35
L’ultima crociata
Dalla testimonianza di padre Luigi Palminteri
Roma, gennaio 2013
Padre Palminteri era assai agitato per la visita appena ricevuta. Sapeva che la scomparsa di Anastasio, cinque anni prima, non avrebbe messo la parola fine a quella vicenda. Ma non si aspettava di trovarsi davanti proprio lui, per giunta in compagnia di Lorenzo Aragona. Non appena l’aveva visto, aveva cercato di mantenere la calma e non far trapelare il suo sgomento, ma era sicuro che il commissario Franchi si fosse insospettito.
Dopo circa un’ora, il telefono di Villa Gondemar suonò, e allora capì che non poteva sentirsi del tutto tranquillo. Era lui.
«Allora è vero. Sei tu. Che cosa intendi fare? Credevo fosse tutto finito. Per sempre. Ti avevo detto che non era più affar nostro», aveva esordito Palminteri di getto, senza lasciare il tempo al suo interlocutore di parlare.
«L’Eletto è in grave pericolo. Non posso lasciare che gli accada nulla».
«L’Eletto non esiste più! Per quanto mi riguarda, l’ultimo lo abbiamo sepolto nel nostro cimitero cinque anni fa! Ora dobbiamo solo fare in modo di proteggere coloro che sono ancora coinvolti in questa storia, senza che nulla salti mai fuori».
«È esattamente quello che voglio fare, ma non basta restare a guardare, perché lui si è rimesso sulle sue tracce. Ha già ripreso a uccidere per raggiungere il suo scopo, lo sai. Devo… dobbiamo fermarlo».
Palminteri sospirò. Non voleva cedere, non più. «Ti prego, lasciamo che se ne occupi la polizia. Con un po’ di fortuna non arriveranno a scoprire la verità. Ascoltami una buona volta».
«Il nostro immobilismo, adesso, condannerebbe a morte molte persone, non solo i nostri cari, perché lui non si fermerà questa volta. Lo troverà. Dobbiamo combattere».
Palminteri scosse la testa stanco. «Non è più tempo di crociate, non dimenticarlo».
L’altro attese un istante prima di rispondere. «Sarebbe il caso di riprendere le armi, invece. Per l’ultima volta».