
CIMABUE PRIMITIVISTA?
Ad Assisi è di grande importanza il tempo che dovrete dedicare alla Crocifissione del transetto sinistro, quella che dipinse Cimabue sul finire del Duecento. Ciò che vedete oggi è l’ectoplasma di ciò che fu affrescato allora. Ma proprio perché l’affresco parte da un primo strato che viene velocemente arricchito, nel breve tempo dell’asciugatura, dello strato di calce, questa traccia sottostante assume un significato particolare. L’opera finita, come sempre avviene nel declinarsi dei secoli, assume le caratteristiche complete dell’estetica della sua epoca. L’opera sottostante vive invece fuori dal tempo e corrisponde ai morfemi linguistici dai quali l’artista parte. E in questo caso la scoperta è di estremo interesse, in quanto i segni sottostanti hanno la medesima forza di alcune pitture espressioniste dell’inizio del XX secolo. Corto circuito storico? Ovviamente no! È che invece chi dipinge, appena è in grado di controllare il proprio talento, si trova a esprimere valori umani profondi che sono inalterabili e spesso inalterati. Ecco perché un bel disegno di Picasso può assomigliare a un bel graffito delle grotte preistoriche di Altamira. Il che avviene, ovviamente, perché lo sciamano di Altamira era bravo quanto Picasso, soffriva e amava quanto Picasso.

Cimabue, Crocifissione, 1280-1285, affresco, cm 350x690, Assisi, Basilica Superiore di San Francesco

Pablo Picasso, Studio per Les Demoiselles d’Avignon, 1907, olio su tela, cm 81x60, Berlino, Nationalgalerie, Museum Berggruen

Arte baoulé, Pendente antropomorfo, oro, altezza cm 8, Parigi, Musée du quai Branly
Per capire meglio la faccenda basta affiancare la Crocifissione di Cimabue con l’opera d’un artista renano del 1920, il poco noto Böckstiegel, e si intuisce subito quanto l’arte d’ogni artista comprenda una parte di segno sotterraneo, che proviene dal fondo della coscienza, e una parte di finitura che raffigura la sua cultura visiva contingente.
E allora che dire della parola attribuita dalla critica ottocentesca che definiva “primitivista” la pittura di Cimabue? Il primitivismo può essere una lingua non ancora evoluta, come quella del bambino, e come ben sapeva il sommo Caroto, pittore del Rinascimento veronese, che dipinge il giovane autore del disegno, capendo benissimo la questione. Oppure il primitivismo può essere una indagine al fondo della propria anima, come ben sapevano i sofisticatissimi artisti africani quando realizzavano i loro feticci, quelli ai quali si riferisce così bene Pablo Picasso nelle Demoiselles d’Avignon. Ed ecco che il primitivismo duecentesco non è più lingua primordiale ma sofisticata ricerca dell’innovazione.

Giovan Francesco Caroto, Fanciullo con disegno di pupazzo, prima metà del XVI secolo, olio su tavola, cm 37x29, Verona, Museo di Castelvecchio

Peter August Böckstiegel, Ritratto di Hanna Böckstiegel, 1920, xilografia a colori, cm 40,6x34,9, Collezione privata

Arte kota, Reliquiario a figura di antenato, legno e ottone, altezza cm 63, Berlino, Ethnologisches Museum