Prologo
«Penso di averle messo una mano sulla bocca…».
«Non dirlo. Non pensarci nemmeno. Non faresti mai una cosa simile».
Le ragazze siedono immobili nella stanza piena di sangue e dolore, con il cuore che martella nelle orecchie. Da qualche parte risuona il ticchettio di un orologio. Un uccello canta…
Tre ragazze. Una morta.
Solleva gli occhi per guardarsi allo specchio. Ha la faccia bianca come un lenzuolo. Sotto lo specchio, sullo scaffale blu, la fila di conchiglie. Non riesce a guardarle. Lo shock di ciò che è familiare. Le conchiglie…
Le aveva raccolte l’estate prima, durante le vacanze, lavate con cura nel lavandino della cucina e lucidate una a una. Ricorda la sabbia tra le dita dei piedi, l’odore del mare e il sale sulle labbra. Rivede i suoi genitori che la salutano dalle sdraio a righe rosse e bianche e ricorda la profonda gioia che aveva provato.
«Oddio! Cosa facciamo? Andrò all’inferno? Brucerò nelle fiamme eterne?».
La voce dell’amica le giunge attutita, come se fosse sott’acqua. Guarda la bambina, le sue labbra blu, tutto quel sangue, e si rende conto che la felicità sulla spiaggia era soltanto un inganno. Un momento fugace che ormai se n’era andato.
Come la loro infanzia.
Andata per sempre.