CAPITOLO XXXV
Un difetto dei nostri governi
[A] Il mio defunto padre, uomo di ingegno assai fine per essere aiutato solo dall’esperienza e dall’indole, mi ha detto una volta che avrebbe desiderato istituire nelle città un luogo determinato dove coloro che avessero bisogno di qualcosa potessero recarsi e far annotare la loro necessità da un ufficiale addetto a questo scopo, come: cerco di vendere delle perle, cerco delle perle in vendita. Uno vuole compagnia per andare a Parigi, uno chiede un servitore di una certa specie, uno un padrone, uno domanda un operaio: chi questo, chi quello, ognuno secondo il proprio bisogno. E sembra che questo mezzo di avvertirci a vicenda porterebbe non lieve utilità alle relazioni pubbliche: infatti in ogni momento si hanno situazioni che si cercano a vicenda e, non incontrandosi, lasciano gli uomini in estremo bisogno. Sento, con gran vergogna del nostro secolo, che di questi tempi due personaggi molto eminenti per il loro sapere sono morti in tale stato che non avevano abbastanza da mangiare: Lilius Gregorius Giraldus in Italia e Sebastianus Castalio in Germania;1 e credo che ci siano mille persone che li avrebbero chiamati a condizioni vantaggiosissime, o li avrebbero soccorsi dove si trovavano, se l’avessero saputo. Il mondo non è tanto corrotto ch’io non conosca chi si augurerebbe di tutto cuore che i mezzi che i suoi gli hanno messi in mano possano venire impiegati, finché alla fortuna piacerà che egli possa goderne, a mettere al riparo dalla necessità i personaggi rari e notevoli per il loro valore in un campo qualsiasi, che la sventura percuote talvolta fino alla morte, e che egli invece metterebbe almeno in situazione tale che dipenderebbe solo da mancanza di buon senso se non ne fossero contenti.
[C] Nell’amministrazione domestica mio padre seguiva questa regola, che so lodare, ma non so in alcun modo seguire. Cioè che oltre al registro degli affari di casa, in cui trovano posto i conti minuti, i pagamenti, i negozi che non richiedono l’opera del notaio, registro che è affidato a un ricevitore, egli ordinava a quello dei suoi famigli che gli serviva da scrivano di tenere un diario dove annotare tutti gli avvenimenti di qualche rilievo e, giorno per giorno, le memorie della storia della sua casa: cosa gradevole da consultare quando il tempo comincia a cancellarne il ricordo, e molto indicata per toglierci spesso d’imbarazzo. Quando fu cominciata la tal faccenda, quando terminata? quali equipaggi sono passati di qui? quanto si sono fermati? I nostri viaggi, le nostre assenze. Matrimoni. Morti. L’arrivo di belle o brutte notizie. Il cambiamento dei principali servitori. Cose simili. Uso antico, che trovo bene rimettere in vigore, ognuno a casa sua. E trovo che sono stato uno sciocco a non farlo.