8
Il tabacco
Massimiliano portò in scena il suo spettacolo in altre città. Raggiunsero Monthey e successivamente Aigle, dove ricevettero una calorosa accoglienza. I due andavano via via perfezionando la loro intesa in scena, così come le apparizioni di Luna. Nel mese di settembre ottennero un enorme successo a Friburgo, dove decisero di fermarsi fino alla fine di ottobre. Successivamente partirono alla volta di Losanna. Evitarono di fare tappa nella città di Ginevra, perché allertati rispetto ad alcuni disordini causati dalla pubblicazione di una tesi contro le indulgenze di Roma. Giunsero in terra di Borgogna, una zona molto più simile alla terra natale di Thomas. Si fermarono per esibirsi a Port-sur-Saône, cercarono la piazza del mercato, sparsero la voce della loro presenza e, non appena scese la sera, riuscirono a radunare un discreto numero di curiosi.
Massimiliano era un grande affabulatore e sapeva come stuzzicare l’interesse generale. Riusciva a descrivere con estrema abilità le meraviglie del Nuovo Mondo, soddisfacendo le aspettative del pubblico. Il lama tornò a suscitare parimenti entusiasmo e paura, e il tabacco proporzionò piacere alla maggior parte dei presenti. Tutto ciò fece sì che i due guadagnassero abbastanza monete da potersi permettere di cenare e dormire con un tetto sopra la testa.
Con l’arrivo dei primi freddi, tornarono ad Annecy, all’unica locanda del posto. Per fortuna era un edificio nuovo, ben costruito, e il locale era gestito da due giovani sposi. Lei si chiamava Geraldine ed era una donna molto allegra. Spesso la si sentiva cantare dalla cucina e Massimiliano non esitava nell’accompagnarla. Insieme erano soliti improvvisare motivetti che rallegravano non solo i clienti, ma anche Antoine, il marito della donna, il quale spesso li accompagnava entusiasta con un piccolo flauto dal suono melodioso.
In quei mesi nei quali non potevano lavorare né viaggiare, Massimiliano ne approfittò per raccontare a Thomas altri aneddoti sul Nuovo Mondo. Così il ragazzo apprese che gli spagnoli avevano perlustrato quelle terre alla ricerca del pepe, la più pregiata tra le spezie d’Oriente. Finirono per trovarne una simile, un pepe delle Indie chiamato “chile”. Inoltre, avevano riportato in Europa qualcosa di simile a una varietà di pepe in baccello, che Colombo aveva chiamato peperoncino, dal sapore piccante, ma che non veniva usato come spezia. Gli raccontò che avevano scoperto un tipo di cannella delle Indie, ricavata da un albero a foglie perenni, come quelle dell’alloro, ma con lo stesso sapore e profumo della cannella importata dai portoghesi.
Thomas adorava il fatto che ci fosse di nuovo qualcuno che gli parlava delle spezie. Gli faceva tornare alla mente suo padre, che fin da quando era piccolo gli aveva sempre raccontato aneddoti sulle isole delle Spezie. Si dice che le prime impressioni che riceviamo da bambini siano quelle che ci portiamo dietro per tutta la vita, e nel caso di Thomas sembrava essere proprio così.
Il napoletano gli procurò un vecchio cappotto caldo per ripararsi dal freddo. A Thomas stava un po’ piccolo e gli dava un aspetto curioso, ma anche il fatto che si fosse fatto crescere i capelli, che ora gli ricadevano sulle spalle, non aiutava in tal senso.
Una sera Massimiliano gli parlò della vaniglia, un’orchidea esotica dal frutto a capsule, simile a un legume. Era stata battezzata così dagli spagnoli, in quanto il suo frutto somigliava molto a un baccello. Gliela mostrò attraverso una delle tante immagini che aveva nel carro. Thomas le trovava fantastiche, erano immagini di piante e alberi di ogni genere e tutte riportavano le stesse iniziali, J.M. Quel J.M. era davvero talentuoso, Thomas ne era certo, pur non intendendosene molto di arte.
