Caro segretario, ti scrivo

Luigi Longo diventa segretario del partito il 29 agosto 1964 e decide subito di pubblicare Il memoriale di Yalta, il «promemoria» che Togliatti aveva preparato per l’incontro con Krusciov.106 I sovietici, infastiditi che sia apparso su tutti i giornali del mondo, non la prendono per niente bene. È da qui che gli storici fanno partire il lungo strappo del Pci con Mosca.

Con Longo sembra a Napolitano di poter giocare un ruolo più autonomo, senza per questo disconoscere la sua genealogia napoletana. Perché è proprio da Napoli che, a partire dalla fine del 1964, Napolitano ricomincia la sua strada dentro l’istituzione-partito. Con un gesto simbolico, sottovalutato nella memoria di oggi, ma che ha lasciato una traccia forte nelle carte d’archivio del Pci: la decisione di affidare il progetto della nuova sede della federazione alla creatività architettonica di Luigi Cosenza, l’ideologo dell’impegno urbanistico del Pci a Napoli. Più di qualsiasi testimonianza o discorso, questa scelta documenta bene il radicamento della visione politica di Napolitano nella cultura riformista, comunista e liberale della sua città. Il 2 novembre 1964 Napolitano scrive alla segreteria del partito, con uno stile colloquiale ma perentorio: «Cari compagni, Vi confermiamo la nostra intenzione di inaugurare la nuova sede della federazione il giorno 10. Stiamo accelerando tutti i preparativi a questo scopo. Crediamo però sia giusto dare all’inaugurazione, e al fatto stesso di una nuova sede del partito a Napoli, un significato meridionale e nazionale: ci è perciò indispensabile avere conferma dell’intervento alla cerimonia del compagno Longo».

Longo risponde con una lettera molto militante e per niente burocratica, quasi personale nel tono: «Caro Napolitano, avrei voluto essere con voi, […] e festeggiare con tutti i compagni questa realizzazione […]. Sono però con voi con i miei pensieri e con tutto il cuore, e ti vorrei pregare, caro Napolitano, di fare avere questa sera, a tutti i compagni, le mie congratulazioni e il mio compiacimento, e, in primo luogo, il mio ringraziamento per gli sforzi e i sacrifici compiuti per dare a Napoli una federazione degna della forza che il nostro Partito ha già nella capitale campana […]. Napoli, il Mezzogiorno, l’Italia tutta hanno bisogno di noi».107

Luigi Longo è impegnato nel compito impossibile di sostituire Togliatti, dopo averlo affiancato per vent’anni come vicesegretario al vertice del Pci. Fra i suoi meriti, secondo Emanuele Macaluso, c’è quello di aver scelto Giorgio Napolitano, al posto di Enrico Berlinguer, come suo primo collaboratore.108 L’operosità e la concretezza dello stile di Napolitano e il rigore fino al puntiglio delle sue convinzioni hanno la meglio sui dubbi per la sua appartenenza alla corrente amendoliana.

Non è semplice indicare un termine post quem, a partire dal quale si è cristallizzata la contrapposizione interna al partito fra la destra, presidiata da Amendola, e la sinistra di Ingrao. Un confronto che viene da lontano, ma che Napolitano vede manifestarsi per la prima volta al momento della scelta del presidente della Repubblica che dovrà succedere a Segni. Per Ingrao il Pci dovrebbe schierarsi con Amintore Fanfani. Amendola preferisce Giuseppe Saragat. Il partito si divide. Tutti sanno che Ingrao, appoggiando Fanfani, pensa a una dura opposizione al centrosinistra, mentre Amendola, appoggiando Saragat, progetta di spostare il Pci sempre più vicino all’area del governo. Vince Saragat, che negli ultimi giorni del 1964 può salire al Quirinale con il voto comunista, oltre a quello della Dc, del Psi, del Psdi e del Pri. Il dibattito nel partito è stato aspro e Napolitano si è trovato a guidarne il corso, per incarico di Longo, in quanto presidente della commissione politica del congresso.

Il Pci si prepara a celebrare l’XI congresso, che comincerà il 25 gennaio 1966 all’Eur a Roma. Tre settimane prima, seppure impegnato a governare il confronto nazionale (che si prospetta come uno scontro fra i vari comunismi interni del partito), Napolitano non può evitare di andare a Napoli per chiudere senza traumi la sua stagione di segretario di federazione. Non è più un apprendista di talento, come lo aveva visto Togliatti, ma ormai un politico di primissimo piano, quasi un vicesegretario, se non addirittura il nuovo segretario in pectore.

La polizia è ben informata e i rapporti dei suoi funzionari all’incontro congressuale di Napoli hanno il dono della sintesi, rispetto alle oscure verbosità dei funzionari comunisti di ogni ordine e grado: i delegati sono 420, la relazione è di Napolitano, già presentato come segretario uscente, Giancarlo Pajetta partecipa come inviato dalle Botteghe oscure. Il prefetto Francesco Bilancia, estensore del rapporto, si concede una nota da consumato retroscenista: «Secondo indiscrezioni, avvalorate dalla preoccupazione dei maggiorenti del partito di mantenere la riservatezza, il dibattito congressuale sarà movimentato e costellato da scontri polemici, fra sostenitori della “linea amendoliana” perseguita dal segretario provinciale uscente e i fautori della prima tesi, elaborata dai dirigenti nazionali del partito, sulla quale peraltro si sono già registrati, nei precongressi sezionali, atteggiamenti di critica e divergenze sostanziali».

Della relazione di Napolitano si anticipa anche il titolo, che sembra scritto per Roma prima che per Napoli: «La lotta per la coesistenza pacifica e per una nuova maggioranza democratica nel progetto di tesi e nell’azione meridionalista dei comunisti napoletani». Il riassunto di Bilancia è talmente preciso che si ha la sensazione che il prefetto lo abbia seguito leggendone la minuta. Un’uscita in grande stile corredata da una regolamentare autocritica per gli scarsi risultati raggiunti sia nell’organizzazione del partito sia nei confronti della classe operaia, il che non guasta per motivare la base, mentre il segretario provinciale è già pronto a dare la scalata del vertice nazionale. E infine, vero tocco di classe, per non demoralizzare troppo i dissidenti antiamendoliani: «Per strategia politica anche l’on. Amendola, verso il quale sono state rivolte le critiche più aspre e che è stato accusato di voler monopolizzare la locale federazione comunista allo scopo di estendere il potere personale, è stato escluso dalla delegazione di questa provincia al congresso nazionale del partito».109

L'ultimo comunista: La presa del potere di Giorgio Napolitano
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