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Il viaggio

 

 

 

 

La penna è la lingua dell’anima.

 

Miguel de Cervantes Saavedra

 

 

 

 

Quella notte non fece altro che vomitare. Ebbero sfortuna e furono sorpresi da una tempesta poco dopo aver lasciato Sanlúcar. Thomas sapeva a cosa si esponeva con quel viaggio; ricordava bene quanto era stato faticoso navigare da Anversa a Bilbao, e adesso gli sembrava un gioco da ragazzi rispetto a quella traversata dell’oceano verso la Nuova Spagna.

Anche l’umore a terra non aiutava. Per l’ennesima volta era stato tradito da una donna.

Già, la solita storia si era ripetuta con troppa crudeltà. Tutte le donne della sua vita lo avevano abbandonato poco prima di intraprendere un viaggio con lui. Úrsula, Edith, Sofía… Doveva essere un segno. Non poteva essere altrimenti. La storia si ripeteva di nuovo.

Ora, ogni volta che avvertiva un conato, non sapeva se fosse dovuto ai movimenti della nave o al disgusto che gli provocava ripensare all’inganno di Sofía.

«Santo cielo!». Un frate lo afferrò per la mandibola e lo aiutò a non strozzarsi con il proprio vomito. «Ma come ha fatto vostra grazia a imbarcarsi per un viaggio come questo?»

«Credetemi, ciò che ho lasciato a terra era molto peggio».

«Che lo Spirito Santo sia sempre al fianco dei nostri peccatori. Amen», e si fece il segno della croce. «Non sarete un criminale?»

«Il mio unico delitto è stato fidarmi della persona sbagliata. Di nuovo».

«Prego che nostro Signore vegli su di voi. Dovete bere molta acqua, altrimenti non sopravvivrete».

«Forse sarebbe meglio morire».

«No, questo no!», disse il religioso, alzando la voce. «Dio Padre, nostro Signore, non ci ha creati perché ci arrendessimo di fronte alle avversità».

«E si può sapere perché l’ha fatto, allora?»

«Per onorarlo e servirlo», rispose il frate con decisione. «Per essere buoni cristiani e aiutare il prossimo».

«È più facile a dirsi che a farsi. Io sono negato per certe cose».

«Pregherò per la vostra anima finché non raggiungeremo la terraferma».

«Mi affido alle orazioni di vostra grazia, allora», balbettò Thomas tra i conati.

Non riuscì a tenere alcun alimento nello stomaco per due giorni, poi la situazione migliorò leggermente e Thomas si rannicchiò in un angolo sottocoperta. Al termine della prima settimana cominciò a mangiare un po’ di frutta, che era ancora fresca, e sentì che gli faceva bene. Ciononostante, era talmente debole che sembrava uno spettro che si aggirava per la stiva. Alla fine, quando decise di risalire in superficie, si ritrovò davanti una giornata cupa, con nuvoloni neri e un forte vento che spirava da est.

«Sì, è il fantasma!», esclamò un uomo dai capelli ricci, mezzo guercio.

«Lasciatelo in pace. Non vedete che non sta bene?», intervenne il frate, portandolo a prua. «Come vi sentite?»

«Meglio, fratello».

«Ho pregato molto per voi», gli sussurrò.

«Non avreste dovuto perdere tempo con me. Là dove sto andando non mi aspetta nessuno, e non ho più alcuna ambizione».

«Quanto ottimismo… Se il buon Santiago, o san Giacomo che dir si voglia, si fosse arreso davanti alle prime difficoltà, non avrebbe mai cristianizzato la Spagna».

Sentendo quel nome, Thomas abbozzò un sorriso.

«Io non sono un santo», mise in chiaro.

«E nessuno pretende che lo siate, ma un minimo di riconoscenza non guasterebbe», lo rimproverò il religioso.

«Grazie», e gli sorrise.

«No!». Si mise a ridere. «Non dovete ringraziare me. Io sono solo un frate».

«Allora non capisco…».