Non passava giorno in cui non parlassero di qualcosa di nuovo. Thomas amava imparare e Massimiliano trovò in lui un ascoltatore intelligente, molto diverso rispetto al pubblico a cui era abituato. Il napoletano era un uomo molto curioso, aveva un aspetto piuttosto pittoresco, usava vestiti molto colorati, e quindi costosi, che però dovevano essere vecchi o di seconda mano. Ma grazie al suo bel portamento li sfoggiava con dignità. Inoltre, portava degli stivali tagliati che gli coprivano la gamba fino all’altezza del ginocchio e avevano delle pieghe sul collo del piede. Thomas non li aveva mai visti prima.
«Sono stivali militari».
Il giovane fece spallucce.
«Non li hai mai visti! È una calzatura che si usa già da vari secoli, di una pelle sottilissima che si adatta bene alla forma delle gambe».
«Sembrano più che altro delle calze».
«Che assurdità! Sono calzature usate dai soldati», disse l’uomo, alzando la voce.
«E quelle pieghe?»
«Sono fatte così, questo tipo di pelle non rimane mai ben stirata». Massimiliano fece un sospiro. «Quante cose hai ancora da imparare, ragazzo».
L’inverno fu lungo e freddo, e a poco a poco finirono tutto quello che avevano guadagnato con le loro esibizioni. Thomas si rese conto che Massimiliano aveva deciso di non restare a lungo ad Annecy, forse per questo aveva cominciato a farsi più silenzioso, a cantare di meno e a non accompagnare più Geraldine. Ma un giorno arrivò un mercante del nord, proveniente dal Lussemburgo. Era un uomo basso e corpulento, che commerciava il Beaujolais, un vino tipico di Lione. Gli raccontò che si trattava di un tipo di vino che fermentava in poche settimane e veniva messo in vendita alla fine di novembre. Impiegava poco tempo ad andare a male, pertanto lui usava l’eccedenza dell’inverno, vendendolo a un prezzo più basso a locande e taverne che lo mischiavano con altri vini più torbidi.
Spiegò che, anche se la stagione invernale si era allungata, la gente del nord aveva già iniziato a uscire, ansiosa di lasciarsi alle spalle la tristezza dell’inverno, e i mercati lì erano già popolati. Quella era esattamente la notizia che Massimiliano voleva sentire; l’uomo decise subito di lasciare Annecy e partire verso nord.
Salutarono Antoine e la gioviale Geraldine e ripartirono in compagnia di Luna e Lancero. Ebbero la sfortuna di incontrare un forte temporale che li costrinse a fermarsi nei pressi di Nancy, dove terminarono quasi tutti i loro viveri. Successivamente raggiunsero Metz, dove il loro spettacolo non ebbe un gran esito, mentre in Lussemburgo riuscirono a fare ottimi guadagni, soprattutto grazie alla vendita del tabacco. Massimiliano non aveva perso neanche un po’ della sua eloquenza, anzi, era più convincente che mai.
Thomas era affascinato da quell’erba e condivideva sempre la sua curiosità con chiunque ne venisse a contatto per la prima volta. Una sera di maggio, mentre si scaldavano davanti a un falò in una radura nel bosco, Massimiliano preparò uno dei soliti cilindri, riempiendolo di tabacco per poi arrotolarlo. Lo prese da un’estremità e, quando l’altra parte divenne arancione, se lo portò alla bocca, inspirando. Attese qualche secondo, per poi espellere una boccata di fumo bianco. Subito dopo, sul suo volto apparvero un ampio sorriso e un’espressione soddisfatta.
Thomas sorrise assieme a lui.
Massimiliano lo guardò.
«Vuoi provare? Dai, ragazzo, non puoi vendere una cosa che non hai mai provato».
«No, no…», rispose, ma senza allontanarsi. «Non so, che devo fare?»
