Capitolo 12

 

La Valletta, Malta, 11 luglio, ore 17:00

 

Tornati in albergo alla Valletta, cercammo di fare il punto della situazione prima di riferire le novità a Babikov. La bobina originale e le sue copie, insieme al libro di Elena Morgano, erano sul tavolo della camera. Sembrava quasi che ci parlassero con parole che non riuscivamo ad afferrare.

«Tutto sommato, possiamo ritenerci fortunati, abbiamo fatto grandi passi avanti in poche ore», osservò Àrtemis. «Anche se non abbiamo ancora trovato Sante, dagli indizi che stiamo raccogliendo pare proprio che sia stato rapito per questa roba».

«Sì, ma ora il punto è: di cosa stiamo parlando?», le domandai giocherellando con la barba che da qualche anno portavo abbastanza lunga.

«Sante trova, trafuga o acquista la macchina di Aurìchalkos e il filmato del ’44. Decide di vendere il tutto a Viktor, ma incappa in quelli che saranno i suoi rapitori. Questi i fatti», osservò Anna.

«Da quello che ci ha detto Babikov, quando Sante lo ha chiamato per vendergli la merce, sembrava che avesse fretta di disfarsene», aggiunsi.

«Esatto, quindi mi sembra logico pensare che a un certo punto qualcuno ha scoperto che lui era in possesso di questi reperti preziosi e abbia cercato di portarglieli via», riprese Anna. «Quando si è reso conto della minaccia, ha preferito venderne una parte a Viktor, dicendogli di mettersi in contatto con te nel caso gli fosse successo qualcosa. Ed effettivamente qualcosa deve essere successo… magari i ladri si sono trasformati in rapitori, costringendolo a fuggire e a disseminare gli indizi che ora noi stiamo trovando».

«No, secondo me è riuscito a fuggire solo in un primo momento», la corressi. «Da quel che ti ha detto l’egiziano, ora è nelle loro mani».

«Scusate se interrompo la vostra splendida ricostruzione alla Sherlock Holmes», s’inserì Àrtemis, in piedi accanto al balcone aperto, «ma forse dovremmo concentrarci sulle ragioni che stanno dietro a questa storia». Appoggiò una mano sopra il libro della Morgano. «Voi pensate che chi ha rapito Sante sia solo interessato a impossessarsi di un reperto archeologico, per quanto prezioso possa essere? Se si trattasse di semplici trafugatori di tesori, potrei accettare questa spiegazione, ma qui stiamo parlando, forse, di una multinazionale del petrolio che fattura miliardi di dollari».

«Non sappiamo ancora se i responsabili siano quelli della TEXODRILL», le fece notare Anna.

«No, certo, ma per ora è l’ipotesi più attendibile», riprese Arti. «Dovremmo capire quanto c’è di vero in quel che abbiamo visto nel filmato e cosa Sante aveva scoperto, credo. La macchina, il ritrovamento dello scheletro, il saggio di Elena Morgano e quei libri che Sante stava studiando. Se il filmato è autentico, non vedete un unico filo rosso che collega tutto?»

«Autentico? Che vuoi dire? Secondo te è un falso?», le domandai.

Mia moglie scosse risolutamente la testa, agitando i suoi riccioli scuri. «No, anche perché Mario Napoli, allievo di Amedeo Maiuri, non si sarebbe prestato a recitare in una messinscena, almeno non credo. Però non sappiamo cosa abbiamo visto veramente. Questo intendo. E forse la risposta è anche nel saggio della Morgano e nella sua autrice».

Anna si alzò quasi di scatto, espirando con forza, e raggiunse Àrtemis al balcone, gettò uno sguardo sul Grand Harbour, quindi fissò intensamente prima mia moglie e poi me. «A noi non interessa tutto questo. Ora che abbiamo il filmato, il nostro compito è ritrovare Sante e il pezzo mancante della macchina. Babikov vi paga per questo».

Ci aveva riportato bruscamente con i piedi per terra, stroncando sul nascere l’entusiasmo da studiosa e ricercatrice di Àrtemis.

«Sante è la priorità per noi», replicò fredda mia moglie, il suo volto a pochi centimetri da quello della russa. «Ma se ti aspetti che mi sia buttata in questa storia senza sperare di capire che cosa abbiamo tra le mani, scordatelo».

«Ehi, calmatevi», intervenni per placare gli animi. «Io credo che anche Babikov sia interessato a scoprire cosa si celi dietro la macchina e il filmato. In questo modo acquisterebbero ancora più valore. Anna, Àrtemis stava solo dando il suo contributo analitico di studiosa per capire cosa può aver spinto i rapitori a sequestrare Sante».

La russa sostenne lo sguardo di mia moglie per qualche istante ancora, quindi si diresse verso la porta. «Questa è un’altra cosa che mi manda su tutte le furie: essere nelle loro mani. Ci vediamo dopo, io intanto vado a informare Viktor dei progressi».

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