Capitolo 5
Beth – Adesso
Non l’ho detto a Sally, ma ho già cercato Carol. Non seriamente, non come ora. Timide indagini che quando erano rimaste senza frutti avevo lasciato perdere. Con delle scuse. I figli. Il lavoro. Adam. Il suo diritto di scegliere.
E adesso?
Dopo una settimana in cui le ho provate tutte, non ho potuto fare altro che confermare ciò che dentro di me già sapevo. Che Carol non vuole essere trovata, che non va bene per niente. Che gli operai che abbatteranno il convento di St Colman distruggeranno anche le nostre vite.
Seduta al tavolo di Julio’s mi chiedo come dire a Sally quello che ho fatto, quando…
«Ah! Miss Houdini».
Maledizione.
«Speravo proprio di incontrarti. Hai ricevuto i miei messaggi?»
«Come?»
«I genitori gay, Beth? Ho davvero bisogno di sapere cosa faremo».
Le teste si voltano verso di noi. Mio Dio. L’ultima aberrazione politicamente scorretta delle trasmissioni via cavo che il mio capo, Stella, chiama scherzosamente L’incontro delle menti: un programma che a suo dire si incentra sull’empatia e che fa vivere a sei persone un’esperienza comune, ma che in realtà è una penosa versione datata e a basso budget del peggiore talk show della storia della televisione.
«Hai scoperto qualcosa su quel travestito?»
«Ci sto lavorando, Stella».
«Bene. Lo so che hai dei dubbi e che per te è soltanto uno stupido reality, ma i talk show stanno tornando alla grande. Ciò di cui ha bisogno la gente è un po’ di empatia… Credimi, Beth… empatia».
Fisso la sedia vuota di fronte a me.
«Per l’amor di Dio, stai tranquilla, tesoro. Non mi unirò a voi. Mangio un boccone e poi devo scappare. Mi farai sapere qualcosa su quel travestito? Domani… al più tardi?»
«Certo, Stella. Ci sto lavorando. Te lo prometto».
«Bene. Buon appetito».
E poi se ne va. Torna al suo iPad e al tavolo stracolmo di cibo che ingurgita avidamente, a differenza dei poveri ospiti in studio, selezionati personalmente da me, costretti a sedere attorno a un tavolino carico di dolci che non possono toccare.
«Non mangiate i dolci», ripetiamo all’inizio di ogni registrazione. La causa che ci hanno intentato dopo l’episodio pilota, quando il direttore artistico ha spezzato due costole a una donna che stava soffocando con i maccheroni praticandole la manovra di Heimlich, non è ancora stata risolta.
Sgranocchio qualche grissino mentre dall’altra parte della sala Stella si abbuffa di vitello in salsa. Per un istante penso che mi piacerebbe mandarla al diavolo. Ma mi dimentico di me stessa, dimentico l’amara carta vincente della convenienza. Io posso lavorare da casa. Devo subire l’orrore dello studio soltanto due volte al mese. Ed essendo una ricercatrice freelance, ho un disperato bisogno di guadagnare.
«Sally non è ancora arrivata?». Julio mi ha portato un gin tonic e mi fa un cenno interrogativo con la testa indicando Stella.
«La boss folle. Qui la chiamiamo Crudelia».
Mi fa l’occhiolino e dice al cameriere di rabboccarmi il bicchiere quando l’avrò finito prima di dirigersi verso la cucina.
Controllo l’orologio e poi guardo la nostra fotografia di compleanno sulla parete. E continuo a fissarla finché non ho gli occhi lucidi e riaffiorano i ricordi.
Un altro ristorante. Un altro compleanno. Candele. «Esprimi un desiderio, Beth. Chiudi gli occhi».
Ma questa volta non c’è una torta rosa. È al cioccolato. Molto più elaborata.
Sono nell’Essex ed è il mio trentesimo compleanno. L’ultima volta che siamo riuscite a vedere Carol. Com’è possibile che sia passato tanto tempo? Sam è un lattante e Harry ancora un bebè. I soldi scarseggiavano, allora, ma c’erano festoni e palloncini. E cibo italiano. Anche se non mi sto divertendo perché è quasi mezzanotte. Carol non si è ancora fatta viva.
