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Santiago
Gli servirono una zuppa nella quale galleggiavano tocchetti di cibo impossibili da identificare. Thomas la guardò, sentì brontolare lo stomaco, ma non riuscì comunque ad assaggiarla.
Una volta ripresosi dalla sbornia, il detenuto ubriaco fu portato via dalla cella. L’uomo corpulento e dalla pelle scura venne trascinato fuori in due diverse occasioni, e Thomas passò gran parte della giornata con la coppia di stranieri. Dovevano essere dell’est e, visto il loro aspetto, preferì scambiarci solo poche parole. Uno di loro lo fissava spesso senza dire nulla, mentre l’altro non smetteva di parlare nella propria lingua e di canticchiare una canzone alquanto fastidiosa.
Il cibo che gli fu servito quel giorno era disgustoso, l’acqua torbida, e Thomas non assaggiò nulla. Il grassone, invece, venne riportato in cella. Lo spinsero dentro in tre, l’uomo cadde a terra, e cadendo gli si sbottonò la camicia e Thomas poté vedere vecchi segni di frustate e bruciature sulla sua schiena.
Quell’uomo veniva torturato da tempo, per questo le ferite si erano già cicatrizzate. Doveva essere orribile, pensò Thomas. Lui non sarebbe mai riuscito a resistere. Se i carcerieri avessero iniziato a torturarlo, avrebbe preferito morire che soffrire anche un solo minuto.
Il carceriere era un giovane imberbe, che parlava poco e nulla e aveva negli occhi quasi la stessa paura di Thomas. Miguel de las Cuevas, invece, era un’altra storia. Thomas lo credeva capace di qualsiasi cosa. Se pensavano davvero che avesse a che fare con la morte di Alonso, erano completamente fuori strada. Lui lo stimava tantissimo e ne sentiva la mancanza…
Qualcuno aveva ucciso il mercante di libri e Thomas si sentiva perso. Alonso gli aveva insegnato tanto in così poco tempo e aveva immaginato di restargli accanto ancora per molti anni, imparando, maturando e, magari, viaggiando e scoprendo assieme a lui posti e libri appassionanti. Purtroppo, però, la vita era effimera e quella di Alonso era stata interrotta all’improvviso. Thomas era spaventato dal motivo per cui l’assassino aveva deciso di lasciarlo in vita.
«Voglio vedere l’ufficiale che mi ha arrestato», reclamò. «Quando mi tireranno fuori da qui?»
«Silenzio!».
«Devono farmi uscire, io non ho fatto niente».
«Come te lo devo dire? Preferisci che ti riempia di botte per chiuderti la bocca?».
Thomas si ritirò in un angolo, ammutolito e sconsolato.
Continuava a chiedersi chi avesse potuto uccidere Alonso e perché. Al calare della sera, gli portarono qualcosa da mangiare, una brodaglia marrone, e Thomas non mostrò la minima intenzione di assaggiarla.
«Ti conviene mangiare», gli disse l’omaccione con la faccia da assassino. «Lo so che dall’aspetto non sembra appetibile, ma almeno riempie lo stomaco, cosa fondamentale in questo frangente».
«Non mi importa…».
«Te lo dice uno che ha patito la fame».
«Non sembrerebbe», disse Thomas, guardandogli la grossa pancia.
«Non lasciarti ingannare, è solo apparenza. Sono stato picchiere in Lombardia, ho combattuto da Milano fino alla Sicilia agli ordini di Gonzalo Fernández de Córdoba, il Gran Capitano. Ho conosciuto di persona il papa dei Borgia e sua figlia Lucrezia. I miei occhi non hanno mai visto una creatura più bella e delicata di lei».
«Dev’essere stato parecchio tempo fa», sussurrò Thomas, mostrando poco interesse.
«Be’, sì. Grazie a Dio non conosco nessuno che invecchi con una picca tra le mani».
«Immagino che su questo tu abbia ragione».
«Il cibo è una delizia che Dio ci ha concesso, non va disprezzato».
«Mio padre diceva lo stesso», aggiunse Thomas, sorpreso dalle parole di quell’uomo dall’aria poco raccomandabile.