«Eravate moribondo. Non mangiavate, non bevevate acqua. Avete avuto la febbre e la diarrea. Credete che con tutti questi problemi si possa sopravvivere su una nave che attraversa il grande oceano?»

«Devo rendere grazie a Dio».

«Questo sempre, anche se in questa occasione l’aiuto che avete ricevuto è stato più terreno. Dovete ringraziare il capitano della nave, perché è stato lui a tenervi in vita», e il frate si voltò a guardare il castello di prua.

Thomas concentrò la sua attenzione sulla prua della nave, dove c’era un uomo forte, in uniforme, che stava maneggiando un oggetto meccanico, orientandolo verso le nuvole.

Perché lo aveva aiutato?

La curiosità lo rianimò e gli infuse nuove energie. Ora aveva un nuovo obiettivo. Doveva andare a parlare con l’uomo che gli aveva salvato la vita e scoprire per quale ragione l’aveva fatto. Quando provò ad avvicinarsi al capitano, tuttavia, due uomini armati gli sbarrarono la strada. Parlando con loro, venne a sapere che aveva dato ordine che nessuno lo importunasse, perché doveva concentrarsi su alcuni aspetti molto complessi della navigazione.

Non potendo fare molto, visto che insistere non gli sembrava opportuno, si voltò e rimase con il dubbio, ma avrebbe avuto tempo per parlare con il capitano. Il viaggio era ancora lungo.

Le condizioni di Thomas migliorarono in fretta. Alla base della loro dieta c’erano le gallette, che si conservavano bene, ma disponevano anche di olio, legumi, carne salata, frutta secca e conserve. Per i membri dell’equipaggio c’erano anche dello strutto e la pancetta di maiale, che insaporivano con aceto, miele o spezie. Da bere c’erano acqua e soprattutto vino, un vino novello a cui erano state aggiunte delle spezie, ma che spesso si trasformava in aceto.

Tutto ciò gli fece tornare in mente suo padre, così chiese di poter aiutare in cucina. All’inizio il cuoco si mostrò reticente, ma due mani in più gli avrebbero fatto comodo, perciò accettò l’offerta e Thomas si rivide a dodici anni, quando lavorava ai fornelli insieme a suo padre, o quando aiutava doña Manuela…

A volte il mare regalava a tutti del pesce fresco, ma avevano anche imbarcato delle aringhe sotto sale. A prua c’era una zona dove in genere veniva acceso un fuoco, e dove si cucinava ogni volta che era possibile, e lì c’erano pentole, casseruole e padelle. Di sera, gli uomini si radunavano attorno al fuoco e chiacchieravano come se fossero sulla terraferma, proprio come avevano fatto Gorka e i baschi quando avevano navigato da Anversa a Bilbao.

Quanto era strana la vita, pensò.

Davanti a uno di quei falò in alto mare, qualcuno tirò fuori del vino, risollevando l’umore a tutti i presenti. Thomas annegò il suo pessimismo nell’alcol e si attaccò a una caraffa. Il vino era rancido e, dopo tanta astinenza, gli diede di nuovo il voltastomaco, ma una bella pacca sulla schiena da parte di un marinaio risolse subito il problema.

«Secondo voi, da quante donne si fece accompagnare Colombo nel corso dei suoi viaggi?», domandò il guercio.

«Perché, c’erano anche delle donne?», indagò un commerciante.

«Durante il suo terzo viaggio, Cristoforo Colombo si fece accompagnare da trenta donne. Dicono che sull’Hispaniola ci siano già più di trecento femmine».

«Sono tante!», esclamò il frate. «Perché hanno affrontato un viaggio così pericoloso?»

«Per seguire i mariti…», mormorò il marinaio di prima.

«Nient’affatto», dichiarò il commerciante. «Anzi, proprio il contrario».

«Che intendi dire?». Uno dei marinai più giovani si fece avanti per sentire meglio la conversazione.

«Il posto che spetta a una donna, che deve essere una buona sposa e una madre cristiana, è quello di angelo del focolare, ma ce ne sono tante che non sono disposte ad assumere questo ruolo e che nel Nuovo Mondo hanno visto la loro grande occasione per scappare da tale destino».

