Noi
DUE giorni prima di Natale Chika torna a trovarmi.
«Guarda, signor Mitch!»
Mi giro e la vedo in piedi sulla soglia. Ha un vestito da ballo con una gonna a balze gialla, un corpetto di raso, le maniche a sbuffo e i brillantini. Ricordo che glielo avevamo comprato a New York, dopo la fine delle cure allo Sloan Kettering. L’avevamo portata al Disney Store e le avevamo detto di scegliere una cosa che voleva. Aveva toccato bambole, borracce, zaini, ma si era fermata davanti agli abiti.
«È il vestito di Belle!» si era stupita. «La Bella e la Bestia!»
Avevo sollevato l’appendiabiti.
«Posso prenderlo, signor Mitch? Per favore?»
Come se avessi potuto dire di no.
Abbiamo una foto di Chika con quel vestito e la coroncina abbinata. È in piedi davanti a uno specchio a figura intera e guarda orgogliosa il proprio riflesso. Adoro quello scatto. È l’unica fotografia che abbiamo di Chika che sorride a se stessa.
Stai andando da qualche parte? la prendo in giro adesso.
«Dove vado?» chiede.
Da nessuna parte. È quello che si dice a qualcuno tutto in ghingheri.
«Signor Mitch?»
Mmm?
«Mi vedi davvero?»
Sì. Perché?
«Mi vedi adesso?»
Si è spostata nell’angolo.
Ti vedo ancora, dico.
«Sei sicuro?»
Sì.
Armeggia con la gonna.
«Questo vestito è carino.»
Ti ricordi quel film, La Bella e la Bestia? le chiedo.
«Sì. Parla di una ragazza che deve salvare suo padre.»
Faccio per correggerla. Ma in realtà è vero.
Chika? dico. Perché mi hai chiesto se riuscivo a vederti?
D’un tratto ha in mano una bacchetta magica.
«Non sono stata io», sussurra. «Sei stato tu.»
Agita la bacchetta.
«Bibbidi-bobbidi-bu!» urla, e scompare.