Capitolo 15
Ryan

«Mi assicuro che il vostro ordine sia arrivato in cucina e vi porto subito da bere», dice la cameriera.

«Grazie», rispondo. Mi volto per dire qualcosa alla bellissima donna seduta davanti a me – una mediatrice finanziaria in un vestitino nero che ho incontrato questa sera a una convention di agenti immobiliari – ma non mi viene in mente nessun argomento di conversazione. Perché mai sono venuto a un appuntamento con questa donna? Sono seduto con lei al ristorante solo da dieci minuti e sto già pensando che avrei fatto meglio ad accettare l’invito di Keane a sbronzarmi con lui e Zander giocando a Call of Duty.

«Mi piacciono i tuoi tatuaggi, Ryan», flirta la donna dall’altra parte del tavolo.

Merda. Non ho la minima idea se si chiami Kylie, Kayla o Kiera e a questo punto sarebbe troppo strano chiederlo per la quarta volta. «Grazie», replico, e poi (visto che mia mamma mi taglierebbe le palle se sapesse che non ho ricambiato il complimento di una donna) aggiungo in fretta: «Anche a me il tuo vestito».

Kylie/Kayla/Kiera si guarda l’abito. «Grazie, l’ho preso ieri». Torna a osservarmi e si arrotola una ciocca di capelli scuri intorno al dito. «Ti ho detto che ho da sempre il pallino dei tatuaggi?».

Annuisco. In realtà credo l’abbia detto sette volte in un’ora. «Tu ne hai?», chiedo (solo perché è strano non dire niente per sostenere la conversazione, per quanto sia insulsa e poco interessante).

«No, ma sto pensando di farmene uno. Magari un angelo con una lacrima che gli scorre sul viso? Devo solo capire dove farlo. Hai anche il petto tatuato o solo le braccia?».

Perché sono così disinteressato? È obiettivamente una bella donna, quindi che problema ho? «Mmm, ne ho qualcuno sul petto e uno sopra le costole, a sinistra».

Lei indica i disegni sulle mie braccia. «Sono tutti a tema pirata?»

«No, non tutti, ma molti sì. Ho una bottiglia di rum disegnata sul petto».

«Sul genere “yo-oh, beviamoci su”?», chiede.

«Sì, una cosa del genere». Se fossi anche solo minimamente interessato a questa donna, le avrei raccontato tutta la storia dei miei tatuaggi a tema rum e pirati, ma non ne ho voglia.

«Molto sexy», commenta lei. Si morde il labbro. «Mi piacerebbe molto vedere la tua bottiglia di rum». Muove la bocca in modo sensuale. «E toccarla». Allunga il braccio e sfiora con la mano la mia. «Appena ce ne sarà l’occasione».

Be’, è stata diretta. Se fosse una lezione su “Come dire a un uomo che vuoi scopare senza dire ‘voglio scopare’”, questa donna sarebbe sicuramente un’ottima insegnante.

Segue un lungo silenzio.

A quanto pare sta aspettando che io dica qualcosa, ma non sono dell’umore giusto per parlare.

«Quindi sei un fan dei pirati, eh?», chiede, riempiendo il silenzio imbarazzante.

«Sì», dico, poco convinto.

«Bello», risponde, come se avessi appena detto qualcosa di notevole.

Rido tra me e me. Sarebbe divertente se non soffrissi così. Apro la bocca e la richiudo, incapace di trovare l’energia per conversare.

Lei mi sorride. «Sei timido, Ryan?».

Rispondo al sorriso. Nessuno mi aveva mai dato del timido. Ma la timidezza sarebbe la scusa più educata alla nostra palese mancanza di affinità, quindi decido di accontentare la poveretta. «Sì, sono molto timido».

«Non ti preoccupare, io adoro i tipi introversi». Mi strizza un occhio. «E, comunque, te la stai cavando benissimo».

Grazie a Dio la cameriera arriva con i nostri drink, interrompendo l’imbarazzo del momento. Bevo in fretta una lunga sorsata del mio antidolorifico liquido.

Dopo un momento, la donna Come-si-chiama posa il suo Margarita e mi rivolge un sorriso sensuale. «Sono sicura che te lo dicano tutte», inizia, «ma hai degli occhi stupendi».

