Oggi: Cosenza-Verona

 

 

 

 

 

 

 

Era la prima partita del Cosenza in Serie B. Il caso volle che si disputò contro la squadra che gli ultrà cosentini odiavano più di tutte, oltre al Catanzaro: l’Hellas Verona. Circa trent’anni fa i cosentini avevano appeso un famoso striscione che derideva i veronesi: “La cultura della nostra terra contro la stupidità della vostra mentalità. Verona è prima solo per l’eroina”. Le differenze erano principalmente culturali. La città del Nord era a dir poco nazionalista, mentre i cosentini erano così anti-nazionalisti che cantarono «Zaire» dopo che il paese africano aveva battuto l’Italia 4 a 0 alle Olimpiadi di Seul del 1988. Allo stadio di Cosenza si vedeva ogni tipo di bandiera, ma mai il tricolore. Un altro famoso striscione esposto dai tifosi del Cosenza, contro i rivali del Verona, recitava semplicemente: “Via i nazisti dalle curve”.

Ma nel calcio italiano niente è semplice. Lo stadio San Vito era stato utilizzato per ospitare dei concerti durante il periodo estivo, e nelle ore precedenti alla partita aveva piovuto pesantemente. Quando il campo venne ispezionato, il manto erboso si pelava con la stessa facilità di una buccia di cipolla. Il Cosenza aveva aspettato decenni per affrontare il Verona in Serie B, e ora la partita veniva annullata. I burocrati del calcio italiano assegnarono la vittoria a tavolino al Verona per 3 a 0.

Quello fu il minore dei problemi della Serie B all’inizio della stagione. Durante il periodo estivo, tre squadre della stessa divisione – Cesena, Bari e Avellino – erano andate in bancarotta, e ora erano rimaste soltanto diciannove squadre. È risaputo che una divisione deve avere un numero pari di squadre, in modo che ogni squadra abbia una partita da disputare. Ma fu impossibile stabilire chi avrebbe dovuto occupare i tre posti vacanti: sarebbe toccato alle squadre retrocesse dalla Serie B nella stagione precedente o a quelle che non erano state promosse dopo i playoff della Serie C? Prendere una decisione del genere a stagione già cominciata era come cambiare la ruota bucata di una bicicletta quando sei già in sella. Un’altra squadra, l’Entella, si era persino ritrovata fuori da ogni divisione. Dal momento che sperava che la sua retrocessone fosse annullata, venne esclusa dalla Serie C ma non fu ammessa in Serie B, e ciò significava trovarsi in un limbo. L’ex ministro degli Affari Esteri Franco Frattini (che allora era il presidente del Collegio di Garanzia per lo Sport, la massima autorità giudiziaria sportiva del Paese), disse: «È più facile organizzare il summit del G7 che la Serie B».

Ogni estate accadeva qualcosa di molto simile nel calcio italiano. Non si è mai certi in quali divisioni giocheranno molte squadre. Spesso si crea perfino confusione sul numero di club presenti in ogni divisione, dato che il numero cambia costantemente. Dato il comprensibile desiderio di giustizia, questo caos è dovuto in parte alla presenza dei vari gradi dei tribunali sportivi. C’è un’inettitudine quasi patologica nel prendere decisioni vincolanti, e nell’incertezza, si rimanda tutto in autunno. Lo stesso accade nei procedimenti legali degli ultrà. Non li senti mai dire che sono stati dichiarati colpevoli o innocenti. L’elenco dei loro processi (per lo stesso reato) assomiglia piuttosto a una lista di risultati delle partite in campionato: «Ho vinto, poi ho perso, poi ho vinto ancora».

Di solito le squadre più importanti vengono promosse a discapito dei club minori. È interessante vedere gli effetti che questi imbrogli hanno sugli ultrà. Questo sistema li tiene occupati durante l’estate, minacciando proteste o scatenando disordini pubblici. Ma dà anche adito alla retorica che il calcio moderno sia corrotto e che loro – lungi dall’essere il male dello sport – siano i guardiani della sua anima.