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Il segreto

 

 

 

 

 

 

 

 

Lázaro era di Cartagena e suo padre era stato un mercante che aveva esplorato in lungo e in largo il Mediterraneo, arrivando fino a Genova e Venezia. Lo ricordava sempre in barca, sorridente, felice di solcare il mare. Lázaro aveva pensato di seguire le sue orme e di imbarcarsi con lui. Tuttavia, il Mediterraneo era diventato un mare sempre più pericoloso, infestato da pirati barbari che arrivavano dalla costa algerina e da piccole imbarcazioni turche. I primi tendevano a rispettare la vita e facevano prigionieri, ma da un faccia a faccia con i turchi era difficile uscire indenni; ciononostante, Lázaro avrebbe preferito morire che andare incontro alla fine dei suoi giorni come prigioniero su una galea.

Suo padre glielo aveva ripetuto mille volte: meglio farsi tagliare la gola che farsi acciuffare dai pirati. La vita di un prigioniero era quanto di più simile a un inferno in terra; nessuno sopravviveva a lungo e le sofferenze erano talmente disumane che l’unica speranza dei galeotti era che la nave affondasse con loro a bordo, ancora incatenati alle loro panche.

Ma suo padre non era stato ucciso né dai pirati né dai turchi, ma da una tempesta che l’aveva sorpreso non lontano da Maiorca, o almeno così gli era stato riferito. Poi era morta anche sua madre, di dolore, e quando le due sorelle si erano sposate, Lázaro aveva pensato che doveva andarsene lontano. Avevano bisogno di marinai per una spedizione, tanti marinai, così si era imbarcato con Hernán Cortés, con il quale era arrivato a Cuba, e poi aveva deciso di seguirlo nella conquista delle nuove terre.

Tuttavia, lui non era un militare e non era tagliato per quella vita, perciò era tornato all’isola Hispaniola e si era cercato un lavoro. Si era subito reso conto che ciò che fruttava di più era il contrabbando, ma sempre in scala ridotta per non attirare l’attenzione. La Corona lo consentiva fino a un certo punto, quanto bastava perché tutto girasse per il verso giusto, ma per chi superava il limite non esistevano mezze misure.

Quando Thomas lo minacciò, a Lázaro tornò in mente suo padre. Ricordò il sorriso con cui si imbarcava per solcare le acque del Mediterraneo. Anche lui voleva tornare a sorridere, ma per farlo doveva prima salvarsi la vita.

La coppia non si poteva assolutamente imbarcare con la flotta della Corona, perciò l’unica soluzione era trovare un’altra nave con la quale potessero scappare. Gli venne un’idea.

«Ci sono delle isole che formano una specie di arco a sud-est dell’Hispaniola. Anche se Colombo le ha scoperte durante il suo primo viaggio, non sono ancora state occupate».

«Perché me ne stai parlando?», chiese Thomas.

«Sono isole molto piccole. Le chiamano Barbados, perché ci crescono alberi che hanno lunghe radici aeree simili a barbe», spiegò Lázaro. «Non hanno suscitato grande interesse perché non hanno ricchezze e non si sa nemmeno se siano abitate da nativi».

«Sembrano un luogo piuttosto inospitale», osservò Thomas.

«Io so che i portoghesi la usano come base segreta dove approvvigionarsi nel corso dei loro viaggi verso i territori del sud».

«E a noi che importa?», domandò Úrsula.

«Conosco la persona che si occupa dei viveri immagazzinati sulle isole».

«Ossia un traditore della Corona spagnola che commercia con i portoghesi», mormorò lei.

«Potete vederlo in questo modo, o come un’opportunità da sfruttare, visto che l’unica imbarcazione in partenza da questo porto salperà proprio alla volta di quelle isole».

«E che cosa faremo su quelle isole sperdute?», domandò Thomas, pensieroso.

«Se quella barca sta andando alle Barbados, è perché sta arrivando una flotta portoghese, dato che ospitano le loro riserve di viveri», mormorò Úrsula. «Potremmo provare a stringere un accordo con loro».

«Esatto, molto perspicace. Ma dovrete offrire ai portoghesi qualcosa di interessante».

«Io ho solo il mio carico», disse Thomas, riferendosi alla macchina da stampa. «E devo portarlo con me in Nuova Spagna».

«Mi hai chiesto aiuto, ma devi essere ragionevole. Non puoi scappare con un carico simile. Inoltre, dovrai pagare il passaggio se vuoi farti portare alle Barbados. Che cosa c’è dentro quella cassa?»

«Vuoi dirmi che non l’hai ancora aperta?»

«Non prendertela a male, è il mio lavoro. Se la lasci a me, mi assicurerò che vi portino alle Barbados».

Thomas lanciò un’occhiata a Úrsula, che non riusciva a nascondere la sua bellezza neanche con gli abiti maschili e il cappuccio calato sul capo.

«D’accordo, faremo così. Pagheremo i passaggi con la mia mercanzia».