«Niente di particolare, solo inspirare il fumo e buttarlo giù».
«Buttarlo giù?»
«Sì, devi riempire il petto», disse l’uomo, indicandolo, «e poi devi ributtarlo fuori tutto, a poco a poco».
«Come?»
«È facile, tu fallo e basta», disse, passandogli il tabacco.
Thomas lo prese. Dalla punta accesa saliva un sottile filo di fumo.
«Dai! Non pensarci troppo, che si consuma».
Thomas se lo portò alle labbra, deglutì, chiuse gli occhi e fece un tiro. Non sentì nulla, fu come ingoiare del cibo, e poi riaprì la bocca. A quel punto, però, non fu più in grado di tirare fuori il fumo dai polmoni, sentì come se gli fosse andato di traverso, e iniziò a tossire come se stesse affogando.
Massimiliano scoppiò in una grossa risata, mentre Thomas non riusciva a smettere di tossire. Perfino Luna fu infastidita dai rumori e sollevò la testa per vedere cosa stesse accadendo.
«Ragazzo, non avere fretta, è successo a tutti la prima volta».
Thomas continuava a tossire, e Massimiliano recuperò il tabacco, fece un tiro e buttò fuori il fumo con facilità.
«È solo questione di pratica, come tutto nella vita».
«Quasi affogo», riuscì finalmente a dire.
Thomas cominciò ad avere le vertigini, la gola gli pizzicava e aveva lo stomaco sottosopra.
«Vuoi provare di nuovo?»
«Per carità! Fa schifo».
Massimiliano scoppiò di nuovo a ridere e poco dopo andarono a dormire. Thomas si sentiva strano; dopo i primi effetti negativi del tabacco, provò all’improvviso un forte senso di rilassamento. Quella notte dormì come un angioletto.
Il nuovo giorno portò con sé un vento insolito per quella stagione; i due si rimisero in marcia, seguendo il percorso che Massimiliano aveva in mente. Fu un viaggio abbastanza lungo e, mentre Lancero trainava instancabile il carro, Luna se ne stava come una regina nella parte posteriore del mezzo, il napoletano fischiettava e canticchiava canzoni della sua terra e Thomas volava con la fantasia verso le isole delle Spezie.
Dopo una ventina di soste, alla fine dell’estate raggiunsero Namur.
«Siamo nelle Fiandre, ragazzo. Una terra ricca e complicata».
«Perché complicata?»
«Filippo il Bello, signore di queste terre e sposo della principessa spagnola Giovanna, che poi divenne regina, è morto circa vent’anni orsono. Purtroppo, lei impazzì e lui morì poco dopo».
«Di dolore…».
«No, no, giocando a palla».
«Davvero? Anch’io ci giocavo nella mia città».
«Allora fai attenzione, perché il principe morì subito dopo una partita», lo ammonì Massimiliano. «Questi territori passarono nelle mani del figlio, Carlo, l’attuale re di Spagna, sebbene francesi e altri nobili ne abbiano messo in discussione la legittimità. Prima o poi scoppierà una guerra anche qui nelle Fiandre».
«È così difficile mantenere la pace?»
«A dire il vero, sì. La guerra è una cosa semplice, si prende una spada e ci si ammazza gli uni con gli altri. Per la pace, invece, è necessario sedersi, dialogare, pensare, cedere e scendere a compromessi e costa molto alle persone, soprattutto a chi comanda. Come ho già detto, la guerra è una cosa rapida. Per uccidere non c’è bisogno di riflettere troppo».
«Una volta mi è stato detto che la guerra è una cosa da re, perché sono gli unici a trarne vantaggio, a prescindere da chi vinca o perda».
«La guerra è un’invenzione dell’uomo, ragazzo, e i re avranno pure una lucente corona in testa, ma sempre uomini restano. E vuoi sapere un’altra cosa? Tutte le corone sono macchiate di sangue, quello di infelici come me e te».
Thomas si fermò a riflettere su quelle parole.
