Capitolo 3
Ryan
Entro nel locale e osservo la sala.
«Se ti va di provare qualcosa di nuovo, sono andato da poco in un posticino con Kat e mio fratello», ha detto Josh quando l’ho chiamato oggi pomeriggio per chiedergli di andare a bere qualcosa. «Si chiama The Pine Box».
E quindi eccomi qui.
Guardo le facce dei presenti, cercando Josh; non lo vedo, quindi mi dirigo al bancone, mi sistemo su uno sgabello e ordino un drink.
È proprio un bel locale. Per quanto mi piaccia, però, se fosse mio sistemerei qualche dettaglio. La disposizione dei tavoli non aiuta a raggiungere la zona bar e la lista dei cocktail potrebbe essere un po’ più originale. Inoltre, quell’angolo in fondo (quello pieno di casse e scatole), sarebbe perfetto per un calcetto. È davvero un peccato che non ci sia, un totale spreco di spazio.
Il barman appoggia il drink davanti a me. «Vuole aprire un conto?», chiede.
Forse chiunque venga a bere qualcosa con Josh Faraday si aspetta che paghi lui – un’ipotesi naturale, visto che guida una Lamborghini – quindi ci rifletto. Concederò una tregua alle tasche di quel povero (ricco) ragazzo. «Grazie, Tim», rispondo, leggendo il nome sulla targhetta attaccata al petto. «Sì, apro un conto. Sto aspettando una persona e, anche se il mio amico insisterà per pagare, non cedere, offro io stasera».
Ho incontrato Josh solo una volta, a casa dei miei genitori. Circa tre settimane fa la mia sorellina Kat ha portato il nuovo fidanzato a conoscere l’intera famiglia (cioè, tutti tranne Keane, ribattezzato “il Cazzone di Seattle”, che non si è presentato perché era troppo impegnato a darsi da fare sculettando in qualche club per racimolare un po’ di dollari). Sono bastati un piatto di pasta e quattro partite a calcetto per capire che Josh Faraday era il Morgan che ci mancava. Infatti, ricordo di aver scritto a Keane quella sera che Josh aveva appena occupato il suo posto come “quello a cui voglio più bene” (Keane ha preso piuttosto bene la notizia, devo ammetterlo).
Ovviamente, quando durante quella stessa cena Kat ci ha confessato di essere incinta, l’intera famiglia si è resa conto di non poter far altro che accettare il futuro papà a braccia aperte. In realtà Josh è piaciuto a tutti, lo avremmo lo stesso accolto con gioia anche se Kat non fosse stata in procinto di sfornare.
Per questo ora sono seduto qui. Nonostante Kat abbia dichiarato a cena che il matrimonio non era in programma, sembra che Josh abbia chiesto in segreto a mia mamma e mio papà il permesso di sposarla. Quindi ho scritto subito al mio futuro cognato per invitarlo a bere qualcosa, sentendomi in dovere di spiegargli un paio di cose: uno, sposando mia sorella si ritroverà ben più di una moglie stupenda, avrà anche una famiglia e quattro fratelli pronti a coprirgli le spalle in qualsiasi situazione; e due, ancora più importante, se Josh dovesse fare qualche cavolata o spezzare il cuore di Kat, i fratelli Morgan diventerebbero in un attimo la Mafia Morgan e lui ne pagherebbe le conseguenze.
Mi arriva un messaggio sul cellulare e lo guardo, aspettandomi che sia di Josh, invece è la mia fidanzata fighissima ma altrettanto pazza (o da un’ora a questa parte dovrei dire ex-fidanzata?), Olivia.
“Scusa, tesoro”, recita il suo messaggio.
Alzo gli occhi al cielo. Quella donna dovrebbe farsi tatuare “scusa, tesoro” sulla fronte.
“Non avrei dovuto dirti tutte quelle cose”, continua l’SMS.(Ah, davvero?) “Ma tu non avresti dovuto reagire così e soprattutto dire che volevi lasciarmi. Abbiamo solo litigato. Succede. Questo non significa essere ‘incompatibili’. Ero solo arrabbiata e avevo tutto il diritto di esserlo. E non solo per quella stronza al ristorante ma anche per come le donne si lanciano sempre ai tuoi piedi. Immagino succeda perché tu non hai messo in chiaro di avere una relazione seria. E QUESTO MI FA INCAZZARE DA MORIRE!”.
Stringo i denti. Questo è quello che Olivia chiama “chiedere scusa”? Psicotica del cazzo. Come ho potuto lasciarmi ammaliare da una donna così gelosa e possessiva? Non è colpa mia se la bionda al ristorante mi ha dato un bigliettino, non richiesto, quando credeva che Olivia fosse andata in bagno (e sottolineo la parola “credeva”). “Ho sentito parlare te e la tua fidanzata”, diceva il biglietto della bionda. “Sembrate sul punto di rompere. Se dovesse succedere, chiamami e ci divertiremo. O magari chiamami stasera. Non lo dirò a nessuno”.