In sottofondo sento Adam che cerca di sollevarmi il morale. Anche Sal ci prova. «Forse la macchina a noleggio si è guastata. Oppure l’aereo era in ritardo».
«Avrebbe telefonato». Guardo attraverso la fessura della tenda che copre la porta del ristorante, il brusio nella sala mi fa pulsare la testa. La tenda è coperta di polvere e ogni volta che la scosto per guardare meglio la strada, si sollevano particelle che mi irritano la gola.
Penso che dovremmo chiamare qualcuno. Sua madre? Gli ospedali? «Ha detto che sarebbe venuta, Adam».
«Lo so, tesoro, ma il viaggio dalla Francia è lungo e potrebbe avere avuto un contrattempo».
«Aveva promesso di venire». La polvere mi irrita ancora la gola.
«Coraggio, Beth! Abbiamo una sorpresa», dice Sally, seduta accanto a Adam.
Li seguo e mi mostrano una torta a forma di pianoforte – un capolavoro di pan di Spagna e crema – e sono commossa dalla sollecitudine di Sally, alla quale avevo detto scherzando che avrei ripreso le lezioni di piano.
Mi fotografano accanto al dolce mentre faccio finta di suonare i tasti di crema e cioccolato con Sal radiosa al mio fianco, e soltanto quando la foto viene stampata e incorniciata sopra il pianoforte di seconda mano della nonna, con i tasti ancora impolverati, mi rendo conto di come Sal e io siamo tese. I sorrisi sono falsi. La nostra prima fotografia di compleanno senza Carol.
E poi, a mezzanotte e mezza, torno alla porta e sono la prima a vederli. Una scintillante BMW decappottabile parcheggia proprio davanti al ristorante con una manovra impeccabile.
Alla guida c’è il nuovo ragazzo di Carol, Ned, che ho incontrato soltanto un paio di volte. Alto e sorridente. E anche ricco, a quanto pare. Per un istante mi si risolleva il morale. Immagino che si profonderanno in scuse mortificate e poi ci saranno baci, abbracci, champagne e rifaremo la fotografia. Ma non lo fanno. Restano seduti in macchina.
E poi, senza rendersi conto che la sto guardando, Carol trae un lungo, profondo respiro prima di aprire la portiera. Ho rivisto quel momento un’infinità di volte, inspirando a fondo anch’io, per cercare di giustificare il suo gesto, di spiegarlo. Ma non c’è possibilità di equivoco. È quel tipo di respiro che si fa prima di tuffarsi in acqua o di iniziare un colloquio di lavoro, per farsi coraggio prima di affrontare qualcosa di spiacevole ma inevitabile.
Ricordo che all’inizio mi ero arrabbiata, pensando che fosse venuta soltanto per compiacermi. Ma no. È peggio di così.
Carol entra sfoggiando un falso sorriso e borbotta delle bugie sui ritardi all’aeroporto e i problemi con l’auto a noleggio. Ned non smette di sorridere. «Non importa… adesso ci siamo tutti. Guarda che torta! Uau! Chi l’ha fatta?».
Dopo una ventina di minuti Carol si lamenta del mal di testa. Ned le suggerisce di prendere un’aspirina. «Aspetta una mezz’ora e vedi se stai meglio». Poi la prende da parte e sembra che la implori. Le accarezza il viso come se volesse incoraggiarla, ma lei scuote la testa e afferra il cappotto.
«Mi dispiace tanto, Beth, ma questo mal di testa è terribile. Se non mi sdraio un po’ continuerà a peggiorare…».
Prima di uscire Carol dice che mi chiamerà, ma dalla sua espressione capisco che non lo farà. E mi rendo conto, con una fitta di panico, che non è venuta per compiacermi ma per qualcosa di completamente diverso, che non capisco.
Per dirmi addio? Dopo tutto quello che abbiamo vissuto insieme in questi anni. Dopo quello che abbiamo fatto. Il segreto. La promessa.
La nostra promessa.
Perché adesso? Perché la sta cancellando adesso?