«Passeremo la notte qui a Namur e sicuramente riusciremo a vendere il nostro tabacco nella taverna».
Massimiliano trovò una casa dove poter dormire; era di una vedova di nome Clara, con quattro figli maschi a carico. Il marito era morto di febbre alta un paio di mesi prima e la donna aveva bisogno di denaro per sfamare la prole, almeno fino a quando i figli maggiori non fossero stati in grado di lavorare.
La casa non era molto spaziosa. La donna dormiva con i suoi figli in una stanza e lasciò l’altra ai due forestieri. Riuscì a compensare la mancanza di spazio con un’ottima cena, e Clara preparò anche dei dolci deliziosi, per la gioia dei palati di Massimiliano e Thomas.
La vedova li informò che alla fine di settembre ci sarebbe stata un’importante fiera agricola, l’occasione perfetta per esibirsi, così decisero di restare lì fino ad allora.
Namur era una città prospera, con uno spettacolare castello sopra uno sperone roccioso che dominava la riva nord del fiume Mosa, mentre la riva sud apparteneva alla Diocesi di Liegi.
Massimiliano non era un semplice viaggiatore, gli piaceva conoscere di più i luoghi che visitava e cercava di trasmettere la stessa curiosità a Thomas. Insieme percorsero le vie della città, visitandone le chiese e i negozi principali. Il ragazzo, però, non si mostrò mai molto entusiasta, almeno fino a quando non arrivarono davanti a una libreria. Lo spazio antistante era occupato da tavoli, mentre i libri erano esposti all’interno. Massimiliano notò subito lo sguardo interessato di Thomas.
«Ti piacciono i libri?»
«Mio padre mi leggeva sempre qualcosa prima di dormire e, nella mia città natale, leggevo molto con il mio insegnante. Sono anche piuttosto veloce», rispose.
«Interessante, i libri vanno molto di moda. Da quando è stata inventata la stampa, le cose sono cambiate, e cambieranno ancora. Anticamente esistevano pochissime copie di un libro, e da un momento all’altro l’ultima in circolazione poteva finire bruciata, bagnata e perdersi per sempre, ma adesso no».
«Perché?». Massimiliano era riuscito a catturare l’attenzione del giovane.
«Grazie alla stampa, ragazzo, la più grande invenzione della storia».
«Dici davvero?», chiese Thomas, incredulo.
«La storia è ciclica. Ci saranno di nuovo tempi bui, gli uomini torneranno a essere stolti, l’ignoranza si impadronirà delle loro vite e dimenticheranno il passato, e sarà allora che i libri ci salveranno. Di fatto, i libri ci hanno già salvato molte volte».
«Ora sì che non capisco».
«I libri hanno cambiato il mondo talmente tante volte, più di quelle che immaginiamo. Senza di essi ogni nuova generazione sarebbe condannata a ripetere gli stessi errori dei suoi antenati, solo i libri ci separano dalla barbarie. Il giorno in cui non ce ne saranno più, spariranno anche gli uomini, ma questo non potrà più accadere grazie all’invenzione della stampa, che ne crea a migliaia. Neanche un solo libro andrà più perso!».
«Non ci avevo mai pensato…», disse Thomas, perso nei suoi pensieri.
«La lettera di Colombo che posseggo fu stampata pochi mesi dopo che l’ammiraglio raggiunse Barcellona e diffusa nelle principali città della cristianità. Cosa sarebbe successo se Colombo avesse raggiunto il Nuovo Mondo prima dell’invenzione della stampa? La notizia avrebbe impiegato molto più tempo a diffondersi, molto di più…».
«Suppongo di sì», rispose distrattamente Thomas, pensando a tutti quei libri.
«Vieni, entriamo».
«Nella libreria? Ma…». Prima ancora che potesse terminare la frase, l’uomo entrò e gli fece segno di seguirlo.