«Vuoi dire che sull’Hispaniola c’è un bordello?», domandò il marinaio imberbe.

«No! Sono donne coraggiose, indipendenti, che se ne sono andate per evitare che un uomo dicesse loro cosa dovevano fare».

«Ma non può essere!». Il frate bevve un altro sorso di vino.

«Vi dico di sì. Fate attenzione con loro, che non sono come le donne che abbiamo lasciato in Spagna. Povero chi cadrà nelle reti di una di esse…».

«Quanto ti piace esagerare», lo sbeffeggiò un altro marinaio.

«Ne riparleremo quando saremo arrivati».

Dopo vari giorni, Thomas ricominciò a mangiare di gusto. Aveva recuperato l’appetito e la sua porzione giornaliera gli sembrava addirittura esigua, ma il razionamento delle scorte faceva parte della routine a bordo della nave. Non appena si sentì meglio, lasciò la cucina e andò ad aiutare gli altri con le mansioni sopra coperta. Chi, come lui, aveva pagato un passaggio, aveva l’obbligo di issare le vele, pulire il ponte e occuparsi di altri semplici lavoretti quotidiani.

Una sera, con il mare calmo e piatto come una tavola e il sole che disegnava una linea arancione all’orizzonte, Thomas vide il capitano passeggiare accanto al verricello e decise di cogliere la palla al balzo.

«Mio signore», richiamò la sua attenzione. «Capitano! Volevo ringraziarvi», esordì non appena gli si parò di fronte.

«E perché mai?». Il capitano era un uomo che parlava a voce bassa e con molta flemma. Aveva spalle larghe e mani grandi, con dita tozze. La cosa che risaltava di più in lui erano gli occhi chiari, quasi sfumati.

«So che mi avete aiutato e vi ringrazio. Non so perché l’abbiate fatto, ma vi devo la vita. Devo ammettere che non mi sono imbarcato nelle migliori condizioni», confessò Thomas, a testa bassa.

«Non permetterò a nessuno di morire sulla mia nave. Siete una mia responsabilità. Capite?»

«Certo, ma sono stato male e voi siete andato oltre i vostri doveri».

«Date così poco valore alla vostra vita? Verrebbe quasi da pensare che mi stiate rinfacciando di avervi dato una mano».

«No, certo che no», mormorò Thomas. «Spero soltanto di potermi sdebitare».

«Fatelo, allora».

«Come dite?», e Thomas lo guardò, confuso.

«Ho visto il carico che avete fatto imbarcare», spiegò il capitano. «Una macchina da stampa per pubblicare libri, giusto?»

«Come fate a saperlo? La cassa era chiusa e nessuno sapeva cosa contenesse».

«Questa è la mia nave. So cosa succede a bordo e ho un registro su cui annoto tutto. So chi sono i miei passeggeri e quali bagagli hanno portato con sé».

«Capisco». Thomas cominciava ad allarmarsi. «Non l’ho rubata».

«Non ho mai detto niente del genere».

«Vedete, avevo in programma di portarla in Nuova Spagna e di aprire il primo laboratorio di stampa del Nuovo Mondo. Quella è una vecchia macchina da stampa. L’ho comprata da un tipografo sivigliano a cui non giravano più gli affari».

«Avete detto “avevo”. Perché parlate al passato? Non siamo ancora arrivati a destinazione».

«Sì, ma…».

«So anche da chi avete comprato il passaggio. Il Portoghese non è un uomo raccomandabile e non offre servizi a buon mercato. Immagino che vi abbia fatto spendere una fortuna per caricare a bordo una macchina come quella».

«Be’, so che non è molto corretto, ma…». Thomas balbettava. «Ma è la prima volta che gli stranieri possono salpare per il Nuovo Mondo e non potevo perdere questa occasione».

«Sì, ma io non ero ancora al corrente di questa nuova legge quando vi siete imbarcato. Volete spiegarmi com’è mai possibile che voi lo sapeste in anticipo?».

