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Il santuario del Reich

 

Ricostruzione basata sul rapporto dell’FBI steso in seguito alle perquisizioni alla sede della Nanotech e all’interrogatorio del dottor Brad Höffnunger

 

Silicon Valley, gennaio 2013

 

Due uomini sedevano a un grande tavolo ovale in una lussuosa sala riunioni sorseggiando whisky. L’ottima forma fisica di entrambi lasciava appena intuire la loro effettiva età. Il più anziano dei due, in doppiopetto grigio, aveva uno sguardo acuto e attento, gesti precisi e scattanti ma anche posati, quasi studiati. Completamente calvo, un paio di occhiali pince-nez con lenti oscurate, annuiva appena ascoltando le parole dell’altro.

Il più giovane, folti capelli grigi, ondulati, indossava un abito nero con una camicia con colletto alla coreana e una spilla a forma di croce appuntata alla giacca. Aveva movimenti ancora più studiati dell’altro, sebbene il colore della pelle e una certa tensione muscolare nel viso tradissero un fuoco che nel suo interlocutore era completamente spento. Ghiaccio impenetrabile il primo, brace sotto la cenere il secondo.

L’uomo in nero finì di parlare, bevve un sorso di whisky e aggiunse: «Questo è tutto, per ora».

L’altro annuì. I due si conoscevano così bene, il legame che li univa era talmente profondo che quasi non avevano bisogno di parole. L’uomo in doppiopetto sfiorò uno schermo e una porta automatica nel fondo della sala si aprì. Comparve una bionda formosa e sensuale, tacchi a spillo e minigonna. Con un piccolo vassoio tra le mani, si avvicinò ai due.

«Grazie Janine. Janine ti accompagnerà di sotto, amico mio», disse l’uomo in doppiopetto, poi prese l’oggetto che la donna aveva portato sul vassoio. «Questo è per te, è l’ultima versione da viaggio. L’ho provato personalmente e come vedi l’effetto è strabiliante anche se dura ancora troppo poco».

L’uomo in nero afferrò l’oggetto, nascondendo a stento la luce famelica apparsa nei suoi occhi. «Ti ringrazio».

L’altro si alzò e si concesse un leggero sorriso. «Stai invecchiando. Ormai dimentichi troppo spesso che non devi mai ringraziarmi».

L’uomo in nero si alzò a sua volta, ripose l’oggetto nella tasca interna della giacca, quindi fece per andarsene. Prima di uscire, si voltò. «Forse hai ragione, sto invecchiando. È per questo che dobbiamo sbrigarci».

Rimasto solo, l’uomo in grigio si diresse verso una porta che nascondeva un ascensore privato. Un sistema di sicurezza a impronte digitali sostituiva il tasto di chiamata. La porta si aprì, l’uomo schiacciò l’unico tasto presente sulla pulsantiera e iniziò a scendere nelle viscere dell’edificio. L’ascensore raggiunse la sua destinazione e l’uomo si trovò davanti a una porta decorata con vari simboli, tra cui una croce uncinata, una ruota raggiata – una specie di sole nero – e un gladio sovrapposto a una svastica ricurva. L’uomo varcò la soglia e di colpo ebbe la sensazione di tornare indietro nel tempo, di almeno settant’anni.

Una grande sala, come quella di un museo, si aprì davanti ai suoi occhi. Ricoperta di bandiere con i simboli presenti sulla porta, arredata con vetrinette contenenti ogni sorta di oggetto risalente a una delle epoche più nere della storia europea, la sala era una sorta di mausoleo. L’uomo passò accanto alle vetrine, accarezzandole con sguardo malinconico, e si diresse verso il fondo della sala, dove un catafalco di marmo bianco nascondeva un sarcofago di grafite collegato a una sofisticata apparecchiatura. Il coperchio del sarcofago era di vetro.

L’uomo in grigio raggiunse quel sancta sanctorum e si sporse, con sguardo carico d’amore, verso l’interno del sarcofago. Il giovane volto sereno, i capelli biondi, l’uniforme da sottufficiale indossata prima di addormentarsi in quel sonno criogenico: l’uomo nel sarcofago sembrava dormire. In realtà, la macchina alla quale era collegato serviva semplicemente a conservare il suo corpo, le cui funzioni vitali erano ormai cessate da settant’anni. L’uomo in grigio lo sapeva e sapeva anche che una volta aperto il sarcofago il corpo dell’uomo al suo interno si sarebbe deteriorato in pochi minuti. La tecnologia sviluppata dai suoi scienziati era ancora lontana dal poter raggiungere il risultato sperato: la resurrezione.

Anche il suo tempo stava ormai per scadere e non sarebbe riuscito a ritardare la sua stessa fine ancora per molto. A meno che non fosse riuscito a ritrovare quel maledetto idolo. Dove la sua scienza non era ancora arrivata, sarebbe arrivata quella di sapienti vissuti millenni fa. Ne era convinto.

Gettò un ultimo sguardo affettuoso a quel giovane corpo, sfiorò la superficie liscia del sarcofago e si allontanò con il cuore carico di tristezza.

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