Capitolo 46

 

Napoli, 17 luglio, ore 20:30

 

La porta fece prima uno scatto, quindi si aprì con uno sbuffo, facendo trasalire Poppy. Due tizi comparvero sull’uscio, quello davanti era un bell’uomo perfettamente rasato e con un falso sorriso stampato in viso, con indosso un elegante completo grigio. Subito dietro, più grosso e dalle fattezze più volgari, lo seguiva uno scagnozzo con una sorta di uniforme anch’essa grigia.

«Ti ho portato qualcosa da mangiare, ti va?», disse Seth Anderson appoggiando un vassoio sul piccolo tavolo nella stanza.

Poppy si era risvegliata da poco in quella specie di cabina ma, sebbene fosse ancora un po’ rintronata, aveva riacquistato quel suo impertinente sguardo di sfida. E così non rispose e si limitò a fissare quell’uomo che, intanto, si era sistemato sull’unica sedia del piccolo ambiente, accavallando le gambe. L’uomo, sempre mantenendo la calma, fece un segno al tizio in uniforme, che gli passò un tablet.

«Visto che non hai voglia di parlare, continuo io. Il mio nome non ha alcuna importanza e saperlo non ti aiuterebbe in questa situazione, io però il tuo lo conosco: ti chiami Partenope, non è così? O preferisci Poppy?», disse l’uomo in tono pacato, appoggiando il tablet sul tavolo. «Lavoro per un’agenzia governativa degli Stati Uniti. Mi hanno mandato qui perché so fare bene il mio lavoro e, come vedi, in appena ventiquattr’ore ho raccolto molte informazioni. Informazioni che mi hanno portato a te… cara Partenope. A proposito, che nome impegnativo hai, i tuoi genitori dovevano essere dei tipi originali».

Sul tablet partì un video. Riprese in bianco e nero che risalivano all’ultima guerra. A un certo punto si vedevano persone indaffarate attorno a un sarcofago contenente uno scheletro. Poppy trasalì.

«Forte, vero?», disse Seth Anderson, mettendo il fermo immagine. L’inquadratura era fissa sul sarcofago e su un paio di individui intenti a studiarne il contenuto. «Lo vedi quest’uomo, eh? Sai chi è? No, come potresti, non l’hai mai conosciuto… Ti aiuto. Questo è Michael Skayman jr., il tuo bisnonno, il padre di Ellen Rita Skayman, alias Elena Morgano, la tua dolce nonnina».

Le labbra di Poppy cominciarono a tremare impercettibilmente e Seth Anderson se ne accorse.

«Oh sì, tesoro, conosco già un sacco di cose, ma lasciami continuare, ti sorprenderò», riprese l’americano con quel suo tono mellifluo. «Il caro Michael Skayman, militare di stanza a Napoli all’epoca, fu coinvolto in quello scavo archeologico perché era un appassionato di biologia marina, ma soprattutto perché, cosa più importante, era un pioniere della genetica. Le stesse cose di cui si occupa tua nonna. Fu grazie a quelle sue conoscenze che dopo la guerra venne reclutato per un progetto segretissimo insieme a un altro paio di persone presenti a quello scavo. Forse ne hai sentito parlare da tua nonna, lo chiamarono “Progetto Partenope”, in onore della creatura leggendaria da cui tutto aveva avuto inizio. E della quale tu porti il nome».

Seth Anderson attese che quelle sue parole facessero effetto, ma l’espressione sul viso della ragazza era tornata granitica, chiaramente non era intenzionata a parlare.

L’uomo sbottonò la giacca e si sistemò più comodamente sulla sedia. «Vedi, Partenope, il tuo bisnonno ha lavorato per anni a quel progetto, quando la genetica non era così sviluppata come oggi, ma poi, a un certo punto, ha perso la testa e ha trafugato lo scheletro che nel frattempo era diventato di proprietà del governo degli Stati Uniti, mandando tutto all’aria. Alla fine gliel’abbiamo fatta pagare, ben inteso, eppure non siamo riusciti a estorcergli la verità, ovvero dove aveva nascosto quelle ossa. Ne abbiamo perso le tracce. Fino a oggi». Anderson si sporse in avanti, appoggiando i gomiti sulle cosce e incrociando le dita. Riprese a parlare con un filo di voce. «Ragazza mia, se gli amici della GENOETHICS mi avessero contattato prima, questa storia sarebbe già stata archiviata, ma hanno voluto gestire la cosa internamente e hanno combinato un casino. Ora sono qui e ti assicuro che porterò a termine la missione, con o senza il tuo aiuto. Se mi aiuti, però, ti posso dare la mia parola di gentiluomo che non faremo nulla alla tua cara nonnina. Allora, vediamo di collaborare. Dov’è lo scheletro?».

Gli occhi di Poppy si addolcirono e sulle sue labbra comparve lentamente un sorriso. Guardò per un attimo la notte attraverso il piccolo oblò della cabina, quindi riportò la sua attenzione su Anderson.

«Stai perdendo tempo, io non so niente».

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