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Le tesi

 

 

 

 

 

 

 

 

Thomas e Carlos giunsero in tipografia assieme a Matías. Con un’eloquenza che ricordava quella di Massimiliano, il giovane spiegò tutto nei minimi dettagli al signor Thys. Gli disse che a Worms si stava tenendo un’assemblea nella quale ben presto Lutero avrebbe difeso le sue idee. Consegnò al signor Thys il testo da stampare, ma l’uomo gli chiese un po’ di tempo per poterlo leggere e prendere una decisione.

Si chiuse in negozio e vi rimase l’intera mattinata. Era inusuale e secondo Thomas non lasciava presagire nulla di buono.

Prima di pranzo, il capo uscì con una faccia sconvolta.

«Le stamperemo, certo che lo faremo!», affermò con decisione.

Per poter far fronte all’enorme richiesta, lavorarono a cottimo; la gente richiedeva copie di quel testo non solo ad Anversa, ma in tutte le Fiandre. Ricevevano ordini persino dal Regno di Francia e dal Ducato di Lussemburgo.

Agli inizi di marzo, il signor Thys dovette assumere altro personale, così si unirono a loro altri cinque aiutanti e un assistente di stampa proveniente da Gand. Carlos ottenne la carica di primo assistente e Thomas divenne apprendista. Non avrebbe mai immaginato che le cose ad Anversa gli sarebbero andate così bene.

Grazie al successo della loro attività, i Thys ottennero molta fama in città e cominciarono a frequentare la classe nobile. Furono persino invitati a un evento organizzato a Bruxelles dalla governatrice delle Fiandre, Margherita d’Austria, figlia dell’arciduca Massimiliano. La signora Thys era al settimo cielo.

Thomas smise di dormire nel pagliaio. I Thys comprarono la casa attigua alla tipografia, resero i due edifici comunicanti e vi fecero alloggiare i dipendenti, gli aiutanti al pian terreno, gli apprendisti e gli assistenti al piano superiore, ognuno con la propria stanza. In quel modo Thomas aveva più intimità per le sue letture. Amava sempre di più leggere a lume di candela, immaginava di solcare il mare Egeo, di trovarsi sull’isola di Tino, di fronte a Mikonos. O più distante, nel Nuovo Mondo o sulle isole delle Spezie.

Il giovane dormiva sempre meno, perché poteva comperare le candele e leggere fino a notte fonda. Inoltre, grazie al suo nuovo stipendio, poteva anche permettersi di acquistare libri in altre tipografie della città. Il signor Thys non si opponeva, a patto che glieli lasciasse esaminare per capire come lavorava la concorrenza. Thomas non doveva più nascondersi da nessuno, si godeva la solitudine della sua stanza e il silenzio durante le letture preferite, i testi greci sulla mitologia, i viaggi e la filosofia.

Tra i tanti, lesse anche Il banchetto di Platone, nel quale si narrava la leggenda dei primi uomini, che in origine avevano due teste, quattro braccia e quattro gambe. Divennero talmente potenti che il divino Zeus, temendo di essere spodestato, decise di dividerli, condannando l’uomo a passare tutta la sua esistenza alla ricerca “dell’altra metà”.

Platone, però, sosteneva una cosa molto crudele, ovvero che gli uomini fossero fatti di anima e corpo, con l’anima imprigionata in un corpo fatto di materia. Le nostre anime bramano la bellezza dell’amore, ma non la raggiungeranno mai, perché l’amore non è materia.

Thomas maledisse Platone, perché per lui l’amore era impossibile da raggiungere.

Il silenzio che accompagnava le sue letture fu interrotto una notte di aprile, quando sentì degli scricchiolii dietro la porta. All’inizio non vi diede alcuna importanza, ma si spaventò quando sentì bussare.

Si alzò di scatto e cercò qualcosa con cui potersi difendere, ma trovò soltanto un candelabro con cui non avrebbe intimorito nessuno. Lo afferrò con entrambe le mani, posizionandosi dietro la porta. Quando questa si aprì, trattenne il respiro, alzò le braccia e…

«Thomas, che fai? Sono io», sussurrò una voce familiare.

In quello stesso istante, il giovane allungò le braccia con tutte le sue forze ma, fortunatamente, riuscì a fermarsi prima di colpire la ragazza.

«Edith!».

«Non gridare, sei matto? Mi vuoi ammazzare?»

