LA RISCOPERTA DEL TUTTO TONDO

Nella scultura, il tutto tondo è l’antico, cioè la statua antica, sia maschile sia femminile, visibile da ogni punto di vista. I Bronzi di Riace, la Afrodite di Milo, la Vittoria di Samotracia sono statue a tutto tondo, stanno dentro lo spazio, perché ispirate dal concetto che la bellezza suprema è quella del corpo, infatti la prima scultura è il corpo. Iddio, dice Giorgio Vasari, è uno scultore che fece una forma per fare l’uomo, poi ci soffiò l’anima dentro e quello visse; quindi anche il Vasari, come molti altri della sua epoca, riteneva che l’arte per antonomasia fosse la scultura.

Nel corso del Medioevo, però, l’arte della scultura aveva rinunciato sempre di più alla statua a tutto tondo per spostarsi sulle varie tecniche del bassorilievo. Perfino quelle che sembrano a tutto tondo sono nelle nicchie. La scultura medioevale, a grandi linee, ha una funzione sostanzialmente sacra. Serve a istoriare, non a decorare, gli esterni delle cattedrali dove si fa Biblia pauperum per la narrazione del sacro. Rare sono le opere con altre destinazioni e va tuttora ricordato che il bizzarro Bonifacio VIII fu il primo papa a farsi ritrarre in scultura mentre era ancora vivo, e per questo motivo fu accusato di idolatria, prese il famoso schiaffo di Anagni, fu deposto e messo da Dante all’Inferno. Certamente alcuni monumenti funebri già in quegli anni sono scultura da piazza, cioè osservabili sotto varie angolature; ne è esempio eccellente il monumento funebre a Bernabò Visconti. Ma le sculture per le grandi edificazioni del culto sono addirittura concepite per esser viste da lontano, da sotto s’intende, a tal punto che, riviste oggi nei musei, rendono la loro apparenza incomprensibile e spesso mi permetto di suggerire di sedersi a terra per guardarle in modo da recuperare la prospettiva angolare per la quale furono pensate.

Afrodite di Milo, 130 a.C. ca, marmo, altezza cm 202, Parigi, Musée du Louvre

Afrodite di Milo, 130 a.C. ca, marmo, altezza cm 202, Parigi, Musée du Louvre

 

Ageladas il Giovane di Argo,Tideo(Bronzo di Riace), 456-450 a.C., bronzo, altezza cm 198, Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale

Ageladas il Giovane di Argo, Tideo (Bronzo di Riace), 456-450 a.C., bronzo, altezza cm 198, Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale

Particolare del coronamento della facciata, con le sculture entro nicchie, della cattedrale di Reims, 1254 circa

Particolare del coronamento della facciata, con le sculture entro nicchie, della cattedrale di Reims, 1254 circa

La questione muta radicalmente sin dagli albori del Rinascimento, quando, assieme alla riscoperta dei testi classici e al ritorno del gusto calligrafico della littera antiqua che sostituisce quella gotica, si ritrova il passato come exemplum per il futuro. Tale la tesi di Petrarca, tale sarà la tesi di Leon Battista Alberti quando, su chiamata di Eugenio IV, finisce a Roma con un incarico che precede, curiosità della storia, quello di Raffaello, e consiste nel diventare teoricamente “abbreviatore apostolico”, cioè membro della segreteria per la stesura dei documenti ufficiali. La riscoperta dell’antico è quella che farà inventare a Leon Battista Alberti la parola “gotico” per lo stile allora vigente, in quanto lo considera germanico e quindi barbaro. Da buon architetto qual era, aveva egli ricevuto l’incarico di rimettere in funzione i vecchi acquedotti ancora esistenti ma fuori uso. Lui farà “risurgere” le acque e inventerà così il Rinascimento, dove il passato potrà risorgere dalla terra che lo ricopre.

E intanto si incomincia a scavare, a ritrovare. La letteratura appare assai facile da riscoprire: basta andare nei conventi ad acquistare i codici antichi, mestiere che fa con somma e allegra competenza Poggio Bracciolini per conto di Cosimo il Vecchio. La ripresa degli studi filologici avrà conseguenze clamorose in quanto Lorenzo Valla riesce a dimostrare che il famoso Legato Costantiniano, che obbligherebbe il Papato a risiedere al Laterano, è una sonora bufala degli anni carolingi e quindi il papa torna a portare il soglio di Pietro sulla tomba di Pietro: se ne va in Vaticano e inizia il risanamento della basilica. La pittura antica rimane un mistero; bisognerà aspettare la fine del Quattrocento per riscoprire i fascini della Domus Aurea e degli affreschi sepolti. L’architettura è la questione più semplice, ovviamente, e i documenti stanno ancora in piedi. La statuaria importante verrà riscoperta solo agli albori del secolo successivo, quando riaffiorerà dal sottosuolo il miracolo del Laocoonte, il che stimolerà, poco dopo, gli scavi in città che riporteranno alla luce capolavori come l’Ercole Farnese. Ma fra metà Quattrocento e inizio Cinquecento appaiono comunque le epifanie del passato, talvolta in piccoli oggetti scultorei che gli umanisti antiquariali collezionano fra Venezia e Mantova, poi quando quel bizzarro e contorto papa ch’è Alessandro VI Borgia avvia gli scavi della villa di Adriano a Tivoli. La scultura antica diventa modello quotidiano, nelle collezioni dei Giardini medicei a Firenze come nelle raccolte romane. E si riscopre che la scultura non è da parete ma va vista a tutto tondo.

Bonino da Campione,Monumento a Bernabò Visconti, 1380-1385, marmo, altezza cm 325, Milano, Castello Sforzesco

Bonino da Campione, Monumento a Bernabò Visconti, 1380-1385, marmo, altezza cm 325, Milano, Castello Sforzesco

Arnolfo di Cambio,Bonifacio VIII, 1298 circa, marmo, altezza cm 165, Firenze, Museo dell’Opera del Duomo

Arnolfo di Cambio, Bonifacio VIII, 1298 circa, marmo, altezza cm 165, Firenze, Museo dell’Opera del Duomo