Capitolo 41
Ryan
Non so perché, ma non c’è luogo come un letto per confidarsi e farsi confidenze tra amici.
«Chiamiamo il servizio in camera», dico, quando capisco che Tessa non ha alcuna intenzione di dormire. Mi avvicino al comodino, alla ricerca di un menu.
«Non possiamo metterci a mangiare qualcosa insieme ora. Sai, quello che c’è (stato) tra noi è solo sesso, niente più di una scopata».
«Ascolta, permettimi di spiegarti come funzionano le scopate nella vita normale: non funziona come nei film. Non puoi sbatterti uno e, un attimo dopo, obbligarlo ad andarsene: prima gli dai da mangiare, poi lo cacci».
Lei sorride. «Va bene. Ma non pensare di dormire qui. Abbiamo una giornata impegnativa domani e dobbiamo essere riposati».
«Va bene. Questa sera solo sesso, cibo e chiacchiere; la prossima volta aggiungeremo anche una bella dormita al programma».
«Sembri Keane».
«Che Dio mi aiuti». Le sorrido. «Okay, be’, siamo d’accordo: dormiremo insieme la prossima volta».
«Non siamo d’accordo proprio su nulla. Non ci sarà nemmeno una prossima volta».
«Per quanto hai intenzione di continuare?»
«A fare?»
«A far finta che questa cosa fra noi due non sia inevitabile».
«Non lo è, infatti».
Sospiro. Ovviamente si sbaglia, è inevitabile eccome, come il sorgere del sole. Ma non c’è ragione di cercare di convincerla adesso, e niente di quello che potrei dire migliorerebbe la situazione.
Troviamo il menu del servizio in camera e metto un po’ di musica – una playlist che ho creato per lei prima di andare alla festa di stasera. Comincia con Shape of you di Ed Sheeran, un pezzo allegro dal sapore latino che mi spinge a farla alzare dal letto e chiederle di mostrarmi qualche passo di danza. E, in un attimo, ci ritroviamo a ballare una sorta di tango nudi per la stanza.
Quando la canzone finisce, ci risediamo sul letto sulle note di Sex on Fire. La guardo per un lungo istante, sorridendo, con il mento appoggiato a una mano.
«Cosa c’è?», chiede.
«Potrei rimanere fermo a guardarti per sempre senza mai stancarmi».
«Tesoro, non c’è bisogno di lusingarmi. Sono già venuta a letto con te, ricordi? Puoi smetterla con la parte della seduzione».
Le faccio l’occhiolino. «Mi sto portando avanti per il prossimo incontro».
«Non sprecare il tuo tempo. Era una botta e via».
«Intendi tre botte e via?»
«Due e mezza. Comunque, è chiusa qui».
«Sappiamo entrambi che stai dicendo delle stronzate». Batto con la mano sul letto. «Avvicinati e ascolta la mia canzone preferita con me». Obbedisce e si stringe a me finché il suo viso non si trova a pochi centimetri dal mio.
«Mi giuri che non hai detto a Keane di noi?»
«Giuro».
«E nemmeno a Kat».
«No».
«E non hai parlato a nessuno di me?».
Mi si stringe lo stomaco. «Solo a Colby».
Il suo corpo si irrigidisce. «Cosa gli hai detto?».
Sospiro. «Tutto».
Tessa si mette a sedere furiosa. «Bastardo! Tu mi hai pregato di non parlarne con nessuno!».
«No, io ti ho chiesto di non dirlo a Josh e comunque non ti preoccupare, Colby non aprirà bocca. Non svela i miei segreti da quando avevo cinque anni, quando è stato complice del mio primo reato e poi mi ha salvato il culo».
Mi guarda per un po’ e la sua rabbia inizia a placarsi.
Alla fine alza gli occhi al cielo e si sdraia di fianco a me. «Dio, sei un idiota. Ma come fai?»
«A fare cosa?»
«A sapere esattamente cosa dire per calmarmi quando sono arrabbiata. Ora riesco solo a pensare: “Chissà come avrà fatto Colby, dopo essere stato tuo complice, a salvarti il culo quando avevi cinque anni”».
«Be’, grazie dell’interesse. Accoccolati di nuovo qui e ti spiego tutto». La tiro piano verso di me e affondo il naso tra i suoi capelli. «Non è meglio così che essere arrabbiati?»
«Non cambia nulla, comunque», sussurra. «Sono lo stesso furiosa perché ne hai parlato con lui. Però la mia curiosità è più forte della rabbia ora».
Sex on Fire finisce e la canzone successiva è Beneath Your Beautiful di Labrinth. La abbraccio e ascolto le parole toccanti del testo per un attimo.
«Quindi, il tuo primo reato?», mi imbecca, apparentemente non coinvolta dalla canzone quanto me.