«Pensavo che fossi…», e mise il candelabro a terra. «Non lo so nemmeno io. Che ci fai qui? Avrei potuto ferirti!».

«Lo so, grazie del benvenuto». Chiuse la porta e si abbassò il cappuccio che le copriva la testa.

Era triste, come se un velo di malinconia le coprisse il volto. Ciononostante, era sempre bellissima, anche più del solito. Thomas pensò di non averla mai trovata tanto bella come in quel momento.

La giovane si sedette sul letto e Thomas andò a sedersi accanto a lei.

«I miei genitori, ora che siamo diventati famosi, hanno rotto la promessa di fidanzamento che avevano fatto col figlio dei tipografi della cattedrale».

Thomas non poté contenere la gioia.

«Edith», e le prese la mano. «Cara Edith, io…».

Avrebbe voluto dirle tante cose, ma il suo cuore fu più veloce della sua mente e la baciò. Fu un lungo bacio; il giovane chiuse gli occhi, e fu come entrare in quelli di lei. Appoggiò la mano destra sulla spalla di Edith e la sinistra sotto la nuca, passandole le dita tra i capelli. Aprì gli occhi e si ritrovò davanti quelli della giovane, più verdi che mai.

Le loro labbra si separarono e inspirò la stessa aria che usciva dalla bocca della giovane. Non smise di guardarla neanche per un istante e si presero le mani.

«Thomas, non hai capito…».

Edith era molto triste.

«Che succede? Scusa se non ho resistito a baciarti, ma quello che provo per te…».

«No, non si tratta di questo. Sono stata promessa al figlio di un nobile di Bruxelles».

«Quindi sei ancora promessa a qualcuno…».

«Sì, siamo la maggiore tipografia di Anversa, forse di tutte le Fiandre. Quelle tesi di Lutero… continuano a richiedercele. Oggi mio padre parlava di assumere nuovo personale, è impazzito».

«Lo so». Thomas abbassò lo sguardo.

«Matías, l’uomo che le ha portate fin qui, è un incosciente! Tiene mio padre in pugno, gli ha promesso di tutto a patto che non smetta di stampare. Gli ha detto che Lutero si trova già a Worms e che difenderà le proprie tesi la seconda settimana di aprile. Thomas, ho paura. Abbracciami forte!».

Il giovane era senza parole, aveva le gambe e le mani che gli tremavano, e sentì un sudore freddo percorrergli tutto il corpo. Percepì la forza di un’attrazione nuova, di una passione incontrollabile per quella donna, diversa dalla sua adorazione per Úrsula, alla quale non poteva evitare di pensare, perfino in quel momento.

«Ti sposerai con un nobile?»

«Questo è ciò che vogliono i miei genitori. A quanto pare, appartiene a una famiglia in rovina ma con un cognome importante, imparentato agli Asburgo», gli spiegò. «Per mia madre sarebbe come entrare a far parte della casa reale. Non fa che parlarne. Credo che stia già fantasticando di essere ricevuta dall’imperatore».

«Posso immaginare le aspirazioni di tua madre».

«Thomas, non voglio sposare quell’uomo, per nobile che sia», e lo accarezzò su una guancia. «Salvami, ti prego».

«Edith, io sarei l’uomo più felice del mondo se tu accettassi di sposarmi, mi hai conquistato e quando sono con te mi sento capace di fare qualsiasi cosa. Lo sai che ti amo».

Stavolta fu lei ad avvicinare il suo viso a quello del giovane e lo baciò appassionatamente. Poi sospirò e gli prese la mano.

«E io sarei molto felice di essere la tua sposa».

«Ma come possiamo fare? Se i tuoi genitori hanno dato la loro parola, c’è poco da fare».

«Dev’esserci una soluzione». Edith strinse i pugni davanti allo sguardo attento di Thomas. «Mio padre ti stima molto e si fida di te».

«Una ragione in più perché mi uccida se ci scopre, e non dimenticare che tua madre mi odia».

«Mia madre è così con tutti, non prenderla sul personale», mormorò Edith.

«Come farà a permetterci di sposarci se ti ha già trovato un nobile pretendente?»

«Ci sarà un modo, se tu provassi… non so», Edith esitò, «se tu avessi una tua attività, qualcosa che ti facesse guadagnare molto denaro. Magari in quel modo potresti ereditare la tipografia di mio padre. Qualcuno dovrà occuparsi dell’attività quando lui non ne sarà più in grado, e a me non lasceranno farlo da sola perché sono una donna. Che ingiustizia!».

