CAPITOLO XXXVIII

Come piangiamo e ridiamo di una stessa cosa

[A] Quando nelle storie troviamo che Antigono si sdegnò grandemente1 con suo figlio perché gli aveva presentato la testa del re Pirro, suo nemico, che era stato appena ucciso combattendo contro di lui; e che, vedutala, si mise a piangere dirottamente; e che il duca Renato di Lorena pianse ugualmente la morte del duca Carlo di Borgogna che aveva poco prima sconfitto2 e ne portò il lutto al suo funerale; e che nella battaglia di Auray,3 dove il conte de Montfort vinse contro Carlo de Blois, suo avversario per il ducato di Bretagna, il vincitore, quando vide il corpo del proprio nemico morto, ne mostrò gran dolore, non bisogna subito esclamare,

E così aven che l’animo ciascuna

Sua passion sotto el contrario manto

Ricopre con la vista or chiara or bruna.4

Quando fu presentata a Cesare la testa di Pompeo, le storie dicono che ne distolse lo sguardo, come da un brutto ed ingrato spettacolo.5 C’era stata fra loro un’intesa e una collaborazione così lunga nel condurre gli affari pubblici, tanta comunanza di fortune, tanti servigi reciproci e tal grado di parentela, che non bisogna giudicare quel contegno del tutto falso e contraffatto, come ritiene quest’altro,

tutumque putavit

Iam bonus esse socer; lachrimas non sponte cadentes

Effudit, gemitusque expressit pectore læto.I 6

Infatti, sebbene, per la verità, la maggior parte delle nostre azioni non siano che maschera e trucco, e talvolta possa esser vero che

Hæredis fletus sub persona risus est,II 7

nondimeno nel giudicare tali fatti bisogna considerare come le nostre anime si trovino spesso agitate da diverse passioni. E come, secondo quanto si dice, esiste nel nostro corpo un insieme di umori diversi, dei quali è signore quello che comanda in noi abitualmente, secondo il nostro temperamento, così nella nostra anima, benché vi siano diversi impulsi che l’agitano, bisogna che ve ne sia uno al quale rimanga il campo. Ma questo non avviene con così netta superiorità che, per la volubilità e duttilità della nostra anima stessa, i più deboli, all’occasione, non riconquistino di nuovo la posizione e non tentino a loro volta un piccolo assalto. Perciò vediamo non solo i fanciulli, che in tutta ingenuità seguono la natura, piangere e ridere spesso della stessa cosa; ma nessuno di noi può vantarsi che, pur facendo un viaggio di suo gusto, al momento di partirsi dalla famiglia e dagli amici non si senta tuttavia intenerire il cuore: se non gli sfuggono addirittura le lacrime, almeno mette il piede alla staffa con viso cupo e rattristato. E qualunque fiamma gentile riscaldi il cuore delle fanciulle ben nate, tuttavia esse devon esser staccate a forza dal collo delle madri per essere affidate ai loro sposi, checché ne dica quel buontempone,

Est ne novis nuptis odio Venus, anne parentum

Frustrantur falsis gaudia lachrimulis,

Ubertim thalami quas intra limina fundunt?

Non, ita me divi, vera gemunt, iuverint.I 8

Pertanto non è strano che si pianga la morte di colui che non si vorrebbe affatto che fosse in vita.

[B] Quando rimprovero il mio servo, lo rimprovero con quanta forza ho: sono imprecazioni vere e non simulate; ma, passati quei fumi, se avrà bisogno di me, lo beneficherò volentieri: volto subito la pagina. [C] Quando lo chiamo sciocco, bue, non intendo già affibbiargli per sempre quei titoli. Né penso di disdirmi se lo chiamo subito dopo onest’uomo. Nessuna qualità ci riveste totalmente e universalmente. Se non fosse un contegno da pazzo il parlare da solo, non c’è giorno in cui non mi si sentirebbe brontolare fra me e contro di me: «Pezzo d’imbecille!» E tuttavia non penso che sia questa la mia definizione. [B] Chi, al vedermi un contegno ora freddo ora amoroso verso mia moglie, pensa che l’uno o l’altro sia simulato, è uno sciocco. Nerone, accomiatandosi da sua madre che mandava ad affogare, sentì tuttavia la commozione di quell’addio materno: e ne ebbe orrore e pietà.9

[A] Si dice che la luce del sole non sia continua, ma che esso ci lanci senza interruzione sempre nuovi raggi gli uni sugli altri con tale frequenza che non possiamo percepire l’intervallo,

[B]Largus enim liquidi fons luminis, ætherius sol

Inrigat assidue cœlum candore recenti,

Suppeditatque novo confestim lumine lumen;II 10

così l’anima nostra lancia i suoi strali in modo vario e impercettibile. [C] Artabano colse di sorpresa Serse, suo nipote, e lo rimproverò per l’improvviso mutare del suo atteggiamento.11 Egli stava considerando la smisurata grandezza delle sue forze al passaggio dell’Ellesponto per l’impresa di Grecia. Dapprima fu colto da un fremito di piacere al vedere tante migliaia d’uomini al suo comando, e lo dimostrò con l’allegria e il giubilo del volto, e all’improvviso nello stesso istante, suggerendogli il suo pensiero come tante vite dovessero venire a mancare al più tardi nello spazio d’un secolo, aggrottò la fronte e si rattristò fino alle lacrime. [A] Abbiamo perseguito con ferma volontà la vendetta di un’ingiuria e provato una singolare soddisfazione per la vittoria, e tuttavia ne piangiamo; ma non è per questo che piangiamo, non vi è niente di cambiato, solo che la nostra anima guarda la cosa con un altro occhio, e se la rappresenta sotto un’altra luce: poiché ogni cosa ha diverse facce e diversi aspetti. La parentela, le antiche relazioni e amicizie afferrano la nostra immaginazione e la appassionano sul momento, così come si presentano; ma il cambiamento è talmente brusco che ci sfugge,

[B]Nil adeo fieri celeri ratione videtur

Quam si mens fieri proponit et inchoat ipsa.

Ocius ergo animus quam res se perciet ulla,

Ante oculos quarum in promptu natura videtur.I 12

[A] E per questa ragione, se di tutta questa sequela vogliamo formare un corpo continuo, ci inganniamo. Quando Timoleone piange l’assassinio commesso con sì matura e generosa risoluzione,13 non piange già la libertà resa alla sua patria, non piange il tiranno, ma piange il proprio fratello. Una parte del suo dovere è compiuta, lasciamogli compiere l’altra.

 

I pensò di poter senza pericolo mostrarsi buon suocero; versò lacrime forzate e trasse gemiti da un cuore lieto

II Il pianto di un erede è riso sotto la maschera

I Forse le spose novelle odiano Venere? O amareggiano la gioia dei genitori con false lacrime che versano in abbondanza alle soglie della stanza nuziale? Che gli dèi mi dannino se quel pianto è sincero

II Poiché il sole nell’etere, ampia fonte di liquida luce, inonda senza posa il cielo di chiarità sempre rinascente e getta incessantemente nuova luce sulla luce

I E certo nulla si compie con tanta rapidità come ciò che la mente concepisce e intraprende. Lo spirito si muove dunque più velocemente di qualsiasi cosa visibile fra quelle che natura ci pone sotto gli occhi

Saggi
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