Noi
PASSANO due mesi prima che riveda Chika. Faccio scorrere le fotografie. Guardo i video. Ma le mattine arrivano e finiscono senza nessuna visita, solo ricordi digitali della sua faccia e della sua voce.
Mentre scrivo altre pagine, rifletto sull’ovvio, ossia che quelle apparizioni siano frutto della mia fantasia. Ma se è vero, allora perché non riesco a rievocarla a piacimento? Quando ci provo è inutile, come cercare di rievocare un sogno.
Passa ottobre. Novembre sta per finire. Arriva il Ringraziamento, una tradizione che nella nostra famiglia dura tre giorni, e il giovedì mattina si presentano a casa nostra diversi miei cugini, per iniziare a cucinare. Ancora in pigiama, li faccio entrare, poi mi dirigo nello studio per godermi gli ultimi momenti di privacy prima dell’invasione.
Metto via delle carte. Chiudo il computer.
«Dove vai, signor Mitch?»
Chika è appoggiata alla libreria con indosso una lunga maglietta rosa che usa per dormire, leggings azzurri e ciabatte a forma di coniglio. Si abbraccia le ginocchia raccolte al petto.
Buongiorno, bellissima bambina.
«Dove vai?»
Niente buongiorno?
«Buongiorno, signor Mitch.»
Sto andando di sopra.
«Perché?»
Perché ci sono delle persone. E ne arriveranno altre. È il Ringraziamento.
«Quando si mangiano le patate arancioni?»
Le patate dolci. Sì.
Ci pensa su un attimo.
«Possiamo nasconderci.»
Dai famigliari?
«Sì.»
Ma a me piacciono.
«Ci si può nascondere dalle persone che ci piacciono.»
Perché dovresti farlo?
«Così possono trovarti!» Spalanca la bocca e sgrana gli occhi, incredula. «Non vuoi che le persone ti trovino?»
Rido, perché il suo tono è così familiare. Quando era viva, Chika spesso inorridiva se non seguivi la sua logica. Mi viene in mente una mattina in cui lei sedeva alla mia scrivania scarabocchiando con la penna e cantando Supercalifragilistichespiralidoso. Si interruppe di colpo e batté sul tavolo.
«Adesso la canti tu», insistette.
Io?
«Sì. La canti.»
Come fanno le parole?
Lasciò andare un gran sospiro, poi fece la stessa faccia che ha adesso, di pura esasperazione infantile. «Non guardi Mary Poppins prima?» strillò. «Sei pazzo?»
Scusa, dissi, trattenendo una risata.
«Devi solo riguardarlo», borbottò, tornando al suo disegno. «Nessun problema.»
Non era rabbia, comunque; più che altro viveva la vita con tale intensità che non poteva fare a meno di urlare. In momenti come quelli, era come se fossi aggrappato al tappeto volante di Chika, senza avere idea della direzione in cui volava la sua mente.
«Puoi nasconderti con me qui», dice adesso, stringendosi più forte le ginocchia al petto. «Potremmo metterci sotto una coperta.»
E poi?
«Poi vengono a cercarti. E quando dicono: ‘Dov’è il signor Mitch?’, tu salti fuori e dici: ‘Eccomi!’ E loro fanno: ‘Oh. Guarda. È lui’.»
Vedrebbero anche te?
Fa schioccare le labbra. «No, no, no. Non mi vedono.»
E come mai?
Non risponde.
Invece dice: «Vado ad Haiti». Prende una coperta dal divano, se la mette sulla testa e sparisce.