Era un ampio locale, illuminato dalla luce che filtrava dalle grosse finestre. Tutto lo spazio disponibile era occupato da scaffali sui quali erano esposti libri di varie misure, ma la cosa che affascinò di più Thomas fu l’odore. Non aveva mai respirato un profumo simile.
«Buongiorno, come posso servirvi, signori?», chiese il libraio, con un paio di occhiali poggiati sopra il naso.
Thomas li aveva già visti ad Augusta, ma mai da vicino. Faceva fatica a credere che chi li indossava potesse vederci meglio che con i propri occhi.
«Vogliamo comprare un libro e mi hanno detto che questa è la migliore libreria di Namur».
«E hanno ragione», disse l’uomo, sorridente e compiaciuto.
«Vedo che possedete libri con eleganti rilegature, veri e propri gioielli». Massimiliano annuiva con la testa. «Io sono un mercante, commercio materiale proveniente dal Nuovo Mondo».
«Ma pensa! Molto interessante!».
«Sì, e se vi dicessi quello che trasportiamo vi sbalordirei, ma non posso farlo, è un segreto. Voi siete un uomo colto e saprete bene che da lì stanno arrivando delle autentiche meraviglie».
«Sì, ne ho sentito parlare».
«Dato che viaggiamo molto, cerchiamo un libro semplice, che non abbia un tipo di rilegatura tanto… ricercata. Vogliamo qualcosa di più resistente, lo comprenderete».
«Certo, ma qui abbiamo solo libri della migliore qualità. Le rilegature sono costose, sono libri di valore».
«Non ne dubito. Lui è mio figlio», disse, indicando Thomas che lo guardò stupito, «sta per ricevere il suo primo libro e credo sappiate cosa significhi. Dunque, perché non gli mostrate quei libri che tenete conservati in magazzino perché sono edizioni più economiche delle altre?»
«Ma come vi permettete?»
«Non preoccupatevi, non diremo a nessuno di averlo acquistato qui e voi avrete comunque venduto un libro che di solito resta relegato in un angolo, giusto?»
«Non mi piacciono le persone come voi», disse il libraio, schiarendosi la voce. «Che insolenti, ma aspettate un attimo, ora torno».
Massimiliano lanciò un’occhiata Thomas, che fece spallucce.
«Come facevi a sapere che teneva da parte dei libri più economici?»
«I commercianti sono tutti uguali. Che vendano libri, fagioli o armi, tengono sempre da parte qualcosa in magazzino, in una dispensa o in un deposito».
«E all’improvviso sono diventato tuo figlio?»
«Adesso non ha importanza, Thomas».
«Questo è ciò che posso offrirvi». Il libraio posò una cassa sul tavolo. «Ma sbrigatevi, prima che entri qualcuno», disse, guardandoli con disprezzo.
Thomas sembrò sul punto di dire qualcosa, ma Massimiliano lo afferrò per un braccio, trascinandolo fino alla cassa.
«Scegli, di certo ne troverai uno che ti piacerà».
«Ma io non posso pagarlo…».
«Ti ho detto di sceglierne uno, non di pagarlo». L’uomo si voltò e si diresse dall’altra parte della libreria.
«Sono molto delicati», intervenne il libraio, «ma lo erano ancora più quando si usava il papiro. In Egitto funzionava bene, ma qui l’umidità lo distruggeva rapidamente».
«E allora fu inventata la carta».
«No! Il processo non è stato tanto rapido. Nell’antichità, l’Egitto aveva il monopolio del papiro che era ricavato dai giunchi del fiume Nilo. Sotto un determinato regno, l’Egitto decise di non rifornire più la città greca di Pergamo, in quanto stava realizzando una biblioteca più grande di quella di Alessandria».
«Si trattava della più grande mai esistita, ma finì completamente bruciata», intervenne Thomas.
«Ma tu senti». Il librario guardò il ragazzo con occhi diversi. «Esatto, ma come vi dicevo, Pergamo restò senza papiro, così i saggi del luogo si ingegnarono per trovare una soluzione e perfezionarono una vecchia tecnica, quella della pergamena. Da allora cominciò a diffondersi la scrittura sulle pelli animali, debitamente trattate».
