La politica è adatta ai vecchi?
«L’impegno politico che tanti uomini e donne della mia generazione posero al centro della loro vita può essere trasmesso e rinascere soltanto nella dimensione europea»: così Napolitano nella quarta di copertina del libro che ha scritto nel bel mezzo del suo mandato al parlamento europeo, subito dopo la riconferma alla presidenza della commissione Affari costituzionali, che tiene fin dal principio della legislatura. Un saggio che fin dal titolo, Europa politica, indica una strada, propone un’idea e cerca una soluzione storica: la rivoluzione europea, cioè la concreta realizzazione dell’Europa unita, vista come una nuova frontiera da raggiungere, un’«utopia mite».229
Finita l’esperienza da ministro, non gli era sembrato un ripiego accettare la proposta di Veltroni di rappresentare i Democratici di sinistra a Strasburgo. Capolista nella circoscrizione dell’Italia meridionale, era stato eletto con un lusinghiero risultato personale, in controtendenza con il tracollo elettorale di tutta la sinistra e dei Ds surclassati da Forza Italia, che raggiunge il 25,18 per cento dei voti. Massimo D’Alema, a capo di un governo nato in parlamento senza il conforto del voto popolare, aveva chiesto alle europee del 13 giugno del 1999 una legittimazione ex post. Sconfitto, si era dimesso, anche se ancora poteva disporre di una sufficiente maggioranza. Affatto solida però, per le tante anime litigiose che erano costrette a convivere senza condividere né le grandi idee di riforma su cui era nata e nemmeno le prospettive di un comune percorso politico.
Nel 2004 la fine del mandato di parlamentare europeo coincide quasi con il settantanovesimo compleanno di Napolitano. Così gli viene naturale pensare di mettere in scena il racconto della sua lunga esperienza nell’autobiografia pubblicata da Laterza nel 2005, in coincidenza con la nomina a senatore a vita. Leggendo quelle pagine ci si accorge che la sua narrazione è dominata da un «io» politico che non cede mai alle contaminazioni con l’esistenza prosaica della vita. Persino Machiavelli, l’inventore della politica, cedeva e finiva di tanto in tanto per «ingaglioffirsi» a Pian de’ Giullari. Napolitano non cede mai. Della politica non ha un’idea platonica. E nemmeno aristotelica. Piuttosto machiavelliana. Non si sente né baciato dalla grazia e nemmeno dalla fortuna. Anzi, sottolinea come il caso, determinato dai «fattori oggettivi», abbia spesso giocato a suo sfavore. Senza rammarico, però. Anzi, con una sottile inquietudine per «l’impoverimento culturale che la politica ha subito» nel tempo lungo della storia. Per ritrovare la stella polare offuscata della politica fa leva su un riferimento culturale insolito per un comunista togliattiano, quel Thomas Mann che non è mai piaciuto alla cultura rivoluzionaria. E cita: sebbene «la politica racchiuda in sé molta durezza, necessità, amoralità, molte expediency […], non potrà mai spogliarsi del tutto della sua componente ideale e spirituale, mai rinnegare completamente la parte etica e umanamente rispettabile della sua natura». E aggiunge, per sigillare la sua riflessione: «In me perciò non si è spenta la fiducia nella politica».230
Le recensioni non sono molte. Su «la Repubblica» Miriam Mafai, che lo conosce bene ma lo guarda con occhio disincantato, scrive: «Intendiamoci: per Giorgio Napolitano, come per altri dirigenti comunisti della sua generazione, fare i conti con il proprio passato è sempre un’operazione contrassegnata da un alto senso di responsabilità e persino, forse, da qualche reticenza». Paolo Franchi, un suo estimatore e, come lui, ex comunista liberal, osserva sul «Corriere della Sera»: «Tra i massimi dirigenti del Pci, Giorgio Napolitano è stato senza dubbio il primo, e il più coerente, nell’indicazione e nella ricerca di un approdo esplicitamente socialdemocratico per il più grande partito della sinistra italiana». Su «il Giornale» Lodovico Festa, ex comunista organico dell’area riformista e già direttore de «Il Moderno», ne traccia un ritratto antipatizzante riassunto nel titolo: Il peggiore dei miglioristi.231 Tutte e tre le recensioni si chiudono con la constatazione che la sua storia non può dirsi conclusa. Eppure il libro è stato scritto quando Napolitano pensava di essere arrivato alla fine del suo cursus honorum e prima di sapere di poter aspirare al laticlavio.
Certo lui non immaginava che il 10 maggio 2006, con poche mosse ben riuscite e una buona dose di quella fortuna che gli era sempre mancata, sarebbe diventato l’undicesimo presidente della Repubblica.
Nella seconda edizione, prontamente pubblicata nel 2007, fin dall’incipit della nuova introduzione chiarisce: «Quando, nel giugno 2005, ho licenziato questo libro, non immaginavo di potervi aggiungere un nuovo capitolo».232 Non ci sono elementi per dubitare. Perché Napolitano, pur consapevole di aver portato a termine la sua storia, non esclude, per convinzione interiore, che la politica possa di nuovo imporre la sua legge e chiedere di tornare in servizio. Come un lapsus che riveli una verità tanto nascosta da non averne piena coscienza, ecco come l’autore svela il più inconscio dei suoi desideri con una sofisticata citazione dai Moralia di Plutarco: «L’importante è fare attività politica, non averla fatta».233
209 Edmondo Berselli, L’ultimo togliattiano alla scalata del colle, «la Repubblica», 1° maggio 2006.
210 Intervista a Piero Fassino, «Il Foglio», 6 maggio 2006. Per la rinuncia di Massimo D’Alema e le dichiarazioni di Peppino Caldarola si veda Fabrizio Roncone, Il presidente Ds, ora un passo indietro, poi si vede, «Corriere della Sera», 8 maggio 2006.
