Capitolo 7
Ryan
«Charlotte è una forza della natura», dico, mentre guardiamo la rossa minuta ondeggiare per la sala come se il locale fosse suo.
«Non è sempre stata così matta», dice Samantha. «Scusa, ma sta attraversando un periodo di cambiamento ed emancipazione».
«Non ti devi scusare. Charlotte è la miglior spalla di sempre». Faccio un respiro profondo, cercando di controllare il battito forsennato del mio cuore. Cazzo, voglio fare sesso con questa donna. «Raccontami qualcosa di te», la esorto.
«Prima tu», replica lei. «Sono ancora un po’ in imbarazzo ora, a dire la verità».
Le rivolgo un sorriso rassicurante. «Cosa vuoi sapere?»
«Non so», risponde. «Magari un breve quadro generale di come sei?»
«Un “breve quadro generale”?», dico. «Cavolo. L’unica volta che non porto con me una presentazione Power Point al bar, la più bella ragazza del locale mi chiede un “breve quadro generale”?».
Samantha sorride con innocenza. «Sembra che ti stia facendo un colloquio di lavoro, vero? Sii onesto. Sono fuori dai giochi da molto tempo».
Le sfioro il braccio. «Sto scherzando. Mi sembra di essere tornato al liceo e di avere una gran cotta. E vorrei tirarti i capelli». Lei inarca le sopracciglia e mi rendo conto di cosa ho appena detto. Merda. «C-cioè», balbetto. «Sai, come due bambini che per scherzare si tirano i capelli, non…». Mi interrompo. Diamine. Adesso non riesco a pensare ad altro che tenere stretta in un pugno la chioma scura di questa donna mentre me la sbatto con tutte le mie forze.
Samantha sorride. «Ho capito. E non ti preoccupare, riesco a sopportare qualche tirata di capelli, ho due fratelli».
Respiro a fondo per calmarmi. C’è proprio una bella intesa tra di noi. «Ah, una donna con dei fratelli», commento, avvicinando il mio sgabello al suo, con il corpo in fiamme. «Tu sì che devi aver imparato a sopravvivere. Io ho tre fratelli e una sorella e, grazie alle tirate di capelli a cui l’ho sottoposta, lei è diventata la più dura di tutti».
«Be’, questo è un buon inizio per il tuo “quadro generale”», dice lei. «Hai tre fratelli e una sorella tosta. In che ordine siete nati?»
«Io sono il secondo. Il maggiore è l’erede e io la riserva. Gli altri due sono stati creati solo per il nostro divertimento».
Samantha ride.
«Continuo il Power Point: ho ventotto anni. Sono nato e cresciuto a Seattle. Sono del Toro (lo so solo perché mia sorella, quando eravamo piccoli, parlava sempre di astrologia a cena). Oh, so anche piegare le lenzuola meglio di qualsiasi cameriera. Non scherzo, è il mio superpotere».
«Davvero impressionante. Io non importa quanto mi ci impegni, alla fine le lancerò sempre tutte arrotolate in un armadio».
«C’è un trucco. Te lo mostro volentieri, una volta di queste. E già che ci sono potrei anche mostrarti tutti i miei altri trucchi legati alle lenzuola. Alcuni sono ancora più incredibili».
«Generoso da parte tua. Mi assicurerò di aggiungere “abile con le lenzuola” al tuo Power Point».
«Sì, fallo, per favore. E poi devo inserire un’altra cosa nel mio “quadro generale”. Adoro le presentazioni in Power Point».
Lei ridacchia. «Anche io».
«Sono fantastiche, vero? Ti portano a ottimi risultati. Quando avevo undici o dodici anni ho usato un Power Point per convincere mia mamma a lasciarmi tenere un cane preso al canile».
«I Power Point fanno diventare realtà i sogni», commenta.
«Informatica e bambini capricciosi: bella accoppiata», aggiungo.
Ridiamo entrambi.
«Mi è capitata la stessa cosa a quindici anni», continua lei. «Ho fatto una presentazione in Power Point per persuadere mio padre a lasciarmi andare al ballo del liceo».
«Ti serviva una presentazione per andare al ballo?»
«Fino a sedici anni non mi hanno permesso di uscire con nessun ragazzo».
«Oh, mio Dio, una tragedia».
«Non è stato terribile. Andavo in una scuola femminile e non avevo comunque molte opportunità di frequentare qualcuno. Ma, quando ho compiuto quindici anni, il ragazzo che viveva in fondo alla strada mi ha chiesto di andare al ballo della scuola pubblica, quindi ho realizzato questo Power Point dettagliato per difendere la mia causa. Perciò alla fine mio padre mi ha lasciato andare, facendo uno strappo alla regola». Ride. «Sicuramente è stato molto d’aiuto che il tizio in questione non avesse chance di conquistarmi. Mio Dio, in questo momento potrei essere chiusa in una cabina del telefono con lui e non accorgermi nemmeno della sua presenza».
Rido anche io. «Almeno ti sei divertita al ballo?»
«Non è stato all’altezza delle aspettative».
«Niente primo bacio?».
Scuote la testa. «Ho dato il mio primo bacio a diciotto anni». Alza le spalle. «Aspetta, questo non è il mio Power Point. Siamo ancora al tuo».