«Edith, quello che dici è complicato. Penso sia molto difficile».

«Certo che lo è, ma qualcosa potrai pur fare per aiutarmi, per poter stare insieme».

«Magari». Thomas si portò le mani sulla testa.

«O non potrò far altro che sposare un uomo che neanche conosco, è questo che vuoi? Hai detto di amarmi».

«E ti amo! Certo che ti amo! Come puoi dubitarne? Ti prometto che non lo permetterò, non permetterò un matrimonio forzato». Thomas le afferrò un braccio.

«E come ci riuscirai?», gli chiese lei con voce ferma.

«Scappiamo, andiamo via da qui».

«Thomas, e dove andiamo?»

«Dovunque, purché insieme», le disse, coi suoi occhi espressivi che brillavano come non mai.

Sul viso di Edith apparve un’espressione di confusione mista a sorpresa.

«So che la tua famiglia è ricca e che scappando dovrai rinunciare a una vita di lussi e comodità, ma saremo liberi, potresti leggere tutti i libri che vuoi e persino scriverli! Potresti diventare una scrittrice…».

«Questo non me lo aspettavo, io… non so cosa dire».

«Allora non devi dire niente, devi solo starmi a sentire», e la baciò.

Stavolta nessuno dei due si fermò. Thomas la strinse forte a sé, continuando a baciarla, mentre lei lo ricambiò in modo sempre più passionale.

«Aspetta». Edith si scostò leggermente e cercò con le dita la chiusura del vestito per potersene liberare.

Mentre le scivolava lungo il corpo, il cuore di Thomas prese a battere sempre di più. Edith lo guardava, studiando le sue reazioni e aumentando la sensualità dei movimenti. Allungò le braccia per togliersi lentamente gli indumenti intimi, mostrandosi davanti a lui in tutta la sua accattivante nudità.

Thomas, che non aveva mai visto tanta bellezza, rimase assorto a contemplarla. Fu lei a dovergli prendere la mano e posarla sui suoi seni, piccoli e bianchi, con vene azzurre come il cielo.

Un desiderio quasi animale si risvegliò in lui e riprese a baciarla con più forza mentre le sue mani scendevano sui suoi glutei, afferrandoli con decisione.

Il giovane si denudò in maniera più goffa e rapida. Edith non poté fare a meno di sorridere e lui arrossì, poi risero insieme per l’emozione e la felicità. Stavolta fu lei a posare le sue dita affilate sui fianchi del giovane, toccandoli con delicatezza ed esaminando quel corpo maschile. La sua eccitazione divenne tale che Edith dovette fermarsi, poi si diresse verso il tavolo, ci si distese sopra e gli fece segno di avvicinarsi.

Si unirono per la prima volta. I loro corpi reagirono come se sapessero cosa fare, nonostante le loro menti fossero completamente annebbiate. Non riuscirono a trattenere i loro gemiti di passione, era come se fossero in un’altra dimensione. Neppure quando finirono di fare l’amore si preoccuparono del fatto che gli altri dipendenti che dormivano nella stessa casa avrebbero potuto vederli o sentirli.

Niente importava; la gioia e il delirio da cui erano stati travolti li facevano sentire al di sopra di tutto.

Si salutarono con un lungo bacio, di quelli che si scambiano soltanto gli innamorati.

Edith se ne andò emozionata, lasciandosi dietro la tristezza con la quale aveva iniziato quella notte. Thomas, ubriaco d’amore, non riuscì a prendere sonno. A terra giaceva il libro di Platone; forse i Greci non avevano ragione su tutto, perlomeno rispetto all’amore. L’amore possibile.

Ora, però, doveva trovare un modo per impedire il fidanzamento di Edith.

Il giorno dopo, Thomas faticò a concentrarsi sul lavoro. La stampa del libro delle tesi di Lutero li assorbiva quasi completamente e avevano accumulato molto lavoro. Inoltre, l’arrivo dei nuovi dipendenti implicava che gli venisse insegnato il lavoro in modo da integrarli a pieno nel processo lavorativo. Ora Thomas aveva più responsabilità e non poteva permettersi distrazioni, ma quella mattina aveva la testa da un’altra parte.