Oh, mio Dio. Faccio tutto il possibile per non alzare i miei “stupendi” occhi al cielo e scappare dal ristorante gridando. Questa non è una conversazione, è un post su Instagram troppo lungo. «Grazie». Faccio un respiro profondo. «Tu… hai dei bellissimi capelli».

Kaylie/Kyla/Kiera si accarezza la chioma dalle radici alle punte come se fosse il pelo di un gatto appollaiato sulla sua testa. «Grazie. Uso un balsamo all’olio di castagno del Brasile… Fortifica il capello». Muove una mano su e giù mentre tira una spessa ciocca di capelli, forse per dimostrare l’efficacia del balsamo brasiliano (se questo non fosse il vero motivo del suo gesto, allora mi sta semplicemente offrendo un assaggio di quello farebbe al mio “affare” se lo avesse tra le mani).

Mi sistemo sulla sedia. «Allora… Perché non mi racconti qualcosa di te… per favore?» (quel “per favore” è stato buttato a fine frase all’ultimo, perché forse il nome con cui stavo per chiamarla – Kendra – non era corretto).

Per fortuna, il mio appuntamento poco interessante abbocca e si lancia in quello che sono sicuro essere un lungo (e dolorosamente noioso) monologo, dandomi però così il tempo di riflettere.

Okay, quindi la mia fissa per Samantha delle ultime sei settimane non è stata per niente razionale – quale matto non prova attrazione per nessuna donna per sei settimane perché non riesce a smettere di paragonarle tutte a una hostess con cui ha parlato in un bar? In mia difesa, penso che il mio rifiuto totale verso il genere femminile dell’ultimo periodo non sia dovuto solo a Samantha ma anche al dovermi riprendere dopo Olivia. Cioè, lasciarsi coinvolgere in qualcosa con quella psicotica è stato stupido – un errore di giudizio che non capirò mai – quindi prendersi una pausa di riflessione è una scelta matura e intelligente. Sì, è così, sono maturo e intelligente.

Sinceramente, a pensarci davvero, sarei pronto a scommettere che la mia attrazione fuori dal comune per la hostess incontrata sei settimane fa non fosse dettata tanto da lei in sé ma più dalla mia condizione mentale dovuta alla giornata. Di sicuro se la incontrassi per la prima volta stasera – magari al piano di sotto, alla convention degli agenti immobiliari – non ci sarebbe tra noi più intesa di quella che c’è tra me e Kiera/Kylie/Kendra.

La donna senza nome ride in modo sguaiato, attirando la mia attenzione sul suo monologo: «E quindi alla fine ho deciso di entrare nel mercato dei mutui perché, ovviamente, il mio sogno d’infanzia di diventare una ballerina non era realizzabile, soprattutto con delle tette del genere!».

Le guardo il seno, ne noto la bellezza oggettiva e torno a isolarmi.

Mi sto comportando come un pazzo. Cosa penso di ottenere fingendomi un monaco? Sicuramente preferisco fare sesso con qualcuno che ho voglia di rivedere, ma non è mica una necessità. Ero un vero sciupafemmine una volta. Cosa è successo a quell’uomo? So bene che a volte il sesso può essere solo sesso e non c’è niente di male. Di certo non c’è bisogno che aspetti altre sei settimane (o, Dio me ne scampi, mesi), tenendomi in caldo per una donna che Henn potrebbe non trovare mai.

Ma sì, al diavolo.

È il momento di tornare in sella e smetterla di comportarmi come un maledetto monaco lunatico.

Mi concentro su qualsiasi cosa stia dicendo la donna davanti a me, pronto a suggerire di portarci via la cena e magari mangiarla da me… Ma, nel momento in cui sento quello che sta dicendo (“… per questo preferisco i Chihuahua agli Husky!”), il mio uccello scuote la testa e mi dice “Cazzo, no, così proprio non ce la faccio!”.

«Scusami, Katie», esclamo alzandomi di scatto.

Lei rimane sbigottita. «Mi chiamo Kelsey».

Rabbrividisco. Mio Dio, sono un cretino. «Scusa, mi sono appena ricordato di dover fare una chiamata importante. Torno subito». Senza aspettare una risposta, mi dirigo verso l’uscita del ristorante cercando il numero di Henn in rubrica proprio mentre la musica di sottofondo nel locale cambia: ora c’è Bailando di Enrique Iglesias.