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Segreti di famiglia
Eventi ricostruiti da Lorenzo Aragona
Napoli, gennaio 2013
Ancora scosso, tremando, con lampi davanti agli occhi che andavano e venivano, mi voltai a guardare l’uomo al volante e lo riconobbi. «Ma tu sei…».
Il vecchio, che guidava come un pilota di Formula 1, aveva un’espressione seria e concentrata, ma per un attimo si concesse un rapido sorriso che aveva un che di amaro. «Lieto di rivederti, Lorenzo».
Era Navarro.
Guidando in modo assolutamente spregiudicato, schivando auto e persone, Navarro sbucò su via Foria, non lontano da dove Herzog e soci mi avevano tenuto nascosto. «L’Anticaglia, la zona della Neapolis greco-romana…».
«Lo sai meglio di me, se fai le cose con discrezione, a Napoli ci sono un mucchio di cisterne, palazzi abbandonati e altri posti dove nascondere cose e persone», commentò Navarro. «Ma io non ti ho perso di vista un solo istante».
Sballottato dalla vettura e ancora confuso, non riuscivo a mettere a fuoco cosa fosse successo, sebbene le immagini e i ricordi affluissero alla mia mente in maniera sempre più precisa. Dopo qualche secondo, infatti, un nome affiorò sulle mie labbra. «Anna! Che fine ha fatto?».
Navarro scosse la testa. «C’eri solo tu in quell’appartamento».
«Non è possibile… Eravamo insieme a Kiev… L’ultima cosa che ricordo è che ci hanno presi al monastero».
Un dubbio tremendo mi stava di nuovo assalendo: che mi fossi inventato tutto, compresa la ragazza? Un’immagine creata dalla mia mente in disordine? Guardai il vecchio sperando che avesse una risposta.
«Vi ho seguito fino a Kiev, dove vi hanno catturati. Lì vi hanno separati e io ho dovuto scegliere chi salvare».
Tirai un sospiro di sollievo. Anna esisteva. Già, ma dov’era?
«Per quanto tempo sono stato incosciente? E perché tu sei qui a salvarmi? Chi sei?».
Che Anna non fosse una proiezione della mia mente, che non fosse un’allucinazione, dimostrava anche che tutto quello che mi stava accadendo era reale. Che si poteva combattere. Ma c’erano ancora troppi lati oscuri. E uno di questi era la presenza di Navarro, la cui comparsa a Zurigo non era dunque stata casuale.
Il vecchio fece un sorrisetto e dischiuse le labbra per dire qualcosa, ma alla fine tacque. Mi resi conto che quell’uomo, che aveva un’aria così familiare, era coinvolto negli eventi della mia vita più di quanto mi avesse detto e forse era la chiave per fare luce su tutta quell’assurda vicenda. La nostra chiacchierata a Zurigo doveva far parte di un piano.
Il vecchio, sempre in silenzio, attraversò il Vomero, poi s’infilò in un palazzo di via Aniello Falcone. «Esci, dobbiamo cambiare auto».
«Ehi, ti ho fatto una domanda!», dissi spazientito.
Lui si diresse verso un’automobile coperta da un telone, lo tirò via e scoprì una Mercedes con i vetri oscurati. «Sali, tra poco saprai tutto. Dobbiamo assolutamente allontanarci da qui».
Non potei fare altro che salire a bordo barcollando, ancora sotto l’effetto dei sonniferi che dovevano avermi somministrato. La Mercedes uscì dal palazzo e si diresse verso la parte bassa di via Falcone da cui eravamo giunti pochi minuti prima. A metà della strada, svoltò a destra e risalì verso la zona collinare del Vomero. Quell’uomo conosceva Napoli alla perfezione.
«Mi spieghi dove stiamo andando?»
«Ancora un po’ di pazienza, dobbiamo raggiungere un posto sicuro».
Si arrestò solo davanti a una villetta a due piani, aprì il cancello elettronico con un telecomando e poi lo richiuse appena fummo all’interno del piccolo cortile.
«Da questa parte», disse Navarro precedendomi.
Entrammo nella piccola villa, graziosa e sobriamente arredata, e lo spagnolo mi condusse al piano di sopra. Da una piccola sala da pranzo si accedeva a un terrazzo con una vista mozzafiato sul golfo.
Con sguardo serio indugiai sul mare scuro e sulle mille luci che punteggiavano la zona vesuviana e la penisola sorrentina, quindi riportai i miei occhi su di lui. «Chi sei tu?».
Navarro sorrise, bonario, abbandonando per un attimo la sua espressione seria. «Io sono un amico di tuo nonno, Lorenzo. Lo conobbi a Barcellona, negli anni ’50, quando si trasferì lì con la famiglia per lavorare all’università. Tuo nonno era in gamba, sapeva sfruttare ogni situazione a suo favore. Non aveva mai visto di buon occhio il regime fascista, eppure era stato un buon funzionario pubblico. Con la notorietà che si era guadagnato in patria si costruì la fama di serio ricercatore e fu facile per lui trovare lavoro in Spagna. Non amava Franco, ma tenne la cosa per sé. Io ero un giovanissimo libraio. Avevo ereditato da mio padre una piccola libreria antiquaria nel Barrio Gotico e tuo nonno iniziò a frequentarla. Avevamo più di vent’anni di differenza, eppure diventammo amici, intimi amici e così, a poco a poco, iniziai a frequentare la sua casa, dove conobbi tua nonna, tuo padre e tua zia. Fu lì che, un giorno, tuo nonno decise di mettermi al corrente della vicenda oscura nella quale era coinvolto e che adesso sta ricadendo sulle tue spalle con tutta la sua violenza».
«Ecco, fammi capire prima di tutto che diavolo sta succedendo».
Navarro si avvicinò accanto a me. «Tuo nonno era una persona speciale, un uomo colto che fu scelto tra pochi altri per un compito assai delicato».
Lo guardai senza parlare in attesa che proseguisse.
Sul suo volto non c’era traccia di emozione, adesso. «Custodire il Baphomet».
Cercai di dominare lo stupore, ma non potei fare a meno d’incalzarlo. «Che cosa ne sai tu di questa storia? Che cos’è veramente il Baphomet?».
La sua risposta fu enigmatica. «Un oggetto dotato di un enorme potere distruttivo, non so altro».
Quella risposta non era per nulla soddisfacente e Navarro si accorse del disappunto sul mio viso.
«Aspetta, lasciami spiegare, capirai tutto», proseguì lui bloccando sul nascere la mia esplosione d’ira. «Tutto quello che ti dirò mi è stato raccontato da tuo nonno. È una storia che inizia forse millenni fa, ma le cui notizie più certe risalgono al 1118. Allora, un gruppo di cavalieri di stanza a Gerusalemme, i primi templari, fece una scoperta nelle viscere del Monte del Tempio di Salomone. I cavalieri trovarono una camera segreta dietro a un muro alla fine di un cunicolo apparentemente senza uscita. Entrarono in quel luogo dimenticato e scoprirono nove sarcofagi. L’Architetto di Salomone, lì sepolto insieme con i suoi più fedeli aiutanti».
«Hiram Abiff? La figura mitica delle leggende massoniche?», mormorai incredulo.
«Esattamente. I cavalieri trovarono all’interno di ogni sarcofago una chiave».
«Il simbolo della Loggia dei Nove…».
Navarro annuì. «Ne aveva una anche tuo nonno. Il simbolo rappresenta la lettera tet nell’alfabeto fenicio che, come per molte lingue antiche, ha anche un equivalente numerico».
«Il numero nove, appunto».
Lo spagnolo annuì di nuovo e io scossi la testa sconsolato. «A Kiev Anna e io abbiamo trovato una di queste chiavi dalla forma bizzarra. Purtroppo quei bastardi l’hanno presa».
Navarro s’incupì. «Questo vuol dire che i nostri nemici adesso hanno almeno tre delle nove chiavi. Vladimir è stato imprudente».
«Vuoi dire il nonno di Anna?»
«Proprio lui, ma lasciami continuare», riprese. «Su ciascun sarcofago c’era un simbolo, una lettera dell’alfabeto fenicio. Inoltre, in una nicchia scavata nella roccia, trovarono uno strano oggetto di forma cubica, una sorta di scrigno. Su una delle sue facce c’era un complicato bassorilievo su cui erano riprodotti alcuni tra i simboli scolpiti sui sarcofagi. Ai cavalieri fu chiaro che si trattava di un meccanismo ideato da antichi sapienti per sigillare il contenuto di quello scrigno. Una serratura, insomma.
Incisa su un triangolo d’oro, che faceva parte del corredo funebre dell’Architetto, i cavalieri trovarono infine una breve epigrafe, scritta in fenicio ed ebraico antico. Uno dei nove riuscì a interpretarla e così ebbero la conferma che si trattava della tomba del mastro costruttore del Tempio di Salomone e che in quello scrigno ci fosse il Baphomet».
«Frena, frena…», intervenni, «aspetta un secondo. Perché mio nonno ha raccontato a te questa storia? Anzi, questa leggenda, perché di questo si tratta… Te lo dico io, che tra squadre e compassi ho passato molti anni».
Navarro alzò le spalle. «Infatti, all’inizio non volevo credere a una parola di quel vecchio pazzo. Poi sono accadute cose che… Insomma, ho cambiato idea, ma forse troppo tardi. In ogni caso la storia si fa ancora più cupa, perché si dice che i cavalieri, imprudentemente, avessero attivato il meccanismo, risvegliando l’entità che la tradizione ha tramandato col nome di Guardiano della Soglia, imprigionata nel Baphomet stesso. Il Guardiano seminò panico e morte tra i muratori che stavano lavorando alla galleria sotto il Monte del Tempio, finché i cavalieri non riuscirono a imprigionarlo di nuovo nell’antico manufatto. Toccato con mano il suo potere distruttivo, decisero di mantenere il segreto sulla sua esistenza e di custodirlo, perché il congegno e il suo pericoloso ospite non cadessero mai in mani sbagliate. I cavalieri presero le chiavi e lo scrigno e giurarono che ci sarebbero sempre stati nove membri eletti a difesa di quell’oggetto mortifero. Quei cavalieri, i primi templari, erano anche i primi membri della Loggia dei Nove».
«Non me lo dire… Ne facevano parte il nonno di Anna e Lorenzo Aragona senior».
«Esatto, ma come puoi immaginare, tra il 1118 e gli anni ’40 del XX secolo ne è passata di acqua sotto i ponti. La Loggia dei Nove ha continuato a esistere nel corso dei secoli, le chiavi e i simboli a essa collegati sono stati lasciati in eredità di volta in volta a persone riconosciute degne, che diventavano così i nuovi membri della Loggia. Lo scrigno – o meglio il suo contenuto, l’idolo, divenuto famoso dal medioevo con il nome di Baphomet – è stato spostato innumerevoli volte e i suoi custodi non sono mai stati tutti insieme nello stesso posto. Tranne una volta».
Rimasi in silenzio in attesa che finisse.
«Con l’ascesa al potere di Hitler, come sai, gruppi di fanatici di scienze occulte come Himmler si misero alla ricerca di manufatti esoterici. L’associazione nota come Società Thule era uno di questi. La Thule riuscì a infiltrare uno dei suoi nella Loggia dei Nove, un tedesco di origine svizzera. Il suo compito era di rubare il Baphomet e consegnarlo al Reich. Fu un errore, un grosso errore. Ma quell’uomo sembrava davvero un elemento perfetto. Discendeva da un’antica e nobile famiglia svizzera, che aveva annoverato tra i suoi membri alchimisti, massoni, cabalisti».
«Come si chiamava?»
«Henri von Tschoudy».
Sobbalzai. «Lo stesso identico nome di uno dei confratelli di Raimondo de Sangro, il principe di Sansevero. Vuoi dire che erano parenti?»
«Precisamente. Insomma, d’accordo con i servizi segreti tedeschi e la Società Thule, von Tschoudy organizzò il furto del Baphomet. Anche se non se ne conosceva davvero il potere, nessuno voleva correre il rischio di farlo cadere nelle mani dei nazisti, ma ormai era troppo tardi. Il tedesco scappò in Germania per consegnare l’idolo a Hitler. Gli otto rimasti fedeli della Loggia dei Nove e i servizi segreti Alleati organizzarono una missione pericolosissima per recuperarlo. Mentre infuriavano i bombardamenti, raggiunsero Berlino travestiti da soldati tedeschi e recuperarono il Baphomet e la chiave in possesso del tedesco, dopo un drammatico scontro a fuoco. Von Tschoudy rimase ucciso ma insieme a lui, purtroppo, morì anche il comandante della missione e capo della Loggia di allora, Nathan Keller».
«Arriva al dunque, perdio!». Non ne potevo più.
Navarro cambiò finalmente espressione e il suo volto sembrò alterarsi.
«Forse ti è sfuggito il particolare che mia moglie sta morendo in un ospedale in Svizzera e se mi sono messo sulle tracce di questo maledetto Baphomet, è perché sono disperato e ho iniziato a credere anche alle favole!».
«Lorenzo, tu sei l’erede di tuo nonno. Tuo padre non ha voluto ascoltare le sue ragioni e così tuo nonno ha dovuto trovare un’altra soluzione».
«Un’altra soluzione per fare cosa?»
«Nel 1945, a Berlino, c’era anche lui, tuo nonno. Era un membro della Loggia dei Nove».
Lo guardai confuso. «Ma era ancora giovane allora, quanti anni aveva? Neanche una trentina».
«Le sue doti di ricercatore e serio studioso, insieme alla rettitudine morale, fecero cadere la scelta su di lui. La sua età non contava. Era un massone, proprio come te. Le conoscenze e i misteri dei templari non avevano segreti per lui. Quando uno dei membri della Loggia dei Nove morì, grandi iniziati della Massoneria italiana fecero il nome di tuo nonno. Il Gran Maestro della Loggia dei Nove lo contattò, prima della guerra, per saggiarne effettivamente le qualità, e rimase di stucco quando si accorse che Lorenzo sapeva già tutto sul Baphomet, sul vero Baphomet. Il Gran Maestro, Nathan Keller, non ebbe alcun dubbio. Quel giovane italiano sarebbe stato il nono membro della Loggia, uno dei custodi del Baphomet».
Lo spagnolo distolse lo sguardo da me e fece una breve pausa, come se cercasse le parole per proseguire. «Mi rivelò tutta questa storia negli anni ’70, quando sia io che lui, con la sua famiglia, eravamo emigrati dalla Spagna per trasferirci in Italia, a Roma. Il regime franchista aveva stancato entrambi. Un giorno mi disse che era giunto il tempo che tuo padre prendesse il suo posto. Ma Domenico era anche più irriverente di te. Non solo non lo ascoltò ma lo prese in giro, e quel vecchio matto ha pensato bene di saltare una generazione, anche contro la volontà di tuo padre, e trasmettere a te questo… dono maledetto».
«E quale sarebbe questo dono? Le visioni? La chiave fenicia?».
Navarro scosse la testa con disappunto. «Prima di morire Nathan Keller confidò a tuo nonno l’esatta sequenza di simboli per attivare il Baphomet. Da quando i templari la scoprirono insieme all’idolo, il Gran Maestro della Loggia dei Nove è sempre stato l’unico a conoscerla per intero. Considerato il più giusto e saggio tra i nove, per questo il Gran Maestro fu chiamato Eletto dei Nove».
«Che poi sarebbe il nono grado della Massoneria di rito scozzese. C’è un sincretismo esoterico incredibile in questa storia».
«Molto più di quanto immagini. Be’, Nathan stava morendo e doveva rivelare il suo simbolo, che altrimenti sarebbe andato perduto, ma anche nominare un nuovo Eletto trasmettendogli la sequenza. La vita lo stava abbandonando, doveva fare in fretta. La scelta cadde su tuo nonno che divenne il nuovo Eletto dei Nove, l’unico a conoscere l’intera sequenza. Pensaci, una responsabilità enorme: l’Eletto, purché abbia a disposizione tutte le chiavi, può attivare il Baphomet ed evocare il Guardiano della Soglia».
Rimasi in silenzio per metabolizzare le informazioni, poi sollevai un sopracciglio e abbozzai un sorriso. «Be’, allora il segreto è andato perduto con il nonno, perché non solo non abbiamo neanche una chiave, ma io non conosco per niente la sequenza».
Navarro ricambiò il mio sorriso e annuì. «Oh, sì che la conosci. È nascosta nel profondo della tua mente».