurazione nel 1827, nel Salon successivo, del 1831, il re costituzionale Luigi Filippo, quello che sale al trono dopo la Rivoluzione di Luglio, acquista per ben tremila franchi La Libertà che guida il popolo. È cambiata l’atmosfera politica, è cambiato pure lo stile romantico di Delacroix che, da cantore di un passato mitico, si è fatto testimone di una vitalità contemporanea. Gli artisti e i letterati, da Berlioz a Victor Hugo, da Delacroix appunto a Théophile Gautier, diventano protagonisti della vita sociale e politica. Inizia la storia moderna della Francia. Inizia pure, nel 1830, l’avventura coloniale con la conquista dell’Algeria: l’orizzonte si allarga e l’avventura andrà oltre la realtà immaginata. Delacroix accompagna l’ambasciata francese in Africa del Nord e dal mitico Sardanapalo si passerà ai mercati misteriosi del suq.
William-Adolphe Bouguereau, Dante e Virgilio all’Inferno, 1850, olio su tela, cm 281×225, Parigi, Musée d’Orsay
Michelangelo Buonarroti, La Notte, Tomba di Giuliano de’ Medici, duca di Nemours, 1524-1534, marmo, Firenze, Cappelle Medicee
Eugène Delacroix, Dante e Virgilio o La barca di Dante, 1854 ca, olio su tela, cm 38×46, Parigi, Musée du Louvre