Ritratto di un padre da vecchio
Presto non rimase più nulla.
Avevano completato il ponte, ma in un certo senso non avrebbero mai finito, perché sapevano che qualcosa li attendeva.
Per quanto riguardava i lavori, però, la costruzione era terminata, e sgombrarono il cantiere; lo guardarono da ogni angolazione. La sera sembrava risplendere più a lungo, quasi si fosse caricato con il calore del giorno. Si accendeva, poi la luce si affievoliva fino a spegnersi.
Il primo ad attraversarlo fu Achilles.
Parve sul punto di ragliare, ma non lo fece.
Per nostra fortuna non erano stati stretti patti con spiriti maligni o corrotti; partì cauto, esaminandolo, ma a metà l’aveva già fatto suo.
Cortili sul retro, cucine di periferia.
Campi, ponti costruiti a mano.
Erano tutti uguali, per Achilles.
Per un po’, non seppero che fare.
«Credo che dovresti tornare a scuola.»
Ma quell’epoca si era conclusa, ormai. Dalla morte di Carey Novac, Clay aveva perso la volontà di diventare qualcuno. Era soltanto un costruttore, senza uno straccio di diploma. A dimostrare il suo valore c’erano solamente le sue mani.
*
Passò un mese, e Clay tornò in città, ma non prima che Michael gli avesse mostrato qualcosa.
Erano in cucina, con il forno… e non stiamo parlando di un ragazzo qualunque. I ragazzi non costruivano ponti a quella velocità, e di sicuro non così magnifici. I ragazzi non chiedevano di costruire archi; del resto, c’erano tante cose che non facevano, e Michael pensò alla mattina che li aveva sommersi, nell’ultimo episodio passato che mi resta da raccontarvi.
«Torno a casa, voglio lavorare con Matthew», annunciò Clay.
E Michael gli disse: «Vieni con me».
Andarono prima sotto il ponte, e lui mise una mano sulla curvatura dell’arco. Bevvero caffè nell’aria fresca del mattino. Achilles era sopra di loro.
«Ehi, Clay», fece Michael, in tono pacato. «Non è ancora finita, vero?»
Il ragazzo, accanto alla pietra, rispose: «No».
E dal modo in cui lo disse Michael comprese che, quando fosse successo, ci avrebbe lasciati per sempre… e non perché voleva, ma perché avrebbe dovuto e basta.
C’era una cosa che si portava dietro da tempo, da Penelope, dalle storie sulla veranda.
Dovresti chiedere a tuo padre di disegnare, un giorno.
O di insegnarti a dipingere.
«Coraggio, vieni», gli disse Michael.
Lo condusse al capanno dietro la casa, e Clay comprese perché l’aveva fermato quel giorno, quando era andato a prendere la vanga della tortura, e poi lui l’aveva portato a Featherton… Perché lì, su un cavalletto artigianale, un po’ in pendenza, c’era lo schizzo di un ragazzo in una cucina, che ci porgeva qualcosa.
Il palmo era rivolto in alto, con le dita leggermente piegate.
Guardando bene, si capiva che cosa tenesse.
I frammenti di una molletta da bucato rotta.
Era nella cucina in cui sono seduto ora.
Solo uno dei nostri tanti inizi.
«Sai», fece Clay, «lei mi disse che un giorno avrei dovuto chiederti di insegnarmi a dipingere.» Deglutì. Pensò, e poi provò a pronunciare quelle parole nella sua mente.
È bello, papà, è davvero bello.
Ma Michael lo precedette.
«Lo so. Avrei dovuto dipingere lei.»
Non l’aveva fatto, però aveva lui.
Avrebbe disegnato il ragazzo.
Avrebbe dipinto il ragazzo.
Un dipinto che attraversava tutti quegli anni.
Ma prima di questo inizio era successo ciò che sto per dirvi.
Il ponte d'argilla
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