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L’anello

 

 

 

 

 

 

 

 

Fin da piccola, Úrsula era stata educata da sua madre a essere una perfetta sposa cristiana. L’aveva sempre spinta a opporsi all’idea che gli uomini avevano delle donne, ovvero che fossero volubili, fragili, pettegole, vanitose e dai dubbi appetiti sessuali.

«Devi essere un esempio di integrità, figlia mia. Non devi mai farti vedere da sola con un uomo e non devi mai guardarlo direttamente negli occhi».

«Sì, madre».

«Úrsula, ascolta quello che ti dico, devi essere obbediente, modesta, silenziosa e compassionevole e, cosa più essenziale, casta».

«E anche intelligente?»

«No, ma sveglia e istruita. Gli uomini rifuggono le donne intelligenti, ma non devi essere neppure ingenua. Non devono pensare di poterti ingannare, altrimenti lo faranno, credimi», le disse sua madre per metterla in guardia.

Quella sera Úrsula stava disobbedendo a quasi tutti i suoi consigli. Già da parecchio aveva preso coscienza del fatto che non sarebbe stata in grado di soddisfare le aspettative di sua madre; presto o tardi, l’avrebbe diseredata.

Entrando nel palazzo, quando Antón Fugger le aveva detto che Thomas la stava osservando dalla stanza a vetri, non aveva avuto la minima esitazione. Non aveva mai smesso di pensare a lui dal giorno della partita. Si sentiva fortemente attratta da quel giovane dai capelli folti e neri che la fissava senza dire nulla, riflessivo e misterioso, e desiderava rivedere i suoi occhi verdi.

Era ancora emozionata per la breve conversazione che avevano avuto attraverso la porta, così, quando era stato gridato il nome del cuoco, era uscita di corsa in cerca di Thomas. Se avessero preso anche lui, avrebbero potuto fargli qualsiasi cosa.

«Io stavo aiutando mio padre in cucina, so che non ha fatto nulla», ribadì Thomas.

«Non lo capisci? Se eri in cucina con lui, verranno a cercare anche te».

«Come dici? No, no, Úrsula, mio padre è innocente, e lo sono anch’io… Sono impazziti?»

«Se siete innocenti o meno non importa! Credo che siate solo due pedine che fanno parte di un piano più grande. Non tutti gli invitati sono entusiasti dei progressi dei Fugger, hanno molti nemici e sono molto invidiati in città».

«Come fai a sapere tutte queste cose, Úrsula?»

«Ho imparato ad ascoltare, una delle poche cose buone che mi ha insegnato mia madre… Lei dice che bisogna lasciare che la gente parli, perché prima o poi finirà per dire più di quanto dovrebbe».

«Hanno usato mio padre per tendere una trappola ai Fugger, danneggiando la sua reputazione e attaccando i Welser, è così?»

«Credo di sì, Thomas». Úrsula appoggiò le mani sulle spalle del ragazzo. «Sei in pericolo, devi scappare!».

«Solo se verrai con me».

«Venire con te? E dove?». La giovane non si aspettava una proposta simile.

«Lontano, in un’altra città, in un altro regno, ovunque».

«Ma come faccio ad andarmene? La mia famiglia vive qui e io…».

Allora Thomas le prese la mano con dolcezza.

«Sai cosa provo per te. Se vieni via con me, prometto di proteggerti e renderti felice».

Úrsula sognava già da tanto di essere portata via da Augusta, dalla quotidianità e da tutta quell’ipocrisia, e se a chiederglielo erano quegli occhi tanto espressivi, non doveva neanche pensarci due volte. Annuì e sorrise.

«Ora dobbiamo decidere come scappare senza essere visti», sussurrò Thomas.

«Credo di sapere come fare», lo sorprese Úrsula. «Vicino al fiume c’è una taverna, ne ho sentito parlare da mio padre, dicono sia frequentata da viaggiatori e forestieri».

«E a cosa ci serve?»

«Possiamo pagare un viandante straniero affinché ci aiuti a lasciare la città e ci porti con lui lontano da qui».

«Come lo paghiamo?»

«Con questo», e lentamente si sfilò l’anello dal mignolo, quello che le aveva regalato sua madre.