Le bacio la fronte. «Okay, questo è un classico della famiglia Morgan: “La storia dell’asciugamano sporco di cacca di Ryan”».
Lei ridacchia. «Buon Dio».
«C’era una volta un Ryan di cinque anni che aveva fatto una cagata pazzesca nella toilette di casa e si era reso conto troppo tardi della mancanza di carta igienica. Be’, sono sempre stato bravo a improvvisare, quindi ho deciso di pulirmi con la cosa più vicina a me – e in quel caso era il prezioso asciugamano di Natale di mia madre appoggiato sul mobiletto del bagno».
«Oh, Ryan».
«C’erano ricamati degli angeli dorati che suonavano delle trombe. Molto carini. Comunque, nel momento esatto in cui ho usato gli angioletti di mamma per pulirmi, mi sono ricordato che lei aveva espressamente vietato a me e Colby di toccare i suoi asciugamani. Quindi, nel tentativo di non lasciare tracce (perdona il doppio senso), ho rimesso la tovaglietta sporca sul mobiletto, esattamente nella posizione in cui era prima, e poi sono uscito di corsa dal bagno».
Tessa ride. «Benvenuti nella mente criminale di un bambino di cinque anni».
«Ero un genio del male. Comunque, Colby, che di anni ne aveva sette, quel giorno ha utilizzato il bagno poco dopo: ha scoperto l’asciugamano sporco e capito subito che la colpa doveva essere di suo fratello Ryan (visto che Kat era un marmocchio con il pannolino, Keane un avocado nella pancia di mamma e Dax non esisteva ancora). E sai cosa ha fatto? No, non ha fatto la spia. Il piccolo Colby Morgan ha posto le basi della nostra amicizia fraterna: ha preso la tovaglietta, l’ha nascosta sotto la giacca, è uscito e l’ha lanciata oltre lo steccato, nel giardino dei vicini».
«Geniale!».
«Eravamo entrambi dei geni».
«E ve la siete cavata?»
«Certo. Per circa venti minuti».
Tessa ridacchia.
«È il tempo che ci è voluto perché la vicina, la signora Wheeler, venisse a suonarci, con l’asciugamano sporco in mano».
«Maledetta signora Wheeler», protesta Tessa.
«Maledetta», concordo.
«Cosa vi ha fatto vostra mamma?»
«Ci ha fatto scusare con la vicina e ci ha costretto a spazzare le foglie del suo giardino e del nostro, per un lavoro corrispondente alla cifra necessaria ad acquistare un asciugamano nuovo… e pulito».
«Dio, adoro tua mamma».
«È la migliore del mondo. Quando avrò dei figli, se mia moglie sarà brava anche solo la metà di mia madre, i bambini potranno considerarsi fortunatissimi».
Le guance di Tessa si infiammano. «Vuoi dei figli?»
«Ma certo. Tu?».
Lei annuisce.
«Quanti?», chiedo, con il cuore che batte improvvisamente all’impazzata.
«Due o tre, forse», risponde. «Tu?»
«Quattro o cinque sarebbero perfetti».
Lei spalanca gli occhi.
«Ma posso scendere a compromessi», aggiungo in fretta. «La cosa più importante prima è trovare la mamma: la donna con cui vorrò passare la mia vita. Il resto verrà da sé, immagino».
C’è un lungo silenzio.
Mio Dio, mi sto innamorando di Tessa.
«Tessa, non sono il bugiardo traditore idiota che pensi io sia», dico dolcemente, accarezzandole il braccio. «Potresti ascoltarmi un attimo?».
Grazie al cielo annuisce e per la prima volta finalmente riesco a raccontarle nel dettaglio della sera in cui ci siamo incontrati, a partire dalla storia del ristorante con Olivia e la bionda del bigliettino; quindi le spiego perché ero convinto che la relazione con la mia ex fosse finita prima di conoscere lei (anche se per Olivia non era lo stesso).
Quando finisco, mi guarda pensierosa. «Quella sera, un attimo prima che Psyco Barbie entrasse nel locale, mi hai detto che dovevi confessarmi qualcosa».
Respiro a fondo. «Ti avrei raccontato di Olivia, solo per assicurarmi di partire col piede giusto».
Lei si mordicchia l’interno della guancia.
«A cosa pensi?», chiedo.
«Che la tua spiegazione ha senso e mi sembra incredibilmente sincera».
Tiro un sospiro di sollievo.
«E anche che pure il mio ex aveva il dono di darmi spiegazioni perfettamente sensate e apparentemente sincere».
Mi passo una mano sul viso. «Oh, per l’amor del cielo, sei sfiancante. Una volta o l’altra dovrai fidarti di qualcuno, Tessa. Lo capisci questo?».
Lei apre la bocca per rispondere ma, prima di poter dire qualcosa, sentiamo bussare alla porta: «Servizio in camera!».