211 Paolo Franchi, Speranze e insidie, «Corriere della Sera», 9 maggio 2006.
212 Claudio Rizza, Il mio più convinto persuasore è D’Alema, «Il Messaggero», 9 maggio 2006; Antonella Rampino, La fiducia di Giorgio: «Non devo essere nome di bandiera», «La Stampa», 9 maggio 2006. Le parole di stizza di D’Alema sono riferite da Goffredo De Marchis, E Massimo si chiama fuori. Ora c’è solo Napolitano, «la Repubblica», 9 maggio 2006.
213 Simona Colarizi, Marco Gervasoni, La cruna dell’ago. Craxi, il partito socialista e la crisi della Repubblica, Laterza, Roma-Bari 2005, p. 257: «Il Pds sembra quasi obbedire a un ordine di servizio del direttore de “la Repubblica” quando nell’ottobre del 1991 presenterà alla Camera la mozione di impeachment». Pierlugi Battista, Napolitano corregge il Pds, «La Stampa», 23 novembre 1991. Sul settennato del «picconatore» si veda Francesco Cossiga, Il torto e il diritto, quasi un’antologia personale, a cura di Pasquale Chessa, Mondadori, Milano 1993; Paolo Guzzanti, Cossiga uomo solo, Mondadori, Milano 1988; Marzio Breda, La guerra del Quirinale, Garzanti, Milano 2006.
214 Le dichiarazioni di Rodotà e Napolitano in Guido Credazzi, Passa Napolitano, Rodotà se ne va, «Corriere della Sera», 3 giugno 1992; Nino Magna, Dal Pci al Pds: geografia di un declino, «Politica ed economia», n. 12, Donzelli, Roma 1992.
215 Igino Ariemma, La casa brucia. I democratici di sinistra dal Pci ai giorni nostri, Marsilio, Venezia 2000, pp. 106-27.
216 Gianni Cervetti, L’oro di Mosca, Baldini & Castoldi, Milano 1993; Gianni Barbacetto, Peter Gomez, Marco Travaglio, Mani pulite, la vera storia, Editori Riuniti, Roma 2002, pp. 24-29, 44-46, 123-25.
217 Eugenio Scalfari, Da quel mariolo di un anno fa, «la Repubblica», 17 febbraio 1993; Giorgio Napolitano, Dal Pci al socialismo europeo. Un’autobiografia politica, Laterza, Roma-Bari 2005, p. 60.
218 Lettera di Sergio Moroni in Giorgio Napolitano, Una transizione incompiuta?, Bur, Milano 2006, pp. 22-29 (nuova edizione accresciuta di Dove va la Repubblica?, Rizzoli, Milano 1994).
219 G. Barbacetto, P. Gomez, M. Travaglio, Mani pulite cit., pp. 127-29; Michele De Lucia, Il baratto, Kaos, Milano 2008, p. 195; Le mazzette della Fininvest, Kaos, Milano 1996, pp. 236-37.
220 G. Napolitano, Una transizione incompiuta? cit., pp. 29-31; G. Barbacetto, P. Gomez, M. Travaglio, Mani pulite cit., pp. 88-90.
221 Napoli, rispuntano le tangenti rosse. «Napolitano chiese di pagare il Pci», «Corriere della Sera», 27 dicembre 1993.
222 M. De Lucia, Il baratto cit., pp. 104-5.
223 Venanzio Postiglione, Mariolina Iossa, Craxi: Il Pds tema gli archivi del Kgb, «Corriere della Sera», 18 dicembre 1993.
224 Claudio Petruccioli, Rendiconto, il Saggiatore, Milano 2001, pp. 209-11.
225 Intervento di Giorgio Napolitano alla Camera, Atti parlamentari, XII legislatura, discussione, seduta del 19 maggio 1994, pp. 184-92.
226 G. Napolitano, Dove va la Repubblica? cit., p. 197.
227 Pasquale Cascella, E in sala si fanno i conti delle preferenze, «l’Unità», 1° luglio 1994.
228 G. Napolitano, Dal Pci al socialismo europeo cit., pp. 290-93, 306-7.
229 Giorgio Napolitano, Europa politica. Il difficile approdo di un lungo percorso, Donzelli, Roma 2003.
230 G. Napolitano, Dal Pci al socialismo europeo cit., p. 331.
231 Miriam Mafai, Napolitano le confessioni di un comunista, «la Repubblica», 2 novembre 2005; Paolo Franchi, Giorgio Napolitano, la lunga fedeltà di un riformista, «Corriere della Sera», 15 novembre 2005; Lodovico Festa, Il peggiore dei miglioristi, «il Giornale», 16 novembre 2005.
232 G. Napolitano, Dal Pci al socialismo europeo cit., seconda edizione, 2007, pp. IX-XIII.
233 Plutarco, Moralia, n. 52, 783a -797f, Seni res pubblica gerenda sit, 1599. Dell’opera è stata pubblicata una nuova edizione italiana con testo greco a fronte, Plutarco, Se l’anziano possa far politica, a cura di Giulio Cesare Maggi, La vita felice, Milano 2012.