Non fu facile. Il marinaio che salpava per le isole non volle soltanto la macchina da stampa, ma anche tutte le monete che Thomas aveva con sé e le provviste ricevute dai tedeschi. La sua imbarcazione era senza pretese, perché doveva superare inosservata la vigilanza del porto. Salirono a bordo al calare della sera per navigare di notte. Insieme a loro si imbarcarono anche due nativi che non parlavano in castigliano, uno schiavo africano dalla fisicità enorme e uno spagnolo dai capelli lunghi e flosci, con una voglia rossastra che gli risaliva sul collo fino a metà del viso. Nessuno disse agli altri come si chiamava; tutti si stavano giocando la vita in quella avventura. La barca salpò con la stiva piena di casse e sacchi, e la cosa più strana era che da sottocoperta provenivano continuamente dei rumori e dei movimenti.

«Secondo te cosa c’è là dentro?», domandò Úrsula a Thomas.

«Cavalli, suppongo. Forse sono per i portoghesi».

«Impossibile, al porto se ne sarebbero accorti. Dev’essere qualcos’altro. Cani, forse?»

«Non credo. Cosa se ne farebbero?».

Thomas non allontanava mai la mano dall’impugnatura della daga, perché quegli uomini lo fissavano di continuo, avvolti da uno di quei silenzi che non lasciavano presagire niente di buono.

Arrivando in prossimità della barriera corallina, il mare prese a colpire con violenza lo scafo della barca, e da sud cominciò a soffiare un vento impetuoso.

Si rifugiarono in un angolo della stiva e ci passarono tutta la notte, finché l’alba non dissipò le nuvole e la minaccia di un temporale imminente.

Al comando della barca c’era un anziano mingherlino con una barba bianca, folta e incolta, che gli copriva tutto il collo. Si muoveva con difficoltà e non si riusciva a capire dove trovasse le energie per manovrare il timone e aggirarsi per la nave. Sembrava debole, come se fosse sul punto di spezzarsi, eppure si occupava di qualunque lavoro fosse necessario, e senza alcun aiuto. Doveva avere più di sessant’anni e parlava con un accento molto marcato, difficile da capire, soprattutto per Úrsula, che non faceva altro che chiedere a Thomas cos’avesse detto il vecchio capitano.

Navigarono per un paio di giorni, finché non videro una striscia di terra a est. Anzi, erano una serie di isole, proprio come aveva anticipato Lázaro. Passarono tra due isole, superando un’altra barriera corallina, e proseguirono verso sud. La mattina seguente, arrivarono a un’isola di dimensioni più ragguardevoli. Il vecchio capitano conosceva bene la strada, perché raggiunsero una spiaggia, dove l’acqua era comunque abbastanza profonda per ormeggiare la nave. I nativi furono i primi a scendere a terra e aiutarono a tirare a riva la barca. Poi scese lo spagnolo con la voglia rossa in faccia. Poi i nativi corsero verso la selva e cominciarono a disboscarne una zona, oltre la quale emersero una radura e una costruzione molto grande, con un tetto precario e un recinto su un lato. Scaricarono le casse dalla stiva e le portarono all’interno della costruzione.

Thomas era curioso di scoprire quali animali fossero stati caricati sottocoperta e, quando l’anziano capitano la aprì, rimase senza parole. Erano maiali, che fuggirono grugnendo in direzione della radura.

«Sono per i portoghesi, guarda». Úrsula gli indicò la struttura costruita sull’isola. «Li lasciano lì per loro, così possono fare rifornimento di provviste».

«Questa storia non mi piace. Stiamo tradendo l’imperatore».

«Queste terre appartengono a lui?»

«Sì, come sancito dal trattato di Tordesillas», rispose Thomas.

«Ma gli spagnoli non ne hanno ancora preso possesso. Il Nuovo Mondo è talmente grande, c’è spazio per tutti, e poi…».

«E poi cosa?»

«Gli abitanti del Nuovo Mondo? Che cosa ne sarà di loro?», chiese Úrsula. «Queste terre appartengono a loro, ci vivranno da secoli. Sono loro i veri proprietari di questo posto», dichiarò.

«Sono pagani. Non conoscono nemmeno Cristo…».

«Qua abbiamo finito». Il vecchio capitano li raggiunse. «Noi andiamo».

«Quando arriveranno i portoghesi?», gli domandò Thomas.

«Presto».

«Potreste essere più preciso?»

«Presto, ho detto».

«Sì, ma… dobbiamo avere qualche informazione in più. Resteremo qua da soli su un’isola nel bel mezzo del nulla», insistette Thomas, senza perdere d’occhio gli altri passeggeri della barca.

«Avreste preferito che l’isola fosse abitata?». Il vecchio scoppiò a ridere, spalancando così tanto la bocca da permettergli di vedere che non gli era rimasto nemmeno un dente. «Non sapete che qui nel Nuovo Mondo ci sono uomini-cane, che si cibano di carne umana e bevono sangue?»

«Non dite sciocchezze!».

«Avete fortuna che nessuno si avvicina a quest’isola, ve l’assicuro». Si voltò per tornare alla sua barca. «E vigilate sui maiali. I portoghesi sanno esattamente quanti ne abbiamo portati. Se ne mangiate uno, poi lo dovrete pagare».

«E se si ammalassero?»

«Non vi crederanno. Nutriteli a dovere e abbiate cura di loro come se ne andasse della vostra stessa vita». Riaprì la bocca per lanciare una risata sguaiata.

E così Thomas e Úrsula rimasero da soli sull’isola delle Barbados, con una dozzina di maiali sotto la loro responsabilità.