L’espressione sulla faccia di Olivia, quando è saltata fuori dal nulla e mi ha strappato il biglietto dalle mani, era così spaventosa da farmi quasi urlare di paura (in realtà sono scoppiato a ridere e questo l’ha fatta infuriare ancora di più).
Bevo un sorso del mio drink.
Ma che diamine, mica ho chiesto io di ricevere quelle righe – non avevo nemmeno notato la bionda seduta con le amiche al tavolo vicino. Ed è proprio quello che ho detto a Olivia quando mi ha accusato di aver rivolto alla donna occhiate tipo “scopiamo alle spalle della mia fidanzata” per tutta la cena. Ridicolo. Non mi comporterei mai così per rispetto nei confronti della mia compagna (anche se si rivelasse una psicopatica per niente simile alla persona che ha finto di essere per il primo mese di relazione). Inoltre, non che conti qualcosa, ma non ero nemmeno lontanamente attratto dalla bionda in questione e non avrei accettato la sua proposta neanche se fossi stato single. Certo, Olivia è la classica bionda, proprio come quella del bigliettino – quindi la pazza ha pensato in fretta che mi scopassi tutte le bionde del mondo – ma in realtà la mia attrazione per lei è un’eccezione. Normalmente preferisco una bella donna bruna con gli occhi scuri a una bionda: è come se fossi geneticamente programmato per impazzire per le more.
Comunque, anche se fossi un cretino alla ricerca di donne simili a Olivia, pensa davvero che sarei così stupido da provarci con una mentre sono con lei? Non dovrebbe sottovalutarmi così.
E già che sto scrivendo la “Lista dei motivi per cui la sfuriata di Olivia è stata totalmente inappropriata”: non sono uno da una notte e via. Mi è capitato. Oggi però preferisco conoscere bene una donna che mi piace, sia dentro sia fuori, con i tempi giusti.
Bevo un altro lungo sorso del mio drink nel tentativo di rilassare la mandibola contratta.
Non c’è nulla che odi più di essere accusato di tradimento. Come ho detto a Olivia mille volte: io non tradisco. Sono un Morgan, dopotutto, e i Morgan non tradiscono. Non le donne. Non nello sport. Non a scuola o al lavoro e nemmeno in una gara di bevute. Vi chiedete se urlo “sono fidanzato!” come uno squilibrato ogni volta che una mi sorride o mi dice: “Ehi, non ci siamo già visti in giro?”? No, non lo faccio. Ma questo non equivale a portarmi a letto ogni ragazza che flirta con me. Anche perché, se lo facessi, mi scoperei almeno venti donne diverse al giorno (dài, sono un agente immobiliare e di conseguenza ho contatti con moltissime persone, gran parte di sesso femminile, alcune anche molto attraenti). E poi, non sono sicuro di averlo già detto… Io non tradisco!
Mi scolo il cocktail e sbatto il bicchiere vuoto sul bancone.
Non ce la faccio più. La vita è troppo breve per essere infelici. Ho chiuso. L’ho detto anche a Olivia quando sono uscito come una furia da casa sua prima di venire qui e, a differenza di quello che pensa lei, ero serio.
Prendo il telefono e le rispondo: “Penso davvero quello che ho detto. Dobbiamo parlare. Sarai a casa più tardi? Passo io”. Sono tentato di aggiungere: “Vaffanculo! Ho chiuso con questa soffocante relazione di merda, brutta stronza psicotica!”, ma mi trattengo (solo perché la mia cara mamma mi ammazzerebbe se scoprisse che ho tagliato i ponti con una ragazza per messaggio – o che le ho detto “vaffanculo” e l’ho chiamata “brutta stronza psicotica”).
«Un altro?», chiede Tim, il barman, indicando il mio bicchiere vuoto.
«Sì, grazie».
Scrivo un secondo messaggio, questa volta a quel portasfiga di mio fratello (non che pensi che mi risponda in fretta – Keane non è mai reperibile). “Ehi, Cazzone”, digito. “Ti ricordi quando, due mesi fa, mentre pescavamo al Green Lake, ti ho detto che ti sbagliavi riguardo Miss Perfezione? Porca puttana, ti devo cinquanta dollari. Ho chiuso con lei stasera. Scrivi a Colby da parte mia. Sono troppo imbarazzato per farlo io. Ricordati di dirgli che non dubiterò mai più del Maestro Yoda”.
Appoggio il telefono sul bancone e do un’occhiata in giro, in cerca di Josh. È in ritardo, ora lo posso dire. Riprendo il cellulare. “Ehi, Lamborghini”, gli scrivo. “Ci vediamo al The Pine Box come detto? Sono al bancone”.
Chiacchiero con il barman per qualche minuto fino a quando, finalmente, mi suona il telefono. È una chiamata da parte di Josh.
