Capitolo 24
Carol – Adesso
Sabato
Oggi ho portato Emily al mercato, lasciando che contrattasse lei i prezzi – per fare pratica con il suo francese (che è già molto buono) – e le ho regalato un piccolo braccialetto al banco di Madame Bresain. Economico ma molto carino.
E poi lei ha detto qualcosa di molto strano. E anche piuttosto offensivo, benché sappia che non era nelle sue intenzioni. Mi ha chiesto perché a casa mia il telefono non suona mai, né quello fisso né il cellulare. A casa di sua madre, invece, suona tutto il giorno: amici, parenti, parrucchieri, fornitori. Non riesce a capire la quiete che regna da me. Perché nessuno viene mai a trovarmi?
È stato come uno schiaffo in piena faccia, per di più da parte di una ragazzina così piccola, che fa anche lei una vita di merda. E così le ho mentito. Le ho detto che tutti i miei amici e i miei parenti sono ancora in Inghilterra e che quando vado laggiù li vedo tutti i giorni.
«Oh, capisco…», ha risposto lei nel tono di chi ha capito fin troppo bene.
Così ieri notte sono salita in soffitta e ho aperto la scatola che non toccavo da anni. Come Dorian Gray. L’ho nascosta per bene sotto una pila di tende, e la polvere mi fa mancare il respiro. Ma è ancora tutto lì. Al sicuro.
La cartolina di Whistler. E anche quella fotografia scattata a Parigi che volevo postare ma che poi non avevo fatto. È sconvolgente vedere com’eravamo giovani Sal, Beth e io. Come sembravamo innocenti e normali.
Lunedì
Oggi Emily ha rovistato in casa e ha trovato i miei acquerelli. Non avevo pensato a nasconderli. All’inizio ero imbarazzata, ma lei non stava in sé dall’eccitazione. A quanto pare anche Emily dipinge, sebbene dica di preferire i disegni a penna e inchiostro. Il suo stile è più il bianco e nero.
Mi ero dimenticata che nella scatola ce n’erano così tanti, alcuni di quando avevo appena cominciato a dipingere. E poi lei mi ha fatto prendere il cavalletto, i pennelli e tutto l’armamentario e siamo uscite in giardino a disegnare la vista da sotto la vite. Emily è piena di entusiasmo, paziente e molto attenta.
Ma poi tutto è andato orribilmente storto.
Ha trovato due quadri che avevo iniziato anni fa. Nel primo cercavo di copiare Whistler con pennellate grigie e rosa sopra le tre figure e l’albero a matita. Il secondo era una campanula in un vaso.
«Cosa sono questi? Sono bellissimi!».
«Non è niente. Ridammeli».
All’improvviso mi sono sentita cedere le ginocchia perché non ci avevo più quasi pensato, non da quando lei è qui.
Mi sono sentita sprofondare nel panico e, con il cuore che mi martellava nel petto, le ho mentito.
Le ho detto che non poteva venire la mattina dopo perché avevo da fare.
Giovedì
Domani Emily tornerà a casa e mi sto dicendo che forse è meglio così. Stiamo fingendo tutte e due di non essere turbate dall’imminente distacco e lei mi ha posto una condizione: prima che parta devo riuscire a finire tre vasche a delfino.
Un’impresa non da poco. Le dico scherzando che allora forse è meglio che resti, ma non so se è davvero uno scherzo. Sono molto preoccupata per lei. Il divorzio. E poi ho paura di essermi irritata troppo per quei quadri. Emily mi mancherà.
Ella è passata a trovarmi con un mazzo di fiori per ringraziarmi di essere stata così gentile con la storia della piscina e ha detto che verrà riparata prima dell’arrivo dei prossimi ospiti.
In presenza di Ella, Emily era diversa, e la cosa mi aveva fatto piacere. Non mi sarebbe piaciuto se con gli altri si fosse comportata come con me.
Venerdì
Emily partirà con il volo della sera e così è venuta per una breve visita questa mattina. Ci siamo salutate sforzandoci entrambe di trattenere le lacrime. Ho fatto le mie tre vasche a delfino e lei ha detto che lo stile era penoso ma che per una della mia età non andava poi così male.
E poi mi ha dato qualcosa che mi ha quasi commosso: un sassolino dipinto da lei come regalo di ringraziamento. Su uno sfondo azzurro chiaro c’erano dei delfini che saltavano tra le onde. Era proprio ancora una ragazzina. E mi sono domandata se quando ci siamo conosciute, anche Sal, Beth e io eravamo così? Così giovani?
Non riuscivo a parlare.
Lei mi ha chiesto se poteva scrivermi o telefonarmi. Magari un giorno venire anche a trovarmi.
E soltanto allora ho capito di avere paura che lei mi conosca troppo bene, che ci possano essere dei momenti, come quando ha scoperto quei quadri, in cui riuscirà a scorgere la verità dentro di me. L’oscurità e le tenebre. Non posso correre questo rischio.
Non posso proprio.