«Quindi per fare un libro di pergamena era necessario ammazzare un intero gregge di pecore», disse Massimiliano.
«Temo di sì, soprattutto quelle più giovani».
Mentre i due uomini parlavano tra loro, a Thomas tremavano le mani. Non aveva mai avuto un libro di sua proprietà, ma aveva letto solo quelli che gli venivano dati durante le lezioni che aveva preso insieme ai fratelli Fugger. Aprì il primo esemplare; era un testo religioso, quindi lo mise subito via. Ne consultò altri, ma trattavano lo stesso argomento. Ne prese tra le mani un quinto, un trattato di linguistica. In realtà erano tutti libri usati, vecchi, rovinati e poco interessanti. Thomas non voleva che il suo primo libro fosse un testo poco gratificante, ma proprio in quel momento ne vide uno con le pagine lacerate e piene di orecchie, che era intitolato Lettere di Abelardo ed Eloisa.
«Hai scelto quello, sei sicuro?», chiese Massimiliano. «Pensaci bene».
Thomas non conosceva il testo che aveva tra le mani, ma qualcosa gli diceva che quello era il libro per lui.
«È un classico», intervenne il libraio, «la più grande storia d’amore mai raccontata».
«Per questo lo tenevate nascosto. Prendete». Massimiliano gli porse un paio di monete.
«Impossibile», disse il libraio, agitando entrambe le mani. «Assolutamente no!».
«Guardate», e si avvicinò a lui, «quel libro è mezzo rotto, accettate quello che vi do, siate intelligente».
«Ma quel testo è molto richiesto».
«Vi darò una moneta in più», e la tirò fuori dal borsello che teneva attaccato alla cintura, «è la mia ultima offerta».
«D’accordo, ma non andate in giro a dire che vi è stato venduto da me a quel prezzo. Ho una reputazione da difendere. Se i miei clienti scoprissero che faccio questo tipo di contrattazioni, sarei finito».
«State tranquillo». Massimiliano gli diede una pacca sulla spalla. «Andiamo, Thomas, che oggi abbiamo molto da lavorare».
E uscirono dalla libreria.
«È bello sapere che c’è qualcosa che ti piace. Ora quel libro trattalo bene».
Thomas annuì, mostrandogli un enorme sorriso.
«Grazie, Massimiliano, grazie!».
Era una notte molto calda e i due sedevano di fronte alla casa della vedova. Massimiliano fischiettava, e all’improvviso tirò fuori un po’ di tabacco che infilò in una sottile striscia di carta arrotolata, che accese da un lato per inspirare il fumo dall’altro. Thomas non riusciva ad abituarsi a quell’odore.
«Ne vuoi, ragazzo?»
«Io? Neanche per idea! Per poco non morivo l’ultima volta che ho provato», rispose Thomas con espressione disgustata.
«La prima volta è sempre così». L’uomo gli porse il piccolo cilindro pieno di tabacco. «La seconda volta è differente e ti ho già detto che devi provare ciò che vendi».
«Non ci penso proprio a inspirare di nuovo quel veleno!».
«Sicuro?», chiese Massimiliano, continuando a fumare. «Io ho conosciuto la persona che per prima ha portato il tabacco nella nostra terra. Non ne ricordo più il nome, ma diceva di essere di Cadice e fu uno dei marinai che partecipò al primo viaggio di Colombo. Una volta tornato in Spagna, non esitò a mostrare a tutti la sua scoperta. Ora ricordo, si chiamava Ayamonte e fu incarcerato, perché dicevano che solo il diavolo avrebbe potuto dare a un uomo il potere di espellere fumo dalla bocca».
«E avevano ragione».
«Davvero non vuoi riprovare, neanche un po’? Non ti ucciderà mica». Massimiliano chiuse gli occhi mentre si riempiva i polmoni di fumo.