Con il passare dei giorni, le cose divennero ancora più frenetiche. Di notte, Thomas si vedeva con Edith nella sua stanza, ma dopo ogni appassionato incontro amoroso lei gli chiedeva del piano per poter stare insieme e lui non era in grado di darle una risposta concreta. Cercava di evitare le sue domande, era evasivo, ma a poco a poco notò che Edith stava cominciando a spazientirsi. Così, a metà settimana, una volta finito di lavorare, Thomas se ne andò al molo. Aveva bisogno di allontanarsi da tutto e da tutti per potersi schiarire le idee e quel posto gli trasmetteva la pace necessaria per poter riflettere.

Comprò una bottiglia di vino da alcuni portoghesi che ne avevano scaricato delle casse e si sedette a bere. Gli mancava vedere arrivare le grosse navi cariche di lana di Castiglia con cui venivano create le stoffe pregiate che sarebbero state vendute in tutto il regno cristiano.

In nessun altro regno venivano create stoffe migliori di quelle lavorate dai fiamminghi, ma le imbarcazioni cariche di lana non arrivavano più a causa dei comuneros.

Bevve dalla bottiglia e ripensò alla sua infanzia ad Augusta. Non era trascorso molto tempo, ma sembrava un’eternità. Prese la medaglietta di sua madre e la strinse forte tra le mani.

Si domandò dove fosse Úrsula e cosa le avrebbe detto se avesse potuto vederla.

La verità era che dal primo momento in cui aveva rivolto la parola a Edith aveva smesso di pensare a un futuro assieme a Úrsula, e questo lo intristiva. Ma la ragazza era lontana, probabilmente si era già sposata ed era andata avanti con la propria vita. Ora il suo destino era con Edith, o perlomeno così sembrava indicato da tutti i segni. Di nuovo i segni del destino, quelli in cui credeva Conrad …

«Pensavo che non bevessi vino», disse una voce alle sue spalle.

«Infatti». Voltandosi, si ritrovò a guardare il volto di Massimiliano, vestito in modo molto più elegante rispetto a come lo ricordava. «Mi sto ubriacando, è diverso».

«Io giurerei che è la stessa cosa».

«Non mi piace bere, ma per una maledetta volta voglio perdere la lucidità e non pensare più a niente».

«Altolà». Gli tolse la bottiglia prima che potesse bere un altro sorso e ne annusò il contenuto. «Se continui a bere questa porcheria, domani non ti ricorderai nemmeno come ti chiami».

«È questo il punto». Thomas cercò di recuperare la bottiglia, invano.

«Era da tanto che non parlavamo. La vendita del tabacco va molto bene, anche se credo che il futuro sia rappresentato dalle patate. Gli spagnoli non hanno saputo sfruttare l’affare, ma se riuscirò a far sì che vengano coltivate, mi ricoprirò d’oro».

«Sono felice per te».

«Sono anche diventato padre, di due gemelle». Sorrise. «Te lo immagini?»

«Congratulazioni, e ora ridammi il vino».

«Essere padre ti cambia la vita», disse, guardando verso l’orizzonte, «e non sai cosa voglia dire fino a che non ti succede». Abbassò lo sguardo su Thomas. «A cosa è dovuto questo goffo tentativo di ubriacarti? Da cosa stai fuggendo?»

«Dal destino».

«Da quello non puoi fuggire. Per quanto tu possa correre, ti raggiungerà sempre. Smettila di fare lo stupido, che ti succede? Siete pieni di lavoro, so che sei stato promosso e si fidano di te. Dovresti essere assieme al tuo capo e ai tuoi colleghi a festeggiare, non qui da solo a compatirti».

«Tu che ne sai, vattene dalle tue figlie e dalla tua Clementine. Vai a respirare il fumo bianco degli indios!».

«Lo faccio subito, stai tranquillo». Massimiliano lanciò in mare la bottiglia di vino. «C’è solo una spiegazione per il tuo stupido comportamento e di certo indossa una gonna. Di chi si tratta?»

«Non è affar tuo».

«Ma mi sembra strano, dev’essere molto bella per causare tanto sconforto a una persona onesta e integra come te. Ebbene, chi è? Dimmelo».

Thomas sospirò profondamente.

«È la figlia del tipografo».

«Del tuo capo! Ragazzo, mi sembra che punti troppo in alto. È vero che ti stimano molto, ma non dimenticare che la tipografia dei Thys è una delle più potenti delle Fiandre, lo sai bene».

«L’avevano promessa in sposa al figlio di un altro tipografo».

«Logico, devono espandere l’attività», mormorò Massimiliano.

«Si sono tirati indietro».

«E allora, qual è il problema?»

«Ha ricevuto una proposta di matrimonio da un nobile di Bruxelles».

«Allora puoi considerarti già sconfitto. Non c’è niente che piaccia di più ai ricchi commercianti che imparentarsi con la nobiltà, contro questo non puoi competere. I matrimoni vengono decisi dai genitori, in modo che le famiglie possano beneficiarne a livello economico o sociale», gli assicurò l’uomo. «Mi spiace dovertelo dire».

«Lo so, per questo scapperò con lei», affermò Thomas, guardandolo negli occhi.

«Di cosa stai parlando, ragazzo? Non osare!», e si guardò intorno per assicurarsi che nessuno li stesse ascoltando. «È la loro unica figlia, non lo permetteranno mai, vi perseguiteranno, non avrete alcuna possibilità».

«Non mi importa».

«Vuoi smetterla di comportarti come un perfetto imbecille? Usa la testa, dove andrete? Vi troveranno, te lo dico io che ho viaggiato più di quanto tu potrai mai fare. E come farete a mantenervi? Questa è la cosa più stupida che abbia mai sentito».

«Massimiliano», disse Thomas, afferrandogli un braccio, «siamo ancora amici? Allora aiutami, in nome di quello che hai di più caro!».

«Assolutamente no, se vuoi rovinare la tua vita e quella della ragazza è un problema tuo».

«Me lo devi, mi hai abbandonato».

«Non è vero». Il napoletano si aggiustò la manica stropicciata. «Ti ho cercato un lavoro e guarda dove sei arrivato, sei l’apprendista della migliore tipografia di tutte le Fiandre».

«Te lo chiedo da amico, aiutami».

Massimiliano sospirò, guardò il ragazzo e sbuffò.

«L’amicizia è come l’amore, non sappiamo perché, ma siamo in grado di riconoscerla quando ce la troviamo davanti. Non bisogna perder tempo a cercare di capirla». Il napoletano sorrise. «Lasciami riflettere… dovresti fuggire molto lontano, in un grande regno, dove nessuno riuscirebbe a trovarti».

«Con i baschi. Mi porterebbero fino al regno di Castiglia, in Spagna, ma al momento il commercio della lana è fermo, non c’è movimento».

«Ufficialmente no». Massimiliano continuò a riflettere. «Ma continuano ad arrivare spedizioni e ci sono navi che vanno e vengono in gran segreto».

«La Spagna è abbastanza lontana, vero? I Thys non ci cercherebbero mai lì, non credi?»

«Possibile», rispose l’uomo, grattandosi il mento con espressione contrariata. «Hai del denaro da parte?»

«Non molto. Thys paga bene, ma non abbastanza», e si passò le mani sul volto.

«Al momento la Spagna è il centro del mondo, ma, una volta lì, come farete a sopravvivere?»

«Ci saranno delle tipografie», rispose Thomas, «posso lavorare in una stamperia locale».

«Difficile, ti chiederebbero delle referenze e non potresti fare il nome dei Thys per non essere scoperto dalla famiglia della ragazza».

«Allora mi troverò un altro lavoro».

«Rinunciando a tutto quello che hai ottenuto finora per quella donna?»

«Lei è tutto ciò che desidero», sentenziò Thomas.

«Maledetto sia l’amore, ci fa desiderare l’impossibile».

«Platone sarebbe d’accordo».

«Comunque, avrai bisogno di denaro per poterti imbarcare. Io non posso prestartelo, la mia sposa controlla ogni singolo centesimo che spendo. Non potresti, diciamo, prenderli in prestito dai Thys?»

«Impossibile, tengono il denaro sotto chiave».

«Ma la loro figlia di certo potrà avere accesso a quei soldi».

«Non voglio che Edith rubi ai suoi genitori, non sarebbe giusto. Una cosa è fuggire per amore, un’altra è rubare», puntualizzò Thomas, «e io non sono un ladro».

«Hai ragione, anche se credo ci sia qualcosa che potete prendere, qualcosa che per i Thys non sia di importanza vitale».

«Di che diamine stai parlando?»

«Dici di volertene andare in Spagna con i baschi. Loro da Anversa trasportano i tessuti, e tu avrai senz’altro accesso a qualcosa che lì avrebbe molto valore». A Massimiliano brillavano gli occhi e Thomas capì il significato di tutto quel giro di parole. Gli era venuta un’idea.

«A cosa stai pensando?», chiese, tirandosi su. «Dimmelo!».

«Le tesi di Lutero, Thomas! In Spagna sono state proibite, se riusciste a introdurle nel Paese… e a trovare il giusto acquirente, vi pagherebbero molto denaro, sarebbe il vostro salvacondotto per poter sopravvivere in quelle terre».

«E se mi scoprono?»

«Ti porteranno di fronte al tribunale della Santa Inquisizione».

«Non so cosa sia questo tribunale». Thomas cominciava a sentire sempre più gli effetti del vino.

«È il tribunale ecclesiastico cattolico di Spagna, potente e crudele con gli eretici. Thomas, sarà meglio che tu non arrivi mai a conoscerlo. Ricorre ad atroci strumenti di tortura per far sì che i prigionieri confessino qualsiasi cosa, e ci riesce sempre. Patiresti pene talmente grandi da arrivare a fare o dire di tutto, persino a desiderare di non essere mai nato».

«E vuoi che corra questo pericolo portando in Spagna le tesi di Lutero? Con il rischio di dovermi trovare di fronte a quei demoni? Massimiliano, ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo di fare?»

«Dovrai essere più sveglio di loro, affinché non ti scoprano con quelle tesi. Trova un mantello molto spesso e infilale sotto la fodera», gli suggerì l’uomo, entusiasmato dall’idea. «Durante il viaggio non te ne separerai mai e, una volta in Spagna, non dovrai affrettarti a venderle. Trova il giusto acquirente».

«E chi sarebbe?». Thomas non faceva che agitare le mani. «Mi scopriranno, non posso farlo».

«La migliore opzione sarebbe un teologo, un amante dei libri di Erasmo che avrebbe una mente più aperta, ma fai le cose con calma. Te l’ho già detto, meglio non pensare a cosa succederebbe se dovessero scoprirti».

«D’accordo. Lo farò!».

«Ma continui ad avere il problema dei suoi genitori». Massimiliano si passò una mano sulla testa. «Sai a quale giovane nobile è stata promessa?»

«So solo che la famiglia ha problemi economici».

«Bene, a questo penserò io».

«Che intendi dire?», chiese Thomas, piuttosto ubriaco a causa del vino di pessima qualità che aveva bevuto prima che il suo amico gettasse la bottiglia in mare.

«Niente, tu pensa solo a trovare una nave sulla quale potervi imbarcare».

«Perché mi stai aiutando?»

«Ti ho detto che potrai sempre contare su di me», e si abbracciarono a lungo. «Mi dovrai fare un favore. Se dovessi scoprire qualcos’altro sul Nuovo Mondo, dovrai mandarmi una lettera e raccontarmi tutto».

«Lo farò».

«Buona fortuna, Thomas».

«Anche a te. Abbi cura delle tue figlie e grazie, amico mio».

Tornato in tipografia, andò diretto verso il retro della casa dei Thys, prese dei sassolini e li lanciò contro la finestra della stanza di Edith. Non sembrarono sortire alcun effetto, così ne tirò degli altri, facendo attenzione a non svegliare nessun altro. Forse la giovane non era nella sua stanza o non voleva affacciarsi. Prese un ultimo sasso e, proprio quando stava per lanciarlo, Edith aprì la finestra, spaventata.

Gli fece dei gesti per dirgli che era matto e lui le lanciò un ultimo sasso avvolto in una lettera, nella quale le spiegava tutti i dettagli del suo piano. Edith la prese, gli intimò di allontanarsi da lì e richiuse la finestra.

Secondo quanto c’era scritto nella lettera, se Edith avesse accettato il suo piano, avrebbe dovuto lasciare una candela accesa vicino alla finestra allo scoccare della mezzanotte.

Thomas rimase nascosto tra i cespugli. Una fitta nebbia avvolse le strade di Anversa e al freddo si unì la paura di non vedere la luce di una candela alla finestra della stanza della sua amata. Nonostante tutto, la speranza era più forte dello sconforto e aspettò pazientemente. Passate varie ore, Thomas abbassò lo sguardo e, storcendo il naso, dovette accettare la sconfitta. In fondo, il suo era un piano disperato, ma cos’altro poteva fare? Abbattuto, si voltò per andare via ma non senza dare un’ultima occhiata alla sagoma della casa dei Thys, e fu allora che vide brillare una fievole luce. Si avvicinò cautamente e sì, era la luce di una candela.

Edith aveva accettato, sarebbero fuggiti assieme da Anversa. Era giunto il momento di dare il via al suo piano.