«No, Úrsula, non con quello».

«È d’oro, può aiutarci a scappare e non ha alcun valore per me», mentì.

«Non lo so…».

«Tieni, prendilo, ma avrò bisogno di altri vestiti, questi sono troppo ingombranti». La giovane pareva avere le idee ben chiare.

«Sì». Thomas sembrò lasciarsi contagiare dalla risolutezza della ragazza. «La servitù si è cambiata prima del banchetto. Avranno lasciato i loro abiti di ricambio in una stanza che dà sul retro, e da lì potremo uscire in giardino e poi raggiungere il fiume».

«Allora andiamo, prima che ci scoprano».

Nella stanza attigua alla cucina, Thomas prese i vestiti della taglia più piccola che riuscì a trovare ma che a Úrsula andavano comunque troppo grandi. Ma a lei non importava, e indossò un mantello con cappuccio. Nessuno poteva riconoscerla, né tantomeno sapere se fosse un uomo o una donna. Riuscirono a uscire e a raggiungere il fiume come avevano pianificato, ma la taverna fu più difficile da trovare, per via della pioggia incessante e della quasi totale oscurità. Un lieve rumore li aiutò a orientarsi.

Si sentivano voci smorzate. La porta del locale era chiusa, ma all’interno c’era una luce e, vista l’ora, poteva trattarsi solo di una taverna. Thomas bussò due volte e la porta si aprì. Apparve una donna mora, dai lunghi capelli neri e sciolti, vestita con abiti molto leggeri. Il giovane non aveva mai visto una donna di quell’aspetto e rimase a guardarla imbambolato. Úrsula gli pestò un piede, facendolo reagire, poi gli diede una spintarella ed entrarono.

Era uno spazio molto angusto, cupo, con gente seduta attorno a tavoli rettangolari che beveva boccali di birra e giocava a carte e a dadi.

«E ora che facciamo?», sussurrò Thomas.

«Vai al bancone e chiedi se c’è qualcuno di passaggio che possa trasportare due passeggeri».

Úrsula lo seguì, cercando di non attirare l’attenzione di nessuno. Thomas parlò col proprietario, il quale non sembrò apprezzare le domande.

«Qui si viene per mangiare e soprattutto per bere, ragazzo», disse con la bocca piena.

«Allora dateci una caraffa di vino».

«La puoi pagare?», chiese, guardandolo con diffidenza, «qui non ci fidiamo di nessuno».

Úrsula lasciò una moneta sul bancone.

«Così va meglio», e gli diede da bere.

«E dell’altra cosa, che potete dirci?», proseguì Thomas.

«Quello», e indicò con la testa un tizio dai capelli rossi, lunghi e spettinati che stava mangiando un cosciotto d’agnello, «non so come si chiama».

«Credi sia una buona idea?», chiese Thomas alla ragazza.

«Mantieni la calma, digli solo che vogliamo andare verso sud, a Venezia o Milano».

«E perché?»

«Dammi retta e ricorda che abbiamo solo l’anello».

Si avvicinarono al tavolo mentre il tizio dai capelli rossi stava dando un gran morso alla carne. Vedendoli, alzò lo sguardo per poi riabbassarlo senza prestargli la minima attenzione.

«Signore, vorremmo parlarvi», disse Thomas, con tono più deciso possibile.

L’uomo continuò a mangiare. I due giovani si guardarono, e lei gli fece cenno di insistere.

«Scusate, potremmo sederci e parlare di una cosa importante?».

Allora l’uomo deglutì, afferrò il boccale di vino per berne un bel sorso e fece un sonoro rutto, per poi darsi un forte colpo sul petto e tornare a ruttare, in modo meno improvviso ma più pronunciato.

«Una carne buonissima, peccato che due impertinenti non me la lascino gustare in pace».

«Ci è stato detto che sarebbe disposto a trasportare due passeggeri verso sud», intervenne Úrsula, cercando di alterare la voce.

«È possibile».

«Fino a Venezia o Milano?»

«Possibile, ma costoso».

«Stanotte», proseguì Thomas.

«Difficile e molto costoso».

«Quanto?»

«Almeno sei monete».

