Capitolo 4
Ryan

La più bella delle due non sta studiando con attenzione il locale, ma la sua amica sì. La piccoletta con i capelli rossi è decisamente la vedetta del duo. Osserva la stanza e ogni uomo come una leonessa affamata in cerca della prossima preda. I suoi occhi scrutano, analizzano… cacciano. E poi… Boom. Lo sguardo della vedetta si posa su di me e si ferma. Mi fulmina, sorride e io rispondo tirando appena le labbra.

La rossa afferra il braccio della bella amica come se stesse ammanettando un criminale e le sussurra qualcosa a un orecchio. La bruna le risponde, ma non mi guarda. Ora è di nuovo il turno della rossa di bisbigliare.

Continuano così mentre io mi agito sullo sgabello. So di essere uno stronzo presuntuoso – lo ammetto – ma scommetterei qualsiasi cosa che quelle due donne stanno parlando di me in questo momento. Almeno, spero lo stiano facendo.

Alla fine tacciono e la bella bruna inizia a osservarsi intorno con nonchalance, fissando tutto e tutti tranne me (perché, ovvio, la foto del panorama di Seattle appesa al muro è affascinante da morire). Okay, chiaramente lo fa apposta a non guardare qui; sta facendo finta che i suoi occhi non siano attratti da me come la calamita dal metallo. Continua pure, tesoro. Fa’ il tuo giochino. Ti aspetto.

Bene, lo sguardo della mora si sposta finalmente verso il bancone e verso di me.

Eccola.

Sta per guardarmi.

Ci siamo quasi.

Aspetta. Cosa? Gli occhi della bella bruna hanno già scrutato l’intero bar e mi hanno oltrepassato in un attimo… Troppo in fretta perché potessi ricambiare lo sguardo o anche solo sorriderle. E adesso sta parlando di nuovo con l’amica dai capelli rossi.

Guardo alla mia sinistra. Ci sono un uomo e una donna seduti di fianco a me e due sgabelli vuoti dopo di loro.

«Ehi, vi dispiace scalare?», chiedo a lui. «Vorrei due posti liberi di fianco a me». Indico con lo sguardo il duo all’ingresso facendo capire all’uomo le mie intenzioni e lui sorride.

«Certo», dice, alzandosi. «In bocca al lupo».

E questa mossa è l’invito che la rossa aspettava. Senza esitare, afferra il braccio dell’amica come se sgridasse un bambino fuori da un negozio di dolci e la trascina letteralmente verso i due sgabelli non occupati.

Vieni dal tuo paparino, dolcezza.

Mentre la bruna cammina verso di me tiene la testa bassa ed evita i miei occhi. In questo modo mi dà la possibilità di squadrarla senza farmi vedere: è stupenda. A un certo punto alza la testa e mi fissa… E non distoglie lo sguardo per un bel po’, abbastanza perché io mi renda conto di essere cotto a puntino.

Un brivido mi attraversa il corpo.

Le sorrido e il cuore mi martella nel petto.

Lei ricambia e abbassa in fretta lo sguardo mentre arrossisce, ma io ho già visto il mio futuro nei suoi occhi, come se avessi guardato dentro una sfera di cristallo: sto per diventare il Capitano Achab e questa bellissima donna la mia balena – e, naturalmente, il nostro destino è già scritto.