CAPITOLO XXXII
Bisogna usare discrezione nel giudicare le disposizioni del cielo
[A] Il vero terreno e il vero oggetto dell’impostura sono le cose sconosciute. In primo luogo la stranezza medesima dà credito; e poi non essendo tali cose argomento delle nostre riflessioni abituali, ci tolgono i mezzi per combatterle. [C] Per questo, dice Platone,1 è molto più facile soddisfare la gente parlando della natura degli dèi che della natura degli uomini, poiché l’ignoranza degli ascoltatori offre una strada bella e larga, e piena libertà di maneggiare una materia occulta. Da ciò deriva [A] che nulla si crede più fermamente di quel che meno si sa, e nessuno è più sicuro di sé di coloro che ci raccontano favole: come alchimisti, indovini, astrologhi, chiromanti, medici, id genus omne.I 2 Ai quali aggiungerei volentieri, se l’osassi, un mucchio di persone, abituali interpreti e verificatori dei disegni di Dio, che pretendono di scoprire le cause di ogni avvenimento, e di vedere nei segreti della volontà divina i motivi incomprensibili del suo operare; e benché la continua varietà e discordanza degli avvenimenti li sballotti da un capo all’altro e da oriente a occidente, non cessano per questo di continuare il loro gioco, e con la stessa matita pitturare il bianco e il nero. [B] Presso un popolo dell’India si osserva questa lodevole regola: quando hanno la peggio in qualche scontro o battaglia, ne domandano pubblicamente perdono al sole, che è il loro dio, come di un’azione ingiusta, riferendo la loro fortuna o sfortuna alla ragione divina e ad essa sottomettendo il loro giudizio e ragionamento. [A] Per un cristiano è sufficiente credere che tutte le cose vengono da Dio, riceverle riconoscendo la sua divina e imperscrutabile sapienza, e quindi accettarle come buone, sotto qualsiasi forma gli siano mandate. Ma trovo cattiva quell’usanza di cercar di consolidare e sostenere la nostra religione mediante la fortuna e il successo delle nostre imprese. La nostra fede ha ben altri fondamenti, non c’è bisogno di darle autorità con gli avvenimenti: infatti, essendo il popolo abituato a tali argomenti plausibili e propriamente di suo gusto, c’è pericolo che quando poi i fatti si presentino in senso contrario e svantaggioso, esso sia scosso nella propria fede. Così nelle guerre in cui ci troviamo a causa della religione, quelli che ebbero il sopravvento nello scontro di Roche-Abeille,3 facendo gran festa per questo fatto, e servendosi di tale avvenimento favorevole come di una prova a favore del loro partito, quando poi vengono a giustificare le loro disavventure di Moncontour e di Jarnac4 dicendo che si tratta di flagelli e castighi paterni, a meno che non abbiano un popolo completamente alla loro mercé, gli faranno facilmente capire che è come prendere due farine da uno stesso sacco, e soffiar caldo e freddo dalla stessa bocca. Sarebbe meglio spiegargli i veri fondamenti della verità. Nei mesi scorsi è stata vinta una bella battaglia navale contro i Turchi, sotto il comando di Don Giovanni d’Austria;5 ma altre volte è pur piaciuto a Dio farne vedere di simili a nostre spese. Insomma, è difficile rapportare le cose divine alla nostra bilancia, senza che ne soffrano un calo. E chi volesse spiegare il fatto che Ario e Leone, suo papa,6 capi principali di quell’eresia, morirono in tempi diversi di una morte tanto simile e tanto strana (infatti, ritiratisi dalla disputa nella latrina per dolori al ventre, tutti e due immediatamente vi resero l’anima), ed esagerare il peso della vendetta divina mettendo in evidenza il luogo dove morirono, potrebbe anche aggiungervi la morte di Eliogabalo, che fu ucciso anche lui in una ritirata. Ma che più? Anche Ireneo ebbe la stessa sorte.7 [C] Dio, volendo insegnarci che i buoni hanno ben altro da sperare, e i malvagi ben altro da temere che le fortune o sfortune di questo mondo, le maneggia e le distribuisce secondo il suo occulto volere, e ci toglie il mezzo di trarne scioccamente profitto. E s’ingannano coloro che vogliono avvalersene secondo la ragione umana. Non danno mai un colpo senza riceverne due. Sant’Agostino8 lo dimostra molto bene a proposito dei suoi avversari. È un conflitto che si decide più con le armi della memoria che con quelle della ragione. [A] Bisogna accontentarsi della luce che al sole piace mandarci coi suoi raggi; e colui che alzerà gli occhi9 per prenderne di più da quel medesimo corpo celeste, non trovi strano poi se, per castigo della sua tracotanza, perde la vista. [C] Quis hominum potest scire consilium dei? aut quis poterit cogitare quid velit dominus?I 10
I tutta la gente di questa specie
I Chi, fra gli uomini, può conoscere i disegni di Dio? o chi potrebbe immaginare che cosa voglia il Signore?