«Ma è una fortuna», sbottò Thomas.

«Allora lasciatemi cenare tranquillo e andate a cercare qualcun altro. Buona fortuna!», e tornò ad afferrare il cosciotto d’agnello per dargli un altro morso.

«Un momento, possiamo sicuramente trovare un accordo… Come vi posso chiamare, signore?», Úrsula riprese a negoziare.

L’uomo poggiò la carne nel piatto, si pulì la bocca con la mano e poi la sbatté sul tavolo.

«Già avete sentito qual è il prezzo, o lo accettate o mi lasciate mangiare tranquillo, altrimenti avremo un problema, a voi la scelta!».

«Abbiamo questo, guardate». Thomas tirò fuori l’anello.

Il forestiero lo osservò attentamente.

«Non è sufficiente».

«Come no?», Úrsula perse la pazienza e parlò senza alterare la voce. «È più che sufficiente», ribatté.

In un attimo, l’uomo tirò fuori un pugnale da sotto il tavolo e glielo puntò alla gola. Úrsula mantenne la calma e lo guardò con aria di sfida.

«Tu sei una donna, ora capisco», e scoppiò in una risata. «Ma tu guarda che imbecilli».

Úrsula aveva prestato attenzione al modo in cui si esprimeva quell’uomo e credeva di sapere come ingraziarselo.

«Abbassate il pugnale», gli disse, «non avrete certo paura di una donna, no?»

«La tua ragazza ha più fegato di te, nullità», e abbassò l’arma. «Chiamami Conrad, piccola».

«Lasciaci soli, Thomas».

«Ma…».

«Per favore», disse, facendogli l’occhiolino, «so quello che faccio».

Thomas accettò a denti stretti, si alzò e si diresse verso un punto del locale pieno di botti di vino. Da lì osservò Úrsula che parlava con il forestiero e notò che l’espressione dell’uomo era cambiata completamente e mostrava un certo interesse. Scambiarono qualche battuta, fino a quando la giovane non pronunciò alcune parole che sembrarono scatenare una reazione diversa in Conrad, il quale fece cenno di sì con la testa.

Úrsula si alzò, si diresse verso Thomas, gli fece un segnale affinché la seguisse e insieme uscirono dalla taverna. Lei continuò a camminare, costeggiando l’edificio fino a raggiungere la parte posteriore, dove si trovava il fiume.

«Cosa è successo?»

«Ha accettato», rispose lei.

«Come ci sei riuscita?»

«Ora non importa, ascoltami bene. Bisogna fuggire il prima possibile. Quel tizio ha sentito dire che sono già alla ricerca di un ragazzo e che stanno offrendo una ricompensa».

«Maledizione!».

In quell’istante udirono un nitrito, e un carro nero trainato da due cavalli apparve dietro l’angolo più vicino. Conrad schioccò le dita per fare segno a entrambi di montare su.

«Andiamo!». Úrsula corse verso il carro senza esitare. «Io mi metterò dietro. Se dovessero fermarci, una donna sarebbe più facile da identificare, quindi mi nasconderò in mezzo al carico, sono la più magra e posso nascondermi meglio. Tu stai davanti con lui, ma non rispondere ad alcuna domanda. Sei uno straniero, ricordalo!».

«E per pagarlo?»

«Dagli l’anello solo quando saremo abbastanza lontani da qui, non prima. Capito?»

«Forte e chiaro».

«Allora andiamo». Úrsula raggiunse la parte posteriore del carro, mentre lui si accomodò davanti con l’uomo dai capelli rossi che puzzava di vino.

Il carro si muoveva con difficoltà tra le strette vie di Augusta. Raggiunsero la porta della città, che era chiusa e sorvegliata da due guardie. Thomas temette il peggio, ma il carro proseguì. Conrad tirò fuori qualcosa e lo consegnò a una delle guardie.

Quest’ultima annuì e sollevò il braccio. La porta si aprì e uscirono da Augusta.

«Tutto ha un prezzo, alcuni possono pagarlo e altri no», mormorò Conrad.

«Non io, io non ce l’ho».

«Questo perché nessuno ha ancora provato a comprarti», rispose l’uomo, mentre si lasciavano alle spalle la città.