«Non temo per il mio corpo, bensì per la mia anima».
«Ma adesso siamo vivi e quindi è del corpo che dobbiamo preoccuparci, e per farlo non c’è niente di meglio che guadagnare tanto denaro».
«Viaggiando in lungo e in largo e fumando quella roba?»
«No», sorrise tenendo in bocca il piccolo rotolo di tabacco, «ti ho raccontato molte cose sul Nuovo Mondo, ma ce n’è ancora una che non ti ho menzionato e che potrebbe renderci molto ricchi».
«Questa mi suona un po’ come una storiella».
«No, assolutamente», e buttò fuori il fumo. «Si tratta di un prodotto in grado di saziare molto. Un portoghese mi ha rivelato che è una pianta che si adatta a ogni tipo di clima e a ogni tipologia di terreno, dove si moltiplica grazie ai suoi tuberi, ramoscelli, foglie e semi. Il suo frutto, che consiste principalmente nella radice, non teme neppure la grandine. Sottoterra, è in grado di resistere al gelo e, al primo tepore primaverile, ricresce con maggiore vigore: si chiama “patata”.
«E dove si trova questa pianta miracolosa?»
«Nel Nuovo Mondo, bisogna andare lì a cercarla».
«Stai pensando di ripartire per il Nuovo Mondo? Mi avevi detto che non lo avresti più fatto».
«Mai dire mai», e fece un ultimo tiro. «È ora di dormire. Riposa, ragazzo mio, e dammi retta, insieme noi due possiamo fare grandi cose».
E arrivò la fiera agricola di settembre. Massimiliano mandò Thomas in giro per tutta Namur, e il ragazzo pubblicizzò la loro esibizione parlando sia in tedesco che in francese. Si rese conto che gli abitanti del luogo parlavano anche il vallone, così si sforzò di apprenderne qualche parola che gli sarebbe potuta tornare utile. In questo, lo aiutò molto giocare con i figli di Clara.
La piazza di Namur era gremita di gente curiosa di assistere al loro spettacolo. Massimiliano riusciva a farsi capire bene, conosceva alcune parole nella lingua di ogni paese che visitavano e per lui era più che sufficiente, inoltre Thomas era sempre pronto ad aiutarlo.
Così, quel marinaio chiacchierone raccontò che Cristoforo Colombo, giunto per la prima volta nel Nuovo Mondo, rimase molto colpito dai costumi delle popolazioni locali. Dopo aver descritto la loro eccentricità, come i pochi indumenti che indossavano, i loro utensili e gli strumenti per la caccia, finalmente parlò del tabacco. Raccontò che gli indigeni lo fumavano in cerimonie particolari, in quanto credevano che avesse proprietà magiche e il suo utilizzo fosse gradito alle divinità.
Tutte quelle storie ebbero un forte impatto sugli abitanti di Namur, e persino Thomas ne restava ogni volta affascinato. Massimiliano aveva davvero il dono della parola. L’uomo disse anche che il tabacco era il rimedio perfetto contro ogni tipo di malessere: febbre, convulsioni, problemi intestinali, morsi di animali e difficoltà respiratorie.
Quando giunse il momento dell’apparizione di Luna, i presenti ammutolirono, e da quel momento in poi credettero ciecamente a tutto quello che l’uomo raccontò. Dopo lo spettacolo, si affollarono per acquistare il tabacco e i piccoli cilindri di carta per fumarlo. Si avvicinò anche qualche infermo, in particolare una giovane con dei disturbi al cavo orale alla quale Massimiliano raccomandò di applicare un estratto di foglie di tabacco sulle guance per dieci giorni, e che il padre della ragazza pagò molto volentieri, certo della sua efficacia.
Ottennero un successo clamoroso, e Massimiliano decise di festeggiare nella vicina taverna con dell’ottimo vino, ma non riuscì a convincere Thomas a gustarne un po’.
