Capitolo 42
Parigi, aeroporto Charles de Gaulle, 20 giugno, ore 11:45
Vigilia del solstizio d’estate
Le due ore e un quarto che impiegò il volo Napoli-Parigi a portarmi a destinazione furono infinite, così come mi era parso non passassero mai le quindici precedenti.
Non avevo avuto alcun contatto con Asar e i suoi, nessuna telefonata, nessun messaggio. Nulla. Avevano rapito Àrtemis per un motivo che mi sfuggiva, ed erano scomparsi. Destinazione Chartres, su questo non avevo dubbi. In tempo per il 21 giugno, il solstizio d’estate.
Riccardo mi era stato molto vicino quando aveva appreso la notizia e si era anche offerto di accompagnarmi, ma io ero stato irremovibile. Non volevo tra i piedi nessuno. Ma lui era un cittadino libero: che andasse pure a Chartres, se voleva, ma la mia priorità non era certo la Cattedrale dei nove specchi.
Con me c’erano Andrea e Oscar. Il mio amico e fratello era l’unico che volessi accanto in quel momento. Ero corso da lui il giorno prima, dopo essermi reso conto di quel che era successo, e avevo ottenuto la sua più totale collaborazione. Aveva provato per pochi secondi a farmi desistere dal recarmi in Francia, assicurandomi che la Gendarmérie avrebbe preso in mano la situazione e Andrea avrebbe fatto di tutto perché ad Arti non accadesse nulla. Non avevo neanche dovuto parlare per fargli capire che sarebbe stato inutile cercare di fermarmi.
Non avevamo bagagli da recuperare dai nastri trasportatori, così ci avviammo spediti verso l’uscita. Oltre la calca di persone che attendevano parenti o amici, individuammo un uomo con un cartello con su scritto “Kominkova”. Era uno degli agenti dell’Interpol francese che avrebbero dovuto incontrare Andrea, mandato direttamente dalla sede centrale di Lione. Ovviamente le autorità d’Oltralpe erano state informate di come la situazione fosse drammaticamente precipitata nelle ultime ore e avevano offerto la massima collaborazione.
«Sergente maggiore Philippe Blanchard, benvenuti a Parigi, prego, da questa parte», disse il giovane non appena ci fummo avvicinati e poi, facendoci segno di seguirlo, si diresse verso un uomo sulla cinquantina con capelli brizzolati e barba incolta, di bell’aspetto e fisico atletico, che attendeva poco oltre le barriere. «Vi presento il tenente Edmond Thomas dell’Interpol».
Thomas ci salutò con poco calore e, al contrario della sua collega ceca, sembrava avere un approccio affatto amichevole.
«Avete combinato un po’ di casini voialtri, o sbaglio?», disse mentre ci dirigevamo verso l’uscita, parlando svogliatamente inglese.
«Abbiamo fatto il nostro dovere», rispose fredda Andrea. «Siamo consapevoli di aver commesso qualche errore».
Thomas si voltò e si fermò nel mezzo dell’affollato ingresso dell’aeroporto, pochi metri prima di uscire. «Qualche errore?», disse con un sorrisetto sarcastico stampato in viso. «Siamo già a tre morti, un furto e un rapimento. Più di qualche errore, mi pare».
Oscar si sentì in dovere d’intervenire in difesa di Andrea. «Mettiamo subito in chiaro una cosa, Thomas, siamo qui per collaborare e aiutare Lorenzo Aragona, non per farci prendere in giro».
Il francese di Oscar era abbastanza buono da consentirgli di esprimersi usando “colorite metafore” e il suo pas pour être foutu de la gueule aveva sortito l’effetto desiderato.
Thomas esitò un istante, poi, un po’ impacciato, mormorò: «Già, Lorenzo Aragona… avete portato con voi anche un civile. Va bene, cerchiamo di lavorare insieme e di non perdere la testa».
«Anche perché significherebbe rischiare quella di mia moglie, tenente. Ecco perché questo civile è qui», dissi affinché quel poliziotto arrogante capisse che io non sarei rimasto in un bistrot a bere vino.
Thomas sospirò e non aggiunse altro. Eravamo arrivati alla macchina che ci avrebbe portato in centro, un'anonima monovolume Renault.
Lungo il tragitto, Thomas ci aggiornò sulle indagini che erano state avviate già dal giorno prima, da quando Oscar e Andrea si erano messi in contatto con l’Interpol francese per avere supporto.
«Stiamo tenendo sotto controllo porti e aeroporti», disse il francese, «e naturalmente abbiamo subito dislocato posti di blocco tra l’Île-de-France e il dipartimento de l’Eure-et-Loir, di cui Chartres è capoluogo. Devo essere sincero, io sono molto scettico sul fatto che i rapitori abbiano portato sua moglie in Francia, monsieur Aragona, ho paura che siate stati precipitosi a venire qui».
«Capisco il suo scetticismo, tenente, ma io sono sicuro che abbiano trovato il modo di portarla. Per loro non è solo importante andare a Chartres, ma è fondamentale che si trovino lì entro le dodici di domani».
Thomas, seduto accanto al sergente maggiore Blanchard, che guidava, scosse visibilmente la testa. «Gente che ammazza e rapisce per una leggenda… È la prima volta che mi capita un caso del genere».
«C’è chi prende certe cose molto sul serio, tenente», conclusi.
«Sarà… In ogni caso abbiamo già degli uomini dislocati anche a Chartres. Se davvero sono riusciti ad arrivare da Napoli a Parigi o Chartres con un ostaggio, è alquanto improbabile che riescano a passare inosservati in cattedrale domani».
«L’abbiamo pensato anche noi, la cattedrale di Chartres è un monumento molto visitato», osservò Andrea, che era rimasta in silenzio dopo le prime parole acide di Thomas.
«Non solo», disse Thomas. «Ci siete mai stati in questo periodo? C’è un bel po’ di casino lì il giorno del solstizio, non è un gran segreto quello della meridiana che indica l’ingresso dell’estate dalla vetrata di Sant’Apollinare. Mi sono documentato e fra un’oretta ci raggiungerà in ufficio un professore di storia dell’arte in pensione, che fa da guida turistica proprio lì. È un inglese che vive a Chartres da decenni, conosce benissimo la cattedrale. Ci ho già parlato al telefono e mi ha detto che oltre ai normali turisti, il 21 giugno ci sono sempre fanatici come i vostri amici… massoni, nostalgici dei druidi o roba del genere, che vedono qualcosa di esoterico o chissà quale segreto in quella vetrata. Credetemi, ci sarà un sacco di gente domani e non posso fare evacuare la chiesa proprio mentre il fenomeno avviene, altrimenti mi troverò addosso la curia, tutti i commercianti e ristoratori di Chartres. Metà della città vive grazie alla cattedrale».
«E allora, come intendi agire?», domandò Andrea.
«I miei uomini saranno tutti in borghese e stazioneranno dalle parti della vetrata di Sant’Apollinare, con molta discrezione. Se dovessero accorgersi di qualcosa, faranno allontanare tutti. Non voglio sparatorie e scene da film americani».
«Nessuno le vuole, Thomas, nessuno», disse Oscar già stanco di essere trattato come una recluta dal francese.