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IL TRENO PER MATERA
«Quindi, cosa dobbiamo fare?» mi chiede una studentessa, al liceo scientifico di Marsala.
«E lo chiedi a me?» rispondo. «Noi siamo la generazione che ha fallito. Però ce ne siamo accorti. È poco, ma è quel tanto più di niente che serve per ricominciare.»
«E chi lo farà?»
«Tu.»
Ma mi chiede da dove inizierei, se toccasse a me. «Dal treno per Matera» dico. Sanno, ne abbiamo appena parlato, che a Matera, le Ferrovie del Centro-Nord, comicamente dette “dello Stato”, non sono mai arrivate.
Un giorno, potremmo decidere di andare alla stazione centrale di Milano e prendere il treno per Matera. Saremmo in tanti e, naturalmente, non sarebbe gratis: chi volesse “salire” sul nostro treno dovrebbe pagare il biglietto (con l’incasso si coprirebbero le spese dell’iniziativa). Al binario numero 10 avremmo in attesa i macchinisti, il capotreno, le hostess (è un treno che parte dal Nord, le hostess ci stanno, mica come sui treni del Sud) e persino l’addetto alle pulizie delle toilette (pure quelli stanno sui treni del Nord; su quelli del Sud, spesso, mancano le toilette, ché i passeggeri italiani, per le Ferrovie del Centro-Nord, incomprensibilmente dette “dello Stato”, si dividono in passeggeri da ceramica e passeggeri da cespuglio).
Vi diranno che dal binario 10 non parte il treno per Matera, e il treno per Matera non c’è proprio. Be’, non c’era. Oggi abbiamo deciso che c’è. È un treno pedonale, l’unico che la strabica equità dell’Italia-una sia stata in grado di offrire, in 150 anni, a Matera, città europea, nominata dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità, per i suoi Sassi. Alle spalle di macchinisti e personale, nelle... carrozze con posti numerati, si sistemerebbero i passeggeri. E, all’ora stabilita, fischio di partenza e via. Non vedete le carrozze, i sedili, la locomotiva? Allora state vedendo il treno giusto, lo stesso che vedono i materani da 150 anni. Vi piace?: la Freccia Pedonale, dono (si fa per dire, i materani versano la loro parte alle Ferrovie, come tutti gli italiani) delle Ferrovie dello Stato Pietoso.
Ma ci metterebbe un paio di mesi ad arrivare, a piedi; si bloccherebbe la circolazione ferroviaria in tutt’Italia! Vero, e tutt’Italia saprebbe in quali condizioni è Matera, da sempre, non per un paio di mesi. Ma le forze dell’ordine impedirebbero una interruzione di pubblico servizio di tale portata, circonderebbero la stazione di Milano, e manganellate agli aspiranti viaggiatori, manco fossero produttori sardi di pecorino, invece che di grana padano o truffatori di quote latte leghisti.
Vero, ma gli aspiranti viaggiatori dovrebbero mostrare il biglietto («Ho pagato» infatti ci saranno i controllori a bordo, cosa credete?) e pretendere di passare; provarci. Romperanno la testa al primo, al secondo, al terzo... A uno a uno, sino a che gli spaccatori di teste avvertiranno intollerabile il peso della violenza esercitata su chi chiede di essere trattato come tutti gli altri italiani: vi risulta che sulla Milano-Bologna distribuiscano manganellate a chi prende il treno? (E pensate se fra i manganellatori c’è qualcuno di Matera, costretto a picchiare a sangue chi si fa rompere la testa per i materani, e magari è di Aosta!)
Lo ha insegnato Gandhi: rendere esplicita, non più sottintesa, la discriminazione, la violenza di cui si è vittime. I passeggeri per Matera vogliono solo arrivare a destinazione in treno, come chiunque altro, in Italia; e le manganellate mostrano in che modo si nega loro un diritto riconosciuto a tutti, meno che a loro. Quella negazione è una violenza e quelle botte la rendono visibile.
E se dovesse impedirsi la partenza del primo treno, se ne metterà in programma un altro, da Torino, da Firenze, da Bologna. Finché non arriveremo a Matera in treno. Non riesco a credere che gli onesti di questo Paese possano rendersi complici, con il loro disinteresse, di un’ingiustizia rivelata; e, una volta che avremo reso visibile la prima, le altre lo saranno più facilmente. Sono convinto che vedremmo persone perbene di ogni parte d’Italia acquistare il biglietto per Matera (con lo sconto, se on line) e presentarsi al “treno”...
«Dev’essere un posto davvero interessante Matera, se si fa tutto questo per andarci, non trova?»
«Non ci sono mai stato, vengo da Belluno, ma so che Mel Gibson ci ha girato un film, lì; e non solo lui.»
«Ma non dovremmo essere già partiti, cosa aspettano?»
«I soliti ritardi delle Ferrovie.»
«Tanto per cambiare. E che ritardo porta questo treno?»
«Per ora, centocinquant’anni.»
«Be’, il progresso può a volte esser lento, ma resta inesorabile la sua avanzata: nel 1887, le Ferrovie italiane avviarono, in Eritrea, la Massaua-Asmara; nel 1895 il treno arrivò addirittura a Reggio Calabria. Guardi, ho qui un ritaglio di giornale, “La Stampa”, di fine maggio 2010: l’Asian Development Bank ha finanziato, con 170 milioni di dollari, la linea Marazi-e-Sharif. I lavori sono stati appaltati alle ferrovie uzbeke. I binari, dice il giornale, sono ormai pronti: 75 chilometri.»
«Mi scusi, di certo per una mia mancanza, ma mi sfugge l’importanza della notizia...»
«Oh, no, scusi lei; avevo dimenticato di leggerle il titolo: “Rivoluzione a Kabul, arriva il treno”. Sono stati bravi, in Afghanistan, non crede?, nonostante la guerra, la guerriglia, gli eserciti stranieri, gli attentati, le montagne impossibili, la mafia dei trasporti che era assolutamente contraria, perché ingrassa con il pizzo preteso dai camionisti... Insomma, volendo; eh, che ne dice? E ora, le Ferrovie italiane hanno acquistato una Compagnia ferroviaria in Germania, la Arriva Deutschland, così, anche gli italiani del Sud (ma solo se emigrati in Germania) potranno viaggiare sui “nostri” treni.»
Annuncio ai passeggeri: «Siamo dolenti di informarvi che, se rinunciate al nostro treno, non potrete raggiungere Matera in autostrada, perché nessuna autostrada porta a Matera; né optare per l’aereo, perché gli aeroporti più vicini alla città sono in altre regioni: in Puglia, in Calabria, in Campania. Benvenuti a Matera, Patrimonio dell’Umanità, meno che dell’Italia».