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Nick

Mi concedo un gran sospiro di sollievo quando se ne tornano al commissariato per inserire la foto di Ellie nel loro sistema. In più di un’occasione, mentre la McKenna e Brennan erano qui, mi sono sentito come un sospettato nella mia stessa casa, come se quello che è successo stamattina non fosse già abbastanza tragico.

Continuo a rivivere quel momento nella mente. La percezione del tempo è stata distorta dall’adrenalina e dal panico vero e proprio, ma sarò rimasto in casa per un minuto al massimo. Non è possibile che sia arrivata in fondo alla strada in quel lasso di tempo, e questo significa che qualcuno deve averla rapita. È l’unica spiegazione logica.

La persona che l’ha portata via doveva essere già nei paraggi. Mi tormento il cervello, cercando di ricordare cosa ho visto quando ho messo Ellie in macchina. È passato qualcuno? C’erano altre auto parcheggiate? Per quanto mi sforzi, non mi viene in mente nulla. Vedo soltanto il sedile vuoto.

Guardo fuori dalla finestra del soggiorno nel tentativo di riattivare la memoria, ma è inutile. Scruto il viale, la strada di fronte, e la finestra della casa che c’è lì, al numero 39. Intravedo il profilo dell’uomo che ci abita, immobile come una statua nel suo salotto, la figura delineata dal sole che risplende dal retro della sua abitazione. Pochi istanti dopo, l’uomo si allontana fino a sparire.

Girano diverse dicerie sul conto di quell’individuo. Derek, si chiama così. Ormai avrà quasi novant’anni. Era quindi sulla sessantina quando io andavo a scuola e abitavo a circa un chilometro da qui.

All’epoca dovevamo percorrere a piedi Rushmere Road ogni giorno per andare a scuola, e spesso trovavamo Derek in piedi alla finestra sul davanti della sua casa, se ne stava lì immobile a guardare. Nelle rare occasioni in cui si avventurava all’esterno, sono nate storie e pettegolezzi di ogni tipo su quello che diceva o faceva ai ragazzini. Io ho sempre pensato che fossero solo chiacchiere di scuola inventate a discapito di un tizio solitario che se ne stava per conto suo. Non ci ho mai dato peso.

Quando siamo venuti a vedere questa casa prima di comprarla, le voci sul conto di Derek mi sono balenate alla mente per qualche attimo appena. Dopo tutto, con ogni probabilità il tizio era assolutamente innocuo, anche se un po’ bizzarro, e per quel che ne sapevamo noi magari non abitava neanche più qui. Ovviamente ci siamo poi resi conto che ci abitava eccome.

Averlo come vicino ci ha fornito una prospettiva inedita su di lui. Non era più lo strambo eremita, ma l’uomo che sapeva sempre tutto su quello che succedeva a Rushmere Road. Era qui sin da quando furono costruite le prime case, era il suo dominio. Ogni volta che davamo una festa, ricevevamo sempre la visita della polizia a un certo punto, perché qualcuno si era lamentato.

Abbiamo parlato coi vicini che abitano sui due lati della nostra casa, che hanno negato di aver fatto quella telefonata, aggiungendo che anche loro avevano avuto problemi del genere in passato e sospettavano fosse opera di Derek. Ovviamente, quelle chiamate non avevano alcun seguito, visto che i rumori della nostra festa erano a malapena udibili dalla strada, men che mai dalla casa di Derek. Semplicemente, questi non sopportava di vedere altre persone che se la spassavano. Per quel che mi riguarda, starsene da soli e fare quel che si vuole va assolutamente bene, ma non per questo devi provare a impedire agli altri di divertirsi.

Credo che nessuno dei nostri vicini abbia mai scambiato due parole con Derek. Io di sicuro non l’ho fatto, e non l’ho mai visto parlare con nessuno. Le uniche volte in cui è possibile vederlo in strada è affacciandosi alla finestra alle otto di sera quando, puntuale come un orologio, Derek porta fuori la spazzatura e la mette nel bidone esterno. A ogni buon conto, ha ottenuto quello che voleva. Non organizziamo più una festa da anni, e da quel che ricordo i miei vicini ormai non guardano neppure più la TV a volume alto.

Mi viene un’idea. Considerando il tempo che quell’uomo passa davanti alla finestra, è probabile che lui più di chiunque altro abbia notato qualcosa. Abita proprio di fronte a noi, e vede per intero il nostro viale. Al minimo cenno di qualcosa che succede in strada, di sicuro si piazza alla finestra, binocolo alla mano.

Senza neanche pensare a cosa gli dirò, mi infilo le scarpe ed esco di casa, attraverso di corsa il viale e arrivo alla casa di fronte, al numero 39. Busso alla porta e aspetto, mentre riprendo fiato. Non ottengo risposta.

Busso di nuovo, diamine, lo so bene che Derek è in casa dal momento che l’ho appena visto. Magari è un po’ duro d’orecchi, così busso più forte. Gli conviene poco essere sordo, soprattutto visto quanto si è lamentato per il nostro baccano. Dopo un po’, ripercorro il suo viale con un sospiro. Arrivato alla fine, ruoto su me stesso e lo intravedo prima che scompaia dietro una tenda.

Torno di gran carriera verso la casa e busso direttamente alla finestra.

«Derek, voglio solo parlare. Per favore. Ho un problema e voglio sapere se ha visto qualcosa. Mi serve il suo aiuto».

Silenzio. Be’, è andata alla grande. Non posso certo costringere questo tizio ad aprire la porta. Il massimo che posso fare è dare il suo nome alla polizia come potenziale testimone e sperare che non mi prendano per pazzo. Magari ci hanno già parlato con lui, se davvero hanno fatto dei controlli porta a porta.

Arrivato di nuovo all’imbocco del viale guardo in strada per vedere se posso attraversare in sicurezza, e sento il rumore della serratura di Derek che si apre. Rallento e mi giro, proprio nel momento in cui lui apre la porta. Ripercorro con cautela il viale, sforzandomi di non sembrare troppo agitato o ansioso. Lui si limita a guardarmi, a occhi stretti, con aria concentrata e sospettosa allo stesso tempo.

«Grazie», gli dico, poiché non mi viene in mente altro. Mi fermo a quasi cinque metri di distanza, non voglio andargli più vicino. Mi sembra comunque di aver ottenuto un gran successo. «Ho solo bisogno del suo aiuto. Ho perso mia figlia. La mia bambina, Ellie. È scomparsa questa mattina. Era in macchina, poi sono entrato in casa a prenderle una cosa e al ritorno non l’ho più trovata. Mi chiedo se lei ha visto qualcosa. Magari una macchina diversa dal solito, qualcuno che si comportava in modo strano. Qualsiasi cosa».

Derek mi guarda per qualche istante ancora, poi abbassa lo sguardo. «Non ho visto niente», risponde, per poi fare un passo indietro e chiudere la porta.