Lì per lì Thomas non rispose, ma purtroppo sapeva di dovergli dare una spiegazione.

«Sono Thomas Babel, mercante di libri», disse allora. «Ho lavorato per Luis de Coloma, nipote del segretario dei Re Cattolici, e per don Fernando Colombo, figlio dello scopritore delle Indie. Ho partecipato alla riunione di Badajoz per difendere i diritti della Spagna sulle isole delle Spezie di fronte ai portoghesi. Ho iniziato come tipografo e adesso, come vi dicevo, sono anche un mercante di libri. Permettetemi, mio capitano, di dirvi che sono arrivato sino a qui continuando a essere una persona perbene, che sono nato in una terra straniera e che il mio sogno è attraversare il grande oceano per portare i libri là dove sono più necessari».

A quel punto toccò al capitano restare in silenzio. Dopo la lunga presentazione, Thomas era rimasto senza fiato e stava cercando di nascondere la stanchezza mostrandosi padrone di sé, ma sentiva che gli mancavano l’aria e le forze.

«I libri sono sempre stati oggetti di grande valore, ma è anche vero che con l’invenzione della stampa e l’aumento della produzione il loro prezzo si è abbassato notevolmente, dico bene?», gli domandò il capitano, che sembrava essersi rilassato.

«Esatto. I volumi non si pubblicano più uno per uno, grazie al sudore e all’impegno di un copista che deve lavorarci per mesi. Nonostante questo, però, continuano ad avere un grande valore».

«Soprattutto nei nuovi territori spagnoli verso i quali siamo diretti», puntualizzò il capitano. «Sono pienamente cosciente che gli ordini religiosi hanno bisogno di libri, tanto per evangelizzare quanto per educare gli indigeni. Il frate che mi ha avvisato delle vostre condizioni fisiche e mentali è arrivato a confessarmi che, per proteggere i libri nel Nuovo Mondo, il papa ha minacciato di scomunicare chiunque rubi o ne danneggi un esemplare».

«Questo non lo sapevo, ma lo trovo giusto», commentò Thomas.

«Aprire una tipografia in quelle terre sembra un progetto ambizioso, specie senza il permesso dell’arcivescovo, della Casa de Contratación o…».

«So che il vescovo della Nuova Spagna ha dato il suo consenso all’apertura di una tipografia. Pensavo per l’appunto di sollecitare un incontro con lui non appena avessi messo piede a terra».

«Avete pianificato tutto in ogni minimo dettaglio, ma continuate a parlare al passato».

«Non sempre le cose vanno come desideriamo».

«Siete un mercante di libri, consigliatemene uno. Che cosa dovrebbe leggere il capitano di una nave diretta all’isola Hispaniola?»

«L’Odissea, di Omero», rispose Thomas senza esitare.

«Perché?»

«Stiamo andando nel Nuovo Mondo, terra di pagani. Persone che adorano divinità terribili, che non sanno come si lavorano i metalli, né cosa sono la polvere da sparo o i cavalli… né tante altre cose che noi abbiamo appreso nel corso dei secoli».

«È vero, ma cosa ha a che vedere tutto questo con il libro?»

«Li invaderemo e li colonizzeremo. È un dato di fatto». Annuì. «Andremo in guerra come nell’Odissea. E poi, quando saranno diventati sudditi dell’imperatore, li indottrineremo con i più grandi pensatori del vecchio mondo: Aristotele, Tommaso d’Aquino, Agostino d’Ippona… Cercheremo di ristabilire un nuovo ordine nel caos, come nell’Iliade».

«Perbacco», e il capitano annuì, «siete un uomo brillante. D’accordo, mi sento onorato di portare la vostra macchina da stampa a bordo della mia nave, ma voglio che cambiate atteggiamento. La vostra è una missione importante per il futuro del Nuovo Mondo, e questa missione ha bisogno di un uomo pieno di iniziative e di ottimismo. Dovete stare su con il morale, intesi? Lasciatevi il passato alle spalle. Vi è stata data l’opportunità di ricominciare da zero. Approfittatene, giovane Babel».

«Sì, signore».