«Davvero non ne vuoi?»
«L’ultima sera trascorsa a Bellagio mi è quasi costato la vita».
«Per così poco». Massimiliano gli diede una pacca sulla spalla.
«Il vino fa perdere agli uomini quel poco di testa che hanno».
«Non avevo mai conosciuto una persona in grado di rifiutarlo. È inaudito», disse il mercante, stringendosi nelle spalle e inarcando un sopracciglio.
«E io non avevo mai visto nessuno buttare il fumo fuori dalla bocca, e invece guarda…».
«Questo è vero!». Il napoletano scoppiò a ridere e si servì dell’altro vino. «Berrò per tutti e due».
«Stasera hai ipnotizzato il pubblico, la tua sembra una specie di magia…».
«No, giovane amico mio, sono solo parole».
«Che vuoi dire?»
«Le parole sono magiche», affermò Massimiliano, «ma non nel senso che gli veniva attribuito dai maghi nell’antichità. Il potere delle parole risiede nell’influenza che esse hanno sulle menti di chi le ascolta».
«E questo cosa caspita vorrebbe dire?»
«Le parole sono in grado di cambiare la volontà degli uomini. Con la spada o con le picche puoi piegarla, ma non la puoi cambiare».
«Non capisco, come si fa?»
«Conoscendole e conoscendo chi le ascolta; ci sono parole particolari in grado di influenzare in modo peculiare, in base alla tipologia di pubblico, ma non dipende solo da loro, è importante anche il modo in cui le si pronuncia, l’intonazione, le espressioni che si assumono mentre si parla e lo sguardo. Quanto è fondamentale parlare a qualcuno guardandolo dritto negli occhi!».
«Tutto quello che dici…», Thomas sospirò, «sembra interessante. Ma come si fa?»
«La mia risposta è sempre la stessa, con la pratica, come per ogni cosa nella vita. La prima volta non otterrai alcun risultato e la seconda forse rischierai di essere preso a bastonate, ma a poco a poco ti renderai conto che noi uomini siamo tutti uguali: quando riuscirai a convincere un contadino napoletano, lo farai anche con un signore di Londra. Ci vuole pratica, ragazzo, solo la pratica ti renderà esperto!».
Quella fu l’ultima cosa sensata che disse prima che il vino gli annebbiasse del tutto la mente. Inoltre, Massimiliano decise di fare buon uso della popolarità ottenuta e, perché no, anche del denaro che si era guadagnato. Quella notte non dormì a casa di Clara, ma tra le braccia di una bella mora che lo accolse piacevolmente sul suo florido seno.
Thomas non approfittò subito del fatto che aveva tutto il letto a disposizione; al contrario, non chiuse occhio. Non riusciva a togliersi dalla testa le ultime parole pronunciate da Massimiliano, un personaggio piuttosto pittoresco ma al contempo molto furbo, in grado di non fargli mai capire quando diceva sul serio e quando scherzava.
Prese tra le mani il medaglione di sua madre e pensò a Úrsula. Cosa ne era stato di lei e dove si trovava in quel momento?
Erano trascorsi più di due anni da quando era fuggito da Augusta, ma a lui sembravano passati solo pochi giorni.
Non era giusto, la ragazza si era sacrificata per amor suo e lui non aveva neppure provato ad avere sue notizie. Forse era arrivato il momento di tornare a riprenderla ma, per poterlo fare, aveva bisogno di soldi. Quella stessa notte prese una decisione: il giorno seguente avrebbe parlato con Massimiliano per cambiare i termini del loro accordo. Meritava di ricevere una percentuale sui guadagni.
Per conciliare un po’ il sonno, prese il libro che gli era stato regalato dal suo mentore, Lettere di Abelardo ed Eloisa. Gli tornò alla mente suo padre, che gli leggeva delle storie prima di andare a dormire, seduto sul bordo del letto, quando lui era solo un bambino.
Immerso nella lettura, si addormentò.