Capitolo 7
Beth – Adesso
«Ho bisogno di un favore». La voce di Sally è un sussurro nel mio orecchio. La camera è buia, le tende ancora chiuse. Scosto il telefono per guardare il display.
«Sally, sono le sei di mattina!».
«Davvero? Mi dispiace, pensavo fosse più tardi. Sono un po’ agitata».
«Rimani in linea». Guardo Adam accanto a me che si gira su un fianco, apparentemente ancora addormentato, mi alzo piano dal letto e vado nel ripostiglio che uso come ufficio.
«Forza, spara la notizia. Scommetto che hai deciso di andare in tribunale». Un’altra occhiata al telefono mi informa che ho ricevuto dodici nuovi messaggi da Crudelia. Mancano quattro giorni all’inizio delle riprese e devo ancora trovare un ospite.
«No, niente tribunale, Beth. Abbiamo risolto tutto ieri sera con un accordo di compromesso. Puoi prenderti un permesso dal lavoro?»
«Oggi?». Sbadiglio, pensando ancora una volta a Stella. Devo trovare una donna il cui marito abbia avuto una relazione con una ragazza alla pari e sia disposto a parlarne davanti alla telecamera. Entro mercoledì.
«Sono ancora molto indietro, Sal».
«Ti prego. Soltanto un paio d’ore. Posso passare a prenderti dopo che hai portato a scuola i bambini. Verso le dieci ti va bene?»
«D’accordo».
Quando la sua auto si avvicina con la radio a palla, mi rendo conto che è ancora peggio di quanto pensassi. Sta piovendo, e Sally, che detesta il freddo, ha abbassato il tettuccio. Inoltre non è truccata – cosa piuttosto insolita per lei – e indossa i pantaloni da lavoro macchiati dalla pittura color magnolia con cui ha ridipinto le pareti della cucina.
«Ti avevo detto di metterti dei vestiti vecchi», dice.
«È quello che ho fatto. Secondo mio marito, non indosso altro». Nemmeno un sorriso. Niente. Alza invece ancora di più il volume della radio, che sta trasmettendo una canzone di Adele. Mi piace Adele, ma non a questo volume e con la pioggia che picchietta sul parabrezza.
«Cosa sta succedendo, Sal? Perché tutto questo mistero? Dove stiamo andando?». Ma lei non mi sente e innesta la marcia come se fosse in una sorta di trance. Mi chiedo se la sua ossessione per il passato e la recente perdita del lavoro non siano state troppo per lei e le abbiano fatto perdere definitivamente la ragione.
Il nostro paese si trova poco distante da Plymouth, dove Adam insegna storia in uno dei licei più grandi. Sally svolta nella direzione opposta, verso il South Hams, e poi infila una stradina stretta per Bigbury.
«Stiamo andando in spiaggia?»
«Come?»
«Stiamo andando a Bigbury?»
«Mi dispiace, non ti sento». Sta tamburellando sul volante al ritmo della canzone di Justin Bieber trasmessa ora dalla radio.
«Puoi abbassare un po’, Sally?»
«Come?».
Ci rinuncio e le faccio segno con la mano che non importa. Dobbiamo accostarci più volte al bordo della strada per far passare le macchine che procedono nell’altro senso. E mentre sto pensando che se vivessi in un posto simile diventerei molto aggressiva al volante, Sally svolta all’improvviso in un vialetto e si ferma davanti a una fila di cottage.
Spegne finalmente la radio, scende dall’auto e si toglie gli occhiali da sole. «Allora, cosa ne pensi?»
«Scusami, ma non ti seguo. Di cosa stai parlando?»
«Dei cottage».
Sally si fa strada attraverso le ortiche e si avvicina alle costruzioni, a una decina di metri dal vialetto, facendomi cenno di seguirla.
Ci sono quattro cottage, completamente diroccati. Alcune finestre sono coperte con assi di legno, altre sfondate. Sono piccoli, con il tetto di paglia e pittoreschi come quelli sulle scatole dei cioccolatini, ma chiaramente inagibili.
«Allora, cosa ne pensi?», ripete Sally.
«Non capisco la domanda».
«Non li trovi favolosi?».
Guardo di nuovo i cottage e cerco di capire cosa diavolo abbia in mente.
«Immagino che potrebbero essere carini, ma ci sono molti lavori da fare. Perché?»
«Li ho comprati, Beth. Tutti e quattro». E per evitare la mia prima reazione, si volta e avanza cautamente tra i rovi e le ortiche verso il retro dei cottage.
La seguo, rimpiangendo di non avere accettato il suo consiglio e indossato vestiti davvero vecchi.
«Li hai comprati dopo avere appena perso il lavoro? E con cosa li hai pagati?»
«La mia liquidazione, i soldi che ho messo da parte e quelli che mi ha lasciato papà. Un investimento fantastico, non trovi?».
Il retro dei cottage è conciato ancora peggio. Ci sono piccoli giardini rettangolari con cadenti bagni esterni. Manca una parte del tetto e immagino i danni causati dall’umidità all’interno.
Sally, che vive in un appartamento costruito appositamente per lei con un frigorifero per i vini e due bagni con doccia nel quartiere Barbican di Plymouth, ha chiaramente perso la ragione. Forse ha ripreso a bere come in quelle terribili settimane dopo la perdita del figlio. Potrebbero anche essere un buon investimento, ma il mercato è diventato sempre più precario e le nuove, severe regole fiscali hanno gettato nel panico molti proprietari. Tutti dicono che i bassi tassi di interesse non possono durare.