«Ehi», rispondo. «Che succede?»
«Scusa, Ryan. Stavo uscendo per venire da te quando Kat ha iniziato a vomitare come la bambina de L’esorcista».
«Oh, povera. Mia mamma dice che patisce molto tutta quella roba delle nausee mattutine. Spero si riprenda in fretta».
«Scusa se non ti ho scritto prima. Mi sono messo ad aiutarla e non ho guardato l’ora. Non me la sento di lasciarla da sola stasera».
«Ma sì, certo, stai con lei», commento. «Non mi sorprende la cosa, comunque. Kat ti ha mai detto che uno dei suoi soprannomi è “Miss Vomito”?».
Josh ride. «Perché non vieni tu da noi? Ho voglia di bere qualcosa e sono sicuro che tua sorella sarà felice di vomitarti addosso. Ho un tavolo da biliardo e un bar ben fornito».
«Bella idea», rispondo. «Magari potremmo inventarci un gioco alcolico sfruttando Kat: si beve una volta quando rigurgita e due quando le rimane del vomito nei capelli».
«Sì, e poi ce la diamo a gambe quando cercherà di ucciderci».
«Giusta osservazione. Niente gioco alcolico». Rido. «Quindi hai già scoperto l’istinto omicida di mia sorella, eh?»
«Voi la chiamate “Miss Vomito”, io la chiamo “Signorina Terrorista”».
Rido di nuovo. «Te lo devo rubare».
«Ehi, ti va bene se invito mio fratello e sua moglie alla nostra serata improvvisata? Jonas continua a ripetermi che vuole conoscere almeno uno dei leggendari fratelli Morgan di cui continuo a parlare».
«Certo, mi piacerebbe incontrarlo».
«Credo tu conosca già la moglie Sarah, no?»
«Sì, siamo stati a qualche festa insieme negli scorsi anni, soprattutto per i compleanni di Kat. È una brava ragazza».
E figa da morire, aggiungerei.
La migliore amica di mia sorella dal primo anno di liceo, infatti, è esattamente il genere di ragazza da cui sono più attratto: capelli scuri, pelle olivastra, enormi occhi marroni e curve da far girare la testa. Mi piacciono tutte le donne, non fraintendetemi (grazie, Dio, per averne create di così diverse), ma devo ammettere che Sarah mi ha sempre affascinato più delle altre. Aggiungete intelligenza e senso dell’umorismo alla sua carrozzeria da erezione e ammetterò di avere da sempre una gran cotta per lei.
Se ricordo bene, ci ho provato con lei la prima volta che l’ho vista a una delle feste di compleanno di Kat tre o quattro anni fa, ma mia sorella mi ha fatto desistere in fretta. «Lascia in pace la mia migliore amica, Bacardi», mi aveva avvisato Kat. «Nessun pene Morgan entra nella mia amica a meno che non abbia intenzione di sposarla impegnandosi davanti a Dio; e sappiamo tutti e due che non succederà mai se si parla di un donnaiolo come te. Non permetterò al più stronzo dei miei fratelli di spezzarle il cuore e di rendermi difficile invitarvi entrambi ai miei prossimi compleanni». Quindi, visto che al tempo ero un ventiquattrenne fifone (e Kat aveva ragione, non avevo nessuna intenzione di accasarmi – nemmeno con una sventola come Sarah Cruz), ho rispettato i limiti imposti da mia sorella e lasciato in pace la sua amica mozzafiato (consolandomi negli anni, ricordo, con una serie di copie di Sarah, nessuna delle quali poteva però reggere il confronto con l’originale).
«Ci vediamo tra un po’», dice Josh. «Ti mando un messaggio con l’indirizzo».
«Okay», rispondo. «Devo solo occuparmi di una cosa prima, poi vengo».
«Tutto bene?»
«Tra poco andrà a meraviglia. Devo solo chiudere del tutto una faccenda. Niente di importante».
«Prenditi il tempo necessario. Ti aspettiamo».
Rimetto il cellulare in tasca, con un gesto chiedo il conto al barman e mi dirigo verso l’uscita con l’intenzione di correre da Olivia per dirle che abbiamo chiuso del tutto, che non ci sono scuse… Ma qualcosa mi lascia a bocca aperta: due hostess, una bruna tutta curve e una bassina con i capelli rossi, mi si parano davanti. E la mora è – oh, mio Dio – una figa di proporzioni cosmiche. Capelli scuri. Pelle olivastra. Curve da far crollare in ginocchio un uomo e ringraziare il Signore per averla creata.
Per qualche istante rimango paralizzato a fissare la bomba dai capelli castani sulla porta, con l’uccello che si muove nei pantaloni, il cuore a mille e la testa piena di immagini di me mentre la prendo da dietro, con una mano a tenerle i capelli e l’altra sulle tette… Finché lentamente, senza aver comandato al mio corpo di farlo, faccio un passo indietro e rincollo il culo allo sgabello.