«Ti ho già detto tutto, a meno che tu non abbia delle domande».
«Tipo: “Ryan, come ti vedi tra cinque anni?”?».
Rido. «Ma allora questo è davvero un colloquio di lavoro».
Lei sorride. «Stavo scherzando. Ma, ora che l’ho chiesto, sono curiosa di sentire la risposta».
Faccio una pausa, pensando a quale sia il modo migliore di rispondere senza svelare tutte le mie carte e alla fine decido di essere onesto. «Tra cinque anni mi vedo sposato con figli e proprietario di un locale».
Lei arrossisce. «Oh». Apre e chiude la bocca come un pesce.
Sento l’improvviso bisogno di cambiare argomento. «Ah, mi stavo dimenticando il punto più importante del mio Power Point: faccio il miglior guacamole del mondo».
Lei si mordicchia un labbro in modo seducente. «Davvero “del mondo”?»
«Sì. È un altro superpotere».
«È un’affermazione coraggiosa, signore».
«Coraggiosa ma vera».
«Be’, dovrò per forza assaggiare il “miglior guacamole del mondo”. Lo adoro».
«Un assaggio e cadrai innamorata ai miei piedi».
«Scusa ma temo ci vorrà ben più di un’ottima salsa per farmi innamorare di te. Sono estremamente razionale, ti avviso. Mi servono i fatti».
«Ah, i fatti e non il guacamole? Capito. Sembra che mi toccherà fare un Power Point con tabelle, grafici e statistiche per dimostrare quanto sia un bravo ragazzo, se voglio farti innamorare».
«No, no. Dovresti presentarmi il Power Point con numeri e grafici mentre assaggio il tuo guacamole». Le sue guance avvampano all’improvviso. «Cioè, sempre se farmi innamorare di te… sia… quello che vuoi». Si dà un colpetto sulla fronte con la mano e beve un lungo sorso del drink.
In un attimo, ho un solo pensiero in testa: voglio che questa ragazza si innamori di me.
La musica in sottofondo cambia da Shape of You di Ed Sheeran (bellissima) a una canzone che io non riconosco ma Samantha sì, e capisco che gradisce.
«Cos’è?», chiedo.
«Bailando di Enrique Iglesias. La mia preferita in assoluto».
Canticchia per qualche istante – e anche se non comprendo una parola (perché la canzone è in spagnolo), vederla cantare un pezzo che le piace mi toglie il respiro.
«Cosa sta dicendo Iglesias?», le domando.
«Oh, il solito», risponde con un sorriso. «Parla di desiderio e amore. Vuole stare con lei, vivere con lei, ballare con lei, baciarla e fare sesso. Continua raccontando di quanto gli manchi il fiato quando la guarda e dell’alchimia tra loro. Una cosa del genere».
Mi viene la pelle d’oca.
«Qual è la tua canzone preferita?», chiede lei, prendendo in mano il suo drink.
Il cuore mi batte forte. «Forse Sex on Fire dei Kings of Leon».
«Ah, anche tu una canzone sull’amore passionale».
«Sì. Aggiungilo al mio Power Point, per favore».
«Sarà fatto. Altro?».
Bevo un lungo sorso del cocktail e respiro a fondo. Oh, Dio, questa donna mi fa impazzire. «No», rispondo. «Credo che il mio quadro generale sia finito. Tocca a te».
«Aspetta. Forse dovremmo aggiungere anche i tuoi tatuaggi da pirata». Indica il mio braccio.
«Giusto. E sono anche un grande fan dello sport. Segnalo. Ti piace lo sport, vero? Dimmi di sì».
«Lo adoro».
«Qual è il tuo preferito?»
«Calcio».
«Calcio? Cavolo, è l’unico che non seguo. Ma va bene, imparerò a farlo. Per quale squadra dovrò iniziare a tifare con te? I Los Angeles Galaxy?»
«Ma no. Il River Plate, bellezza. Viva la banda».
La guardo stupito.
«È una delle due squadre più importanti di Buenos Aires. Mio padre è nato lì».
«Davvero? Figo. Mi piacerebbe andare in Argentina. Mia sorella è stata a Buenos Aires e le è piaciuta molto».
«È la mia città, la migliore». Appoggia i gomiti sul bancone e mi sorride sensuale. «Cavolo, sei bravo, Ryan».
«A fare cosa?»
«A flirtare. Mi hai quasi fatto dimenticare lo stormo di aquile che mi volano nella pancia».
Mi appoggio anche io al bancone, imitando i suoi movimenti. «Farti rilassare è parte del mio grande piano».
«Ah, ne hai uno?»
«Certo».
«E qual è, se posso chiedere?».
All’improvviso mi vengono in mente mille cose che non possono essere dette ad alta voce. «Be’, portarti a letto, ovviamente», dico con calma. È una semplificazione di quello che sto pensando davvero, ma è comunque la verità. «Non c’è un arco di tempo preciso entro cui debba raggiungere l’obiettivo», aggiungo. «Per quanto mi riguarda, questa è una maratona, non uno sprint, dolcezza».
Mi fissa per un lungo e bollente momento finché non alza il bicchiere, sfidandomi con occhi di fuoco. «Un brindisi», sussurra, con quel sorriso sexy che le danza sulle labbra. «Ai nostri piani».