Capitolo 19

Matthew – Adesso

Matthew controlla l’orologio. Quindici minuti in anticipo. Tamburella la mano destra sul volante e poi accende la radio; c’è un quiz musicale. La spegne.

Sente una macchina svoltare l’angolo del parcheggio. Si volta e sgrana gli occhi. No, falso allarme. Una coppia anziana con un Golden Retriever nel retro di una Volvo station wagon.

Si controlla la faccia allo specchio e si passa le dita tra i capelli. Sono molto ricci e deve tenerli corti, non ha mai avuto un taglio diverso come tutti i suoi amici da giovani. Piega la testa a sinistra e poi a destra. Avrebbe preferito che fossero più scuri. Il colore chiaro viene dal lato materno della famiglia. Si chiede se Sally lo trovi attraente, qualunque cosa significhi quella parola. Matthew non ne ha idea. Accende la radio, dimenticandosi di averlo già fatto. La spegne di nuovo.

Cinque minuti più tardi una Polo metallizzata svolta l’angolo. Sally lo saluta con la mano e posteggia accanto all’auto di Matthew.

Lui scende e le sorride. Lei è vestita in modo informale, il verde scuro della giacca cerata e la sciarpa a righe dai colori accesi fanno risaltare i suoi occhi radiosi. Per un istante c’è un silenzio imbarazzato. Matthew non riesce a decidere se è il caso di baciarla sulla guancia. No.

«Hai trovato facilmente il posto?», le chiede con le farfalle nello stomaco. «Scusa, dimenticavo che anche tu sei una sorta di detective».

Lei ride e poi respira a fondo, guardandosi attorno e mettendo le mani in tasca. «Non vedo nessun lago».

«È oltre la foresta. Te lo mostrerò. Camminiamo un po’ e poi io tornerò indietro per prendere il picnic?»

«Certo. Sono nelle tue mani».

Alla fine Matthew aveva rinunciato al suo posto preferito sul Dartmoor perché era troppo isolato e lei avrebbe potuto fraintendere. È contento di avere optato per il parco di Stover Country, che in questo periodo dell’anno a metà settimana è poco frequentato ed è sempre molto suggestivo. C’è un sentiero che costeggia il lago, popolato da varie specie di uccelli e tavoli da picnic disseminati tra gli alberi con splendide vedute e gli scoiattoli che scorrazzano tutt’intorno.

Ci mettono soltanto mezz’ora a fare il giro del lago, con Matthew che le indica le varie specie avicole. E poi, all’improvviso, lui vede due grandi cigni avanzare verso la sponda. Vorrebbe che facessero dietrofront, ma sembra stiano fissando proprio lui. Come se avessero scoperto il suo segreto, escono dall’acqua e zampettano nella sua direzione.

Matthew indietreggia e allunga una mano per segnalare a Sally di non muoversi.

«Hai paura dei cigni, Matthew?»

«Certo che no». Eppure è visibilmente spaventato. «Ma possono essere molto imprevedibili. Potrebbe esserci un nido qui vicino», dice, continuando ad allungare la mano per proteggere Sally.

«Non sono pericolosi», dice lei. «Non come le oche. Loro non attaccano».

«Hanno becchi molto grandi, Sally».

Lei scoppia a ridere. «Hai paura di loro…». E avanza ridendo verso i due cigni facendo sciò con le mani. Loro si spostano di lato continuando a fissare Matthew.

«Non gli piaccio. Guarda come mi stanno fissando».

«Sono soltanto curiosi», dice Sally prendendolo sottobraccio e superando i cigni.

Lui sente il cuore battere ancora un po’ troppo in fretta e gira la testa per tenerli d’occhio finché non sono a distanza di sicurezza. La verità è che i cigni gli piacciono soltanto quando sono in acqua. È la prima volta che li vede avventurarsi sul sentiero.

«Quando ero piccolo c’è stato un incidente con un panino al prosciutto», dice trasalendo al ricordo del cigno che all’improvviso si era avventato sul suo pranzo. Era un ragazzino su una panchina del parco e quell’enorme uccello gli aveva strappato il panino di mano.

Sally gli stringe il braccio scuotendo la testa divertita, e per la prima volta Matthew è grato per la sua fobia.

«Non dirlo a nessuno, mi raccomando. Potrebbe compromettere la mia immagine».

Decidono di fare un’altra volta il giro del lago prima che Matthew scelga un tavolo da picnic in mezzo agli alberi e vada a prendere il cibo in macchina. Lui ritorna con una tovaglia a quadri bianchi e blu che posa sul tavolo.

«Addirittura la tovaglia! Non scherzavi quando hai detto che fai le cose sul serio».

Matthew le sorride e tira fuori piatti, posate e contenitori di plastica. Pasticcio di maiale comprato in gastronomia. Insalata di patate fatta in casa. Salmone affumicato. Pane alle olive del suo panettiere preferito.

«Ho portato anche un po’ di bollicine, soltanto un bicchiere a testa, visto che poi dobbiamo guidare», dice Matthew arrossendo nel timore di avere osato troppo.

«Mio Dio! Champagne. Tu sì che sai goderti la vita!».

Per tutto il pasto conversano amabilmente sul loro passato e sulle loro famiglie. È come quella notte nel bar dell’albergo, quando avevano rievocato gli anni della scuola. Matthew è finalmente riuscito a rilassarsi, e quando hanno finito le bollicine, versa il caffè da un thermos.

