Capitolo 49
Napoli, 17 luglio, ore 21:45
«La femmina, Partenope, è bicaudata, mentre il maschio, Colapesce – o Cola, come lo chiamiamo noi – ha un’unica grande coda», spiegò Elena Morgano, accarezzando le due creature che le facevano le feste come cagnolini felici di vedere la padrona. «La caratteristica è comparsa da sé, naturalmente, durante il periodo in cui i due embrioni si sono sviluppati negli incubatori. Ho ipotizzato che si trattasse di una differenza genetica dovuta alle modalità di accoppiamento, ma per ora non abbiamo avuto modo di verificare, perché sono ancora troppo giovani, poco più che adolescenti». Con la mano sul capo grigioverde di Partenope, la Morgano si voltò verso di noi e ci fece segno di raggiungerla. «Venite, sono socievoli come delfini».
Ci scambiammo uno sguardo un po’ titubante, quindi scendemmo dal pianerottolo di pietra e avanzammo lentamente verso la sponda del lago. Quando i due esseri si accorsero che c’erano degli estranei in avvicinamento, iniziarono ad agitarsi un po’, ma la mano e la voce della Morgano intervennero di nuovo per tranquillizzarli. Uno alla volta, ci fece avvicinare e ci invitò a sussurrare qualcosa, cosicché le due creature potessero familiarizzare con le nostre voci.
«Hanno un olfatto e una vista limitati, una caratteristica comune a molti cetacei, ma hanno un udito impressionante», ci spiegò la Morgano mentre Àrtemis accarezzava la testa scivolosa di Partenope e le parlava dolcemente. «Ora che hanno abbinato il vostro aspetto alla voce, sarebbero capaci di riconoscervi in mezzo a una burrasca. Inoltre sono dotati del biosonar, come i delfini, grazie al quale riescono a individuare ostacoli anche nel buio assoluto degli abissi e a ricevere segnali di pericolo o altro. Usati nel modo sbagliato, sono delle vere e proprie armi».
Mentre ci spiegava le caratteristiche straordinarie dell’ecolocalizzazione e del biosonar, uno dei ricercatori rilevò qualcosa sui monitor. «Direttore, abbiamo un problema».
La Morgano, sempre con molta lentezza per non spaventare le creature, si avvicinò agli strumenti. «Il sentinel si è attivato!».
Il ricercatore la guardò con un misto di speranza e paura. «E questo può voler dire solo una cosa».
«Poppy!», esclamò la donna, le labbra che iniziarono a tremarle.
«Che succede?», domandò Anna.
La biologa rimase a fissare il monitor per cercare di capire cosa stesse accadendo, poi si voltò verso la russa e sollevò il braccio destro mostrando un monile che aveva al polso. «Mia nipote indossa sempre un braccialetto come questo. Al suo interno c’è un localizzatore, una specie di GPS, che emette un segnale ben preciso. L’abbiamo studiato per richiamare velocemente le creature nel caso si allontanino troppo. Si attiva al contatto con l’acqua e… Dio, fa che non sia come penso!».
Ci fu un attimo di angoscioso silenzio, poi Anna scosse la testa. «Potrebbe averlo gettato lei per darci la sua posizione in mare».
D’un tratto le due creature s’irrigidirono e, come cani da caccia, si voltarono quasi contemporaneamente verso l’estremità del lago più lontana e scura. Noi ci ritraemmo spaventati mentre la Morgano si avvicinò per cercare di calmarle.
Ma loro non volevano essere calmate, volevano agire.
Scivolarono su un fianco ed entrarono in acqua. Riemersero dopo un paio di metri, ci guardarono e, prima di immergersi definitivamente e sparire, lanciarono un grido che riecheggiò tra le volte naturali del lago.
«Oh no, no!», mormorò la scienziata, disperata.
«Che succede? Dove sono andati?», domandai avvicinandomi ai monitor.
La donna sospirò. «Seguono il richiamo del sentinel di Poppy».
«Direttore, ho individuato il punto esatto da cui è partito il Bloop, a un centinaio di metri dal porto di Mergellina. Forse Poppy è a bordo di una barca», intervenne il tecnico.
«È lì, ne sono sicura! È ancora viva».
A bordo di una barca. Anna, Àrtemis e io ci guardammo e quasi in coro esclamammo: «Il Genome!».
«Che cosa?»
«Può darsi che quelli della GENOETHICS siano qui, arrivati a bordo di uno yacht di loro proprietà chiamato Genome. È possibile che vi tengano sua nipote in ostaggio», suggerii, salvo poi pentirmene subito dopo.
«Ma certo, dev’essere così!», fece la Morgano, di nuovo speranzosa. «Con tutte le barche che ci sono in questi giorni per le gare, non avranno avuto troppi problemi a passare per appassionati di vela. Presto, dobbiamo partire, fate approntare il Platamon One».
«Un momento, cosa vuole fare?», domandai temendo già quale fosse la risposta.
«Voglio salvare mia nipote e le mie creature», disse la donna in preda a una sorta di folle eccitazione.
«Non se ne parla, lei non ha idea con chi abbiamo a che fare. Chiamiamo la polizia».
Senza pensarci su due volte, la Morgano tirò fuori di nuovo la pistola. «Pensavo di non avere speranze, ma mia nipote si è dimostrata scaltra. Ora si fa a modo mio. Lo so benissimo con chi abbiamo a che fare, signor Aragona».