«Tutto bene, Beth?». Sally è accanto al tavolo, con due menu in mano. Mi ci vuole un po’ per tornare al presente. Julio’s. E uno sguardo per constatare che il mio capo è ancora qui.
«Scusa. Sì. No. Be’… non so». Urto con la mano il vaso dei fiori e Sally lo ferma prima che si rovesci l’acqua. Poi si siede lentamente e lo sposta sul tavolo vicino.
«Allora, come va? Stai cercando di rintracciare Carol?».
Scuoto la testa, sussurrando che le ho provate tutte. Un muro di mattoni. Nessuna presenza sui social media. Nulla su sua madre. Ho chiesto dappertutto a Brighton. L’ufficio postale. Le lavanderie. Le palestre. Si sono trasferite ma nessuno sa dove. È come se fossero scomparse.
«Magari non le è successo nulla. Si è trasferita e non vuole…».
«…essere trovata», concludo fissandola negli occhi. «Scusa. Non volevo che mi uscisse così». Le indico l’altro lato della sala. «Stella è qui. Mi rende nervosa».
Sally versa il vino e per qualche istante rimaniamo in silenzio. Anche lei sembra sfinita come me.
«Dormi abbastanza, Sal?».
«Hai provato a cercare Ned? Era un uomo di successo, con proprietà immobiliari. Doveva essere come minimo un imprenditore. E quelli come lui hanno sempre un sito web o sono su LinkedIn».
«Senza il cognome non è facile rintracciarlo».
«Mattings? Mattlings? Matthews? Oh, maledizione… Non lo so». Sally scuote la testa. Carol non stava da molto con Ned quando è scomparsa. Le sue relazioni non duravano mai a lungo e così controllare il suo cognome non mi era parso importante.
Tiro fuori il telefono e apro la pagina. «Non voglio farti arrabbiare, d’accordo? E potrà sembrarti drastico. Ma ho sempre pensato che se l’avessimo voluto davvero saremmo riuscite a trovarla».
Le passo il telefono e lei comincia a leggere strizzando gli occhi. «Sei completamente fuori di testa, Beth! Un investigatore privato?», sussurra in preda al panico restituendomi il telefono.
«Ascoltami Sal, so quello che stai pensando ed è dura anche per me, ma ho davvero bisogno di sapere cosa vuole fare».
«Non vorrà fare niente, Beth. Questo lo sai».
«Voglio che sia lei a dirmelo. Soltanto allora la smetterò». Il mio cuore accelera e faccio una pausa. «E in ogni caso, potremmo non avere altra scelta…». Penso di nuovo ai lavori al convento, a un poliziotto che bussa alla porta e allo shock di Adam. Tutta la mia vita si sta sbriciolando.
Per un istante i miei occhi incontrano quelli di Sal, ma poi lei respira a fondo e guarda prima il soffitto e poi il tavolo. Tra di noi c’è una candela con la fiamma che tremola per la corrente d’aria che proviene dalla porta della cucina. Rivedo le tre candele che avevamo acceso insieme in una chiesa in quell’orribile giornata di tanto tempo fa. E immagino che anche Sally le riveda nei suoi sogni, anche se non oso chiederglielo. Stiamo fissando entrambe la fiamma quando il cameriere apre con il piede la porta reggendo un grande vassoio.
Sally riprende il telefono. Questa volta legge più attentamente e vedo le sue pupille dilatarsi. «Ti rendi conto che un investigatore privato farebbe un sacco di domande?»
«Escogiterò qualcosa. E potremmo dividere le spese, Sally. E se ti preoccupa doverti assentare dal lavoro, lo farò io al posto tuo…».
L’espressione di Sally cambia di nuovo e capisco che vuole dirmi qualcosa.
La conosco troppo bene.
«Che cosa c’è, Sal? Cosa vuoi dire?».
Lei beve un lungo sorso di vino. «Ho perso il lavoro, Beth». Il suo tono è di sorpresa, scandisce ogni parola come se la udisse per la prima volta. Come se le parole fossero fragili e potessero frantumarsi. «Come se non avessimo già abbastanza di cui preoccuparci, quei bastardi mi hanno appena licenziata».