Dopo il caffè l’atmosfera sembra inspiegabilmente cambiata. Le risposte di Sally diventano più secche. Continua a fissare il lago e a giocherellare con i capelli.

«Ho detto qualcosa di sbagliato?»

«No, no. Il pranzo era meraviglioso. Grazie». Fa un lungo sospiro. «Be’, in realtà c’è qualcosa, ma mi imbarazza un po’. Dopo tutto quello che ti abbiamo fatto passare, vorrei sfruttare ancora le tue competenze».

«Sfruttare le mie competenze?».

Adesso è lei ad arrossire.

«Allora, di cosa si tratta, Sally?»

«Non voglio che pensi che sono opportunista, Matthew. Che ho accettato il tuo invito soltanto per chiederti qualcosa. Non è così. Per niente».

Lui la fissa sconcertato.

«Dopo il nostro viaggio è successo qualcosa che ha molto preoccupato Beth». Sally fa una pausa aspettando la sua reazione. «Le ho detto che avrei chiesto consiglio a te, ma mi imbarazza parlarti di lavoro e non voglio che pensi che sono venuta qui soltanto per questo».

Matthew la guarda da vicino e coglie i segnali del linguaggio del corpo: le mani che non riescono a stare ferme, gli occhi che guizzano da destra a sinistra. «Perché non mi dici cosa è successo, Sally?»

«D’accordo. Allora, i due figli di Beth frequentano la stessa scuola. Il mercoledì, dopo le lezioni, giocano a calcio e lei li va sempre a prendere. Ieri la scuola ha ricevuto una strana telefonata, una voce femminile ha detto che Beth non poteva andare a prenderli e che al suo posto sarebbe venuta un’amica. Un’amica di nome Carol. La scuola ha chiamato Beth per controllare se era vero. Lei è andata a prenderli come al solito e la scuola ha promesso che le avrebbe segnalato se ci fossero state altre chiamate, assicurandole che non avrebbero consegnato i suoi figli a un estraneo…».

«Cristo!». Matthew si passa la mano tra i capelli. «Come ha reagito la scuola? Ha segnalato l’episodio?»

«Beth non ha voluto che lo riferissero alla polizia e io le ho detto che avrei chiesto il tuo consiglio».

«Quando ci sono di mezzo dei bambini, non è una bella cosa».

«No, Beth è molto scossa. Non sa quanto dovrebbe preoccuparsi. Tu cosa ne pensi? Cosa deve fare?»

«La scuola non le ha detto che età poteva avere la persona che ha chiamato? L’età di Deborah? O quella di Carol? Immagino che anche voi pensiate che sia stata una delle due».

«Beth non mi ha detto nulla sull’età della persona che ha telefonato. Cosa ne pensi, Matthew?»

«Penso sia una cosa da prendere sul serio. Prima il messaggio su Facebook e adesso questo. È difficile però valutare il pericolo, visto che poi non si è presentato nessuno a cercare di prendere i suoi figli. In questo caso, dovrebbe rivolgersi subito alla polizia. Ma una telefonata? Potrebbe essere soltanto un modo per inquietare ancora di più Beth. E te».

Matthew la fissa intensamente e Sally si mette sulla difensiva. «Hai detto che Carol non ha reagito bene ai vostri tentativi di contattarla. Che avete rimpianto di averla cercata. E che Deborah era piuttosto sconvolta». Lei annuisce e si incupisce ancora di più. «Non voglio impicciarmi, Sally, e so che voi non volete credere che dietro quel messaggio su Facebook e questa telefonata ci sia Carol». Fa una pausa. «La vostra amica non potrebbe essere… psicologicamente instabile? Persino pericolosa?».

Sally si morde il labbro inferiore.

Matthew resta in attesa e trattiene a stento l’emozione quando si accorge che i suoi occhi stanno luccicando. Non vuole allarmarla, ma la telefonata alla scuola ha alzato il tiro. Al confronto, il messaggio su Facebook era poco più che uno scherzo. «Voglio aiutarvi e lo farò, Sally. Ma è molto più difficile se mi nascondete qualcosa».

Lei lo fissa, come se stesse soppesando le parole, poi si volta verso il lago prima di guardarlo di nuovo.

«È successo qualcosa con Carol, vero?».

Sally rimane in silenzio.

«È una cosa molto brutta? È per questo che non volete parlarne?». La guarda trattenere le lacrime e ricorda il cambiamento degli occhi di Carol nelle fotografie della scuola.

Sally fa una pausa, si strofina gli occhi con il dorso della mano e poi infila una mano in tasca per prendere un fazzolettino. «È ora di andare, Matthew. Sta cominciando a fare freddo. Ti dispiace?», dice alzandosi di scatto e cominciando a raccogliere piatti e posate.

Maledizione.

«Mi dispiace, non volevo turbarti». Matthew è mortificato. All’improvviso i suoi movimenti sono impacciati mentre prendono il cestino da picnic e lei piega la tovaglia. Sally non incrocerà più il suo sguardo e lui non sa se preoccuparsi di più per avere rovinato la loro prima uscita insieme o perché quella telefonata alla scuola potrebbe essere molto più seria di quanto creda Beth.