«Vieni, andiamo a vedere dentro. Ho una chiave, ma non penso sia necessaria». Sal scosta le ragnatele e si infila nel varco della porta crollata.
«Mi sorprende che non ci siano squatter», dico. «Avrebbero dovuto chiuderli con delle assi». Scosto anche io le ragnatele e la seguo all’interno, dove capisco perché non è entrato nessuno. Il pavimento è inondato dalla perdita sul tetto e c’è un odore che mi è molto familiare.
«Cristo, che puzza! È la stessa…».
«…della scuola», risponde Sal con un sorriso. «Sì, ma ho fatto controllare tutto. Quando avremo riparato il tetto non ci saranno più infiltrazioni. È tutta pietra. Solida roccia», spiega dando una pacca al muro.
«Avremo riparato?»
«La maggior parte dei lavori li farà il costruttore che me li ha venduti», risponde, guidandomi attraverso la cucina nella stanza sul davanti. «Guarda un po’ qui! Il vecchio forno dove cucinavano il pane. Non riesco a credere che nessuno sia entrato e lo abbia distrutto… guarda!». Spazza via lo spesso strato di polvere che copre il forno. «Negli altri cottage li hanno coperti con delle assi e sostituiti con orribili caminetti moderni, ma possiamo ancora recuperarli».
Sembra che Sal sappia di cosa sta parlando, e questo è strano. Certo, è un perito, conosce le proprietà immobiliari, ma non ha mai manifestato il minimo interesse per i progetti di sviluppo e ristrutturazione. È specializzata in appartamenti acquistati a scopo di investimento e immobili affittati agli studenti.
«E allora perché il costruttore li ha venduti? Non capisco».
«Aveva accumulato troppi debiti e aveva bisogno di contante, così ha abbandonato questo progetto per salvarne due più importanti». Sally si siede nella nicchia sotto la finestra, fa dondolare le gambe e mi spiega che il precedente proprietario era un contadino che, per via di una complessa disputa di famiglia, non poteva venderli prima della morte della moglie. È per questo che nessuno se li è accaparrati negli anni in cui il mercato era più dinamico.
Sento il sangue pulsarmi nelle orecchie. «Ma… Sal. Tu sai meglio di chiunque altro com’è il mercato in questo momento».
«Appunto, ed è l’unica ragione per cui mi sono potuta permettere di comprarli. Se il mercato fosse più solido, i soldi non mi sarebbero bastati. Il costruttore stava per metterli all’asta e così gli ho fatto subito un’offerta in contanti», risponde Sal con un sorriso da un orecchio all’altro.
«Ma ti ci vorrà tutta l’eredità. Rimetterli a posto ti costerà una fortuna. E poi i tetti di paglia non si possono assicurare. Dovrai dedicare tutto il tuo tempo a questo progetto, anni e anni di lavoro…».
«Oh, Beth», risponde lei scuotendo lentamente la testa. «Non essere così preoccupata. Ti prego, cerca di essere entusiasta per me».
Mi sforzo di sorridere, ma Sal ha ragione, sono preoccupata. Ho paura che perda tutti i soldi della liquidazione, i risparmi e l’eredità. Mi immagino già mentre cerco di convincere Adam a riconvertire il nostro loft per ricavarne un piccolo appartamento per lei quando finirà in bancarotta e resterà senza casa.
Sal fa oscillare di nuovo le gambe e si dà una spinta per scendere dalla nicchia sotto la finestra. «Usciamo. Dai giardini si vede il mare. Guarda, Beth. Non è fantastico?».
La seguo lungo il muro di pietra ed è a quel punto che lo vedo. Non il mare, ma l’albero. Una splendida magnolia non visibile dall’altro lato.
Tutte le mie paure e la mia disapprovazione svaniscono all’istante e mi immagino Sally che visita quei cottage giusto per passare il tempo, un innocuo sogno impossibile. Nulla di serio o pericoloso, soltanto una distrazione. E poi vede quella magnolia e la interpreta come un segno del destino.
Anche Sal guarda l’albero, sapendo esattamente a cosa sto pensando. E ricordo un migliaio di fotografie di lei con i miei ragazzi, i sorrisi e l’amore che ha portato nelle loro vite. Il cuscino scorreggione che ha regalato a Sam per il suo terzo compleanno. Il giorno in cui è arrivata con i biglietti del concerto della band preferita di Harry, che all’epoca aveva soltanto sei anni, e quando io avevo protestato che era troppo piccolo e i decibel gli avrebbero danneggiato l’udito, lei mi aveva risposto che dovevo darmi «una calmata, per l’amor di Dio».
Ricordo quando mi avevano chiamata da un negozio per dirmi che Sally era stata sorpresa a rubare. Una confezione di tutine da neonato. Tre settimane dopo aver perso il figlio. Grazie a Dio l’addetto alla sicurezza aveva anche lui una famiglia e un cuore, e l’aveva lasciata andare…
La verità è che Sal sarebbe stata una madre fantastica. Molto migliore di me.
Guardo i cottage e poi di nuovo la magnolia, dicendomi che è il vento a farmi venire gli occhi lucidi. «È un progetto brillante, Sal. Davvero brillante».
Una bugia. Ma come posso biasimarla se ha bisogno di questa distrazione? Qualcosa che la tenga impegnata, che scacci le immagini che stanno ossessionando di nuovo le nostre vite.
Le candele. La bambina con le labbra blu…
«Allora, mi aiuterai? A pianificare tutto, voglio dire».
Annuisco e seguo il suo sguardo verso il mare, dove i cavalloni bianchi si alzano e si infrangono come per applaudire il suo coraggio.