
LE VELATURE A OLIO RACCONTANO LA REALTÀ
A proposito di pittura fiamminga, torna in scena la finanza internazionale. I fiorentini, per natura e per denaro, consci del proprio valore, soffrivano dall’essere tenuti fuori dalle innovazioni di cui tutti parlavano allora. Escono dalle quinte i fratelli Portinari, top manager del Banco Mediceo: Pigello che si trova a Milano fa costruire la cappella di famiglia in Sant’Eustorgio probabilmente da Michelozzo, l’architetto di casa Medici, con la decorazione di Vincenzo Foppa a fresco; Tommaso che rappresenta la banca a Bruges commissiona al massimo pittore di Gand, Hugo Van der Goes, il capolavoro fiammingo dell’epoca, ovviamente a olio. Nel 1475 il Trittico Portinari arriva a Firenze e fa scalpore. Hugo Van der Goes è l’artista che a Firenze cambia la storia della pittura locale. Mostra ai nostri la possibilità di proporre piani diversi, dal primo al fondo, senza far uso della costruzione prospettica.
I pittori delle Fiandre sono già capaci di rendere nuvole perfette, perché usano una materia che glielo consente. Questa è cosa che si fa solo con l’olio: paesaggi che contengono figure di una delicatezza infinita, volti così moderni da essere quelli della Nuova Oggettività del XX secolo, mani dipinte con eccellente abilità in una rappresentazione che compete con la realtà.
Assolutamente d’avanguardia per l’epoca in cui è dipinto, eppure con un curioso sapore arcaico. Poi ci sono alcuni dettagli che m’incuriosiscono in modo particolare: uno è la vanga, l’altro più piccolo ma sicuramente significativo è lo zoccolo, rappresentato anch’esso con pauperismo quasi moralista. I fiori in primo piano, anche se carichi di significati religiosi, a Firenze diventano un segno di capacità realistica.
Gli angeli hanno il colore tono su tono, bianco su bianco, azzurro su azzurro, e in questo caso policromo su policromo, per significare la qualità infinita delle stoffe che hanno addosso; perché quest’opera è anche una pubblicità commerciale dei materiali.

Hugo Van der Goes, Trittico Portinari, particolare, 1475 ca, olio su tavola, cm 253x304, Firenze, Galleria degli Uffizi

Paul Kälberer, Ritratto di famiglia, 1929-1931, olio su tela, cm 181x139, Collezione privata
Nella tradizione nordica la narrazione del reale nulla ha a che vedere con ciò che noi intendiamo con realismo, ma è una descrizione ossessiva e artigianale del mondo esterno dove l’oggetto assume il valore filosofico che sta nella sua parola germanica di Gegenstand. Il Gegenstand è ciò che si oppone a noi, è ciò che sta di fronte a noi: “stare contro” (da Gegen, contro, e stand, stare), ed è l’oggetto che fa la cosa, la Sache.
La Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività) del XX secolo riprende tutti questi parametri profondi e antichi delle culture nordiche, e lo stesso mazzolino di fiori mistico diventa domestico nella famiglia-maternità di Paul Kälberer, mentre la medesima veste del pastore adorante diventa la giacca di cuoio del sommo scrittore Bertolt Brecht nel ritratto che gli fa Rudolf Schlichter. E le mani di Bertolt hanno probabilmente vangato assieme alle mani dell’antenato pastore.

Hugo Van der Goes, Trittico Portinari, particolare, 1475 ca, olio su tavola, cm 253x304, Firenze, Galleria degli Uffizi

Rudolf Schlichter, Ritratto di Bertolt Brecht, 1926, olio su tela, cm 75,5x46, Collezione privata