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Tasha
A volte credo che Ellie sia l’unico motivo per cui io e Nick siamo rimasti insieme. Detesto dirlo, ma con ogni probabilità è vero. E temo di averlo sempre saputo. Questo non significa che abbiamo messo al mondo nostra figlia per non lasciarci, ma penso che, in fondo, mi sono sempre chiesta se un bambino avrebbe cambiato la nostra relazione. Ed è andata così, ma non nel modo in cui mi sarