Capitolo 8
Praga, ultimi giorni di primavera, ore 02:00
«D’accordo, quindi Hašek pensò che fosse il caso di dare a me la fiala e il manoscritto, perché io avrei saputo custodirli o persino usarli?»
«Più o meno».
Scossi la testa dubbioso. «Be’, ma questi sono solo frammenti dell’epistolario, dov’è il resto?»
«È tutto quello che abbiamo. Le lettere e il trattatello alchemico, forse la parte più importante, chissà, sono stati rubati da casa di Hašek due settimane fa, quando ha finalmente deciso di raccontarmi la storia e chiedere il mio aiuto. Ecco perché io non sono riuscito a esaminarli. Qualcuno sapeva, non c’è dubbio, quelle telefonate minatorie non sono rimaste solo telefonate. Hašek non ha voluto denunciare il furto e continuava a ripetere: “Senza quello che ho sottratto non possono fare nulla”. Aveva forse intuito l’importanza di quei due fogli che hai trovato nel sacchetto, rispetto al resto dei documenti. Li ha tolti e nascosti insieme alla fialetta. Ma non è bastato a salvarlo».
«Be’, se i nostri “amici” stanotte sono venuti a farmi visita, dopo avere presumibilmente ammazzato Hašek poche ore fa, vuol dire che questi due pezzi di carta non sono importanti, ma fondamentali».
Aprii delicatamente uno dei fogli, quello che mi era parso una mappa.
Un grosso serpente attraversava il foglio per tutta la sua diagonale, dall’angolo destro in basso all’angolo sinistro in alto, con due punti – uno un po’ più in basso, verso la coda, e uno sulla testa – evidenziati da stelle a cinque punte. All’interno del serpente, oltre alle due stelle, erano disegnate montagne e alberi. Piccole imbarcazioni, a sinistra e destra, indicavano la presenza del mare. Sembrava un’isola..
«Hai detto che nelle lettere, il Sansevero e il Saint-Germain fanno riferimento a una mappa. Immagino sia questa», commentai. Poi presi l’altro foglio su cui un testo scritto in maniera fitta era intervallato da simboli di leoni che divoravano un sole o aquile che spuntavano da un laghetto o ancora fenici che sorgevano dal fuoco. Scuotendo la testa mi lasciai andare sullo schienale della sedia. «Ma quest’altro… Be’, a parte gli evidenti simboli alchemici, questo è davvero incomprensibile. Il testo è chiaramente scritto in codice, non si capisce niente. I caratteri mi ricordano molto quelli del cosiddetto manoscritto Voynich».
«Ma il Voynich è quasi certamente un falso, giusto?»
«Era così per dire. Per giunta qui ci sono simboli disegnati a metà, come se l’autore non avesse avuto il tempo di completarli».
«Sì, anche sulla mappa è così, vedi? Lettere abbozzate vicino alla seconda stella a cinque punte, in basso».
Annuii, poi aggrottai le sopracciglia. Riccardo mi aveva fatto venire una strana idea. Tenni ambedue i fogli davanti agli occhi, osservandoli alternativamente.
«Simboli e lettere incompleti su entrambi… Che Hašek abbia tenuto da parte proprio questi fogli perché ne aveva decifrato il codice?».
Li sovrapposi e li osservai controluce. Quel che apparve mi fece prima sgranare gli occhi e poi sorridere.
«Che cosa c’è? Cosa hai scoperto?», domandò Riccardo stupito dall’espressione del mio viso.
Sollevai i fogli davanti ai suoi occhi, ponendovi dietro la luce della lampada. Le lettere si ricomposero come per magia e anche Riccardo abbozzò un sorriso. «Incredibile…».
«Sembra che il testo sia solo uno specchietto per le allodole, che in realtà non voglia dire nulla. Un falso, proprio come il Voynich. Don Raimondo voleva semplicemente nascondere il nome del luogo dal quale partire con la ricerca».