Capitolo 14
La Valletta, Malta, 11 luglio, ore 19:00
Àrtemis ovviamente non accettava la linea di Anna e decise di fare di testa sua. In un certo senso anch’io, nel corso di quelle ore trascorse a Malta, avevo lentamente iniziato a interessarmi a quel rompicapo. Forse Sante aveva trovato la conferma di una teoria evoluzionistica bollata dal mondo accademico quantomeno come fantasiosa, per non dire assurda. Una teoria che tirava in ballo leggende, ritrovamenti archeologici e la mia città, Napoli. Dovevo capirne di più.
Nel quadro che si stava formando nella mia mente emerse un nome, qualcuno che forse avrebbe potuto aiutarci a fare un po’ di luce. Un nome che, quasi come se stesse leggendomi nella mente, pronunciò Arti per prima.
«Nico Valenti Albani», disse a un certo punto mia moglie mentre entrava in bagno per fare una doccia. «Abbiamo la versione digitale del filmato, mandiamogliela e vediamo cosa ne pensa. Se lì c’è Mario Napoli, è assai probabile che lo scavo abbia avuto luogo da qualche parte a Pizzofalcone, dove lui scoprì la necropoli della città di Partenope nel 1949. Non mi accontento, Lorenzo. Ora non mi accontento».
Nico Valenti Albani, archeologo, matto da legare e per questo nostro carissimo amico. Le origini di Napoli erano il suo campo e lui ne era l’autorità indiscussa. L’idea di Àrtemis mi convinse.
«D’accordo, scarico il video nel mio computer e glielo mando».
La mail che inviai a Nico, con il suo allegato, pesante in tutti i sensi, era scarna, ma sufficiente – ne ero sicuro – ad accendere la sua fantasia.
Amico mio, come te la passi? Noi stiamo bene, a Malta per affari. Ti invio qualcosa che ti farà leccare i baffi. Un filmato girato nel ’44 da qualche parte a Napoli. Guardalo e poi dimmi che cosa ne pensi.
Ti abbraccio,
Lorenzo
Partita la mail, il telefono della stanza squillò.
«Signor Aragona, è appena arrivato un messaggio per lei», disse il concierge. «Sulla busta c’è scritto “urgente”, glielo faccio portare in camera?»
«Sì, grazie».
Dopo qualche minuto avevo tra le mani una piccola busta chiusa.
«Chi lo manda?», domandò Àrtemis, uscendo dal bagno con i capelli bagnati.
«Lo sapremo subito».
Tirai fuori un foglietto poco più grande di un biglietto da visita e da quel che c’era scritto non fu difficile capire chi potesse essere il mittente.
Siamo partiti con il piede sbagliato. Si faccia trovare questa sera alle 23:30 al molo nove allo Yacht Marina di Vittoriosa, da solo. E porti con sé quello che ha trovato o il suo amico non vedrà un altro giorno.
Àrtemis mi fissò per un istante, seria, poi riprese a frizionarsi i capelli. «La resa dei conti. Abbiamo fatto presto. Finisco di prepararmi e andiamo».
Il mio volto s’incupì. «Ha detto da solo, scordatelo!».
«Chiama Anna», fece lei dal bagno, ignorando quel che le avevo detto e accendendo tranquillamente il phon.
Allargai le braccia esasperato e, mentre mandavo un messaggio alla nostra amica, mormorai: «È come parlare al vento, porca miseria!».