Tu
VOGLIO scrivere della tua voce, Chika, perché ci penso spesso, e non faccio che sentirla.
Ogni bambino ha una caratteristica che salta all’occhio quando lo conosci. La bimba con i riccioli. Il bimbo con quella risata buffa. La tua era la voce. Era perfetta per te. Un camaleonte, sempre mutevole. Acuta e tonante di giorno. Cantilenante e tenera di sera. Il mattino era come carta vetrata, così rauca che la signorina Janine e io scherzavamo tra noi: «Non è che fuma, vero?»
Un «Siiiiiì» strascicato quando controvoglia ci davi ragione; un «Perché?» come una cannonata quando non ottenevi quello che volevi. Il piagnucolio di una fata quando dicevi «Mi dispiace», e lo strillo di un pavone quando vincevi a un gioco. (Ricordo che giocavamo a tris e tu tubavi «Ciao ciao!» quando vincevi. Turpiloquio di una bambina di cinque anni.)
La tua voce era fatta per la musica, Chika, avevi un’intonazione magnifica e spesso la sera canticchiavi piano tra te; ma quando volevi, potevi rivaleggiare con chiunque. Una volta la signorina Janine ti stava aiutando a mettere la camicia da notte e mentre ti dimenavi per infilare le braccia nelle maniche cantavi L-O-V-E di Nat King Cole, la stessa di Genitori in trappola. Quando sei arrivata alla fine, e cantavi che l’amore era fatto per me e «teeeeeee», hai spalancato le braccia e hai gettato indietro la testa, come a ricevere l’applauso entusiasta di una grande sala concerti gremita di gente. Quanta gioia mettevi nelle tue esibizioni!
La tua voce era una banderuola, ci diceva da che parte soffiava il vento. Sul volo per New York, eri particolarmente loquace: mi facevi un sacco di domande, sei stata spiritosa con la hostess e hai fatto il conto alla rovescia partendo da venti finché il carrello non ha toccato la pista. Mentre ci alzavamo per sbarcare, un uomo seduto dietro di noi disse: «Mi scusi, devo proprio dirglielo, sua figlia ha una voce meravigliosa».
Mi commossi. Feci in modo che tu lo ringraziassi, per non dire l’effetto che avevano avuto su di me le parole «sua figlia».
Dicono che gli occhi sono lo specchio dell’anima, Chika, ma la tua voce era la sua eco, e ci manca ogni giorno. Era tutte le cose che sei, o eri, o ancora sei da qualche parte, quando non sei qui con me di mattina, a rotolarti sulla moquette rosso scuro.