«Questo perché era un brav’uomo».
«E perché era un cuoco».
«Non riesco a immaginare di meglio. Anche a me sarebbe piaciuto sposare una cuoca», disse il detenuto. «Ti invidio per aver avuto un padre cuoco, mangiare è la cosa che mi riesce meglio».
«Ma non è una professione».
«Non credere, gli imperatori romani e i faraoni egizi disponevano di qualcuno che aveva il compito di assaggiare tutto quello che veniva servito alle loro tavole».
«Questo per timore di essere avvelenati… capitava e molti di loro morivano».
«Perbacco! Un piccolo dettaglio, certamente importante», osservò il suo compagno di cella. «Inoltre, adesso stanno arrivando nuove delizie dalle Indie».
«Non pensi ad altro che mangiare?». Thomas iniziava a trovare piuttosto buffa la frivolezza di quell’uomo che sembrava fare tanto il duro.
«Ovviamente, sono molto esigente», rispose lui, orgoglioso. «Mangia, dammi retta».
Thomas fece un sospiro e finì per provare il brodo.
«È disgustoso».
«Io ho detto che dà nutrimento, nient’altro», rispose il detenuto, pulendosi le scarpe di cuoio.
«Come fai a mangiarlo?». Thomas ne bevve un altro sorso, ma per poco non vomitò.
«Anche se non ci crederai, ho mangiato di peggio. Quando ero nel sud Italia agli ordini del Gran Capitano, mi sono specializzato in operazioni segrete, sono una vecchia spia».
«Non lo avrei mai detto».
«Infatti, una spia deve passare inosservata. Te lo sto dicendo perché si vede subito che sei una brava persona e la prigione è da sempre luogo di confessione», e sorrise.
«E se sei una spia specializzata, perché sei finito qui dentro?»
«Perché ho dignità e sono un buon cristiano. Non mi piacciono queste attività che oggi vanno tanto di moda».
«A cosa ti riferisci?», chiese Thomas, interessato.
«Quelle che privano gli uomini e le donne della loro libertà, mi riferisco a quelle».
«Per quanto ne so io, possono essere schiavizzati solo coloro che non sono cristiani…».
«Ma non è una bella cosa. Che necessità c’è di catturare dei poveri innocenti in Africa per portarli a lavorare nel Nuovo Mondo?»
«La verità è che non ne so nulla di quelle attività», bisbigliò Thomas.
«Meglio per te!», esclamò il recluso.
«Quindi è per questo che sei rinchiuso qui dentro?»
«Non esattamente. Ero stato assoldato per scoprire come faceva un farmacista di calle Sierpes a fare in modo che il vino non ossidasse durante il viaggio per le Indie».
«Sei una spia del vino?»
«Non ridere, e sia chiaro, sono il migliore nel mio campo. È per questo che i miei nemici mi hanno fatto rinchiudere qui dentro».
«Un soldato che ha combattuto tante battaglie dovrebbe aspirare a qualcosa di più che a inseguire i segreti del vino».
«Sono d’accordo, c’è una reputazione da mantenere. Per questo non accadrà più. Ho deciso che d’ora in poi metterò le mie indiscusse abilità al servizio di cause giuste e cristiane». Poi lo squadrò da capo a piedi. «E tu, perché sei rinchiuso qui dentro?»
«Che importa?»
«Come vuoi, io però ti ho raccontato la mia storia».
Il detenuto si voltò dall’altra parte, come per mostrare indifferenza.
«Il mio collega è stato ammazzato», disse Thomas, «mentre dormivamo in una locanda, e sembra che adesso vogliano incolpare me…».
«Brutta storia».
«Lo so».
«Devono sempre trovare un colpevole per placare il popolo. Non importa se poi colpevole lo sia davvero, l’importante è far credere che lo sia», affermò l’uomo.
«Questo non mi tranquillizza».
«E infatti non dovrebbe tranquillizzarti, anzi. Dovresti essere ancora più nervoso». Il carcerato si rannicchiò in un angolo e chiuse gli occhi.