Capitolo 45
Beth – Adesso
Adam ha cercato di convincermi a lasciarlo venire con noi domani al convento, ma non sta abbastanza bene. Si stanca facilmente, è ancora confuso e il dolore alla gamba gli impedisce di dormire, e così ha accettato a malincuore il mio compromesso di farci accompagnare da Matthew, che ci consiglierà e ci aiuterà.
Ho scoperto che Sally e Matthew hanno parlato a lungo la notte dopo che ero andata a trovarlo nel suo ufficio. E alla fine sono rimasti a dormire in uno dei cottage perché erano troppo stanchi e avevano bevuto troppo per guidare fino a casa. Sally non sa se funzionerà a lungo termine, ma sembra che entrambi vogliano provarci e questa è una buona cosa.
Mi dispiace molto averlo giudicato male, ma come abbiamo imparato troppo tardi, la paura è un pericoloso compagno di letto.
Stanotte non dormirò, ovviamente. Ricordo che quando ero piccola facevo un gioco strano. Fingevo di essere sul punto di fare qualcosa di eclatante, tipo urlare a squarciagola in mezzo a un supermercato o tuffarmi in un fiume in piena. E poi immaginavo tutte le conseguenze. Lo shock dei clienti del supermercato. Le operazioni di salvataggio. Ero affascinata in un modo oscuro e malsano dall’idea che basta una manciata di secondi per cambiare il corso di una vita. E questa notte è lo stesso. Una semplice scelta che può farmi trapassare dal noto all’ignoto.
Voglio sapere se ci scopriranno presto o se possiamo ritardare la confessione.
Cerco di immaginare come si svolgeranno le cose alla stazione di polizia quando rilascerò la mia deposizione e lo dirò a voce alta a degli estranei. Mi denunceranno? Finirò in tribunale?
Per il momento, il mio dolce Adam ce la sta mettendo tutta. Un borgogna bianco che costa un occhio della testa. Avevo bisogno di tenermi impegnata e così ho trascorso tutta la giornata in cucina a preparare una cena speciale. Come una ridicola ultima cena. L’ultimo pasto normale in famiglia?
Mia madre verrà a dare una mano durante la mia assenza, ma mi rendo conto che coinvolgerla in questa storia mi spaventa.
Adam pensa che dovrei raccontarle subito quello che successe a scuola, prima che decidiamo quando dirlo alla polizia. Ma su questo non siamo d’accordo. Per lei sarebbe troppo sconvolgente. Siamo state noi a sbagliare, ma lei non potrebbe fare a meno di sentirsi responsabile. Troverebbe di certo un modo per incolparsi e io non lo sopporterei. Non prima di avere fatto la mia parte.
Matthew ci ha spiegato con calma e grande senso pratico cosa dobbiamo fare domani. Se gli operai stanno già scavando nel bosco e c’è il pericolo reale che trovino i resti della bambina, andremo alla polizia subito dopo la festa e lui ci darà istruzioni su come comportarci. E ci dirà anche quanto tempo ci vorrà per le analisi forensi, in base alle quali decideranno se incriminarci o meno. Ha detto anche che i resti non forniranno molti elementi utili all’inchiesta. Potranno fare un test del DNA, ma difficilmente riusciranno a stabilire quante settimane aveva o qual era il suo sesso. Matthew ha interpellato alcuni dei suoi contatti alla polizia e ci ha elencato le nostre opzioni.
Se gli scavi non sono già iniziati, piano B: torneremo a casa e decideremo quando confessare. La mia paura maggiore, quello che voglio evitare a tutti i costi, è che la polizia si presenti a casa di Carol in Francia senza che io possa avvisarla. Oltre all’eco che i media daranno alla notizia.
Detto questo, mi rendo conto del paradosso di andare domani a scuola con una videocamera, ma sono convinta che è il modo migliore per avere accesso al cantiere e ai progetti senza che qualcuno si insospettisca. La mia speranza è che le norme per la tutela della foresta abbiamo impedito gli scavi nell’area dove c’è la tomba. Ho cercato ripetutamente di avere più particolari dalla scuola al telefono, ma sono stati molto vaghi e hanno detto che quando arriveremo potremo filmare tutti i progetti.
Nel frattempo continuo a essere assillata dai ricordi, che si accavallano nella mia mente procurandomi un senso di oppressione. Il bagno. Il sangue. Le conchiglie.
Ogni volta che rivedo quella scena penso a quando sono nati i miei figli. Sedici ore di travaglio infruttuoso con Sam prima del cesareo d’emergenza. Ricordo la sensazione di sollievo quando ho visto la sua bella testolina con i capelli neri e gli occhi enormi, e ricordo di essermi chiesta se tutti i neonati a termine erano così piccoli.
«È normale?», continuavo a domandare all’infermiera. «Non è troppo piccolo?».
È in quel momento che la bomba a orologeria ha ricominciato a ticchettare dentro di me. La maternità ha scatenato di nuovo la follia. Mi chiedevo quanti anni avrebbe avuto la minuscola bambina di Carol.
Quando è nato Harry è stato molto più rapido. Quattro ore di travaglio e poi è schizzato fuori così in fretta che l’ostetrica l’ha preso al volo.
Ancora una volta ero ossessionata dalla taglia. «È normale? Sembra così piccolo…».
E ricordo anche il sollievo quando ho saputo che era un altro maschio, inconsapevole fino a quel momento di quanto mi avrebbe terrorizzata tenere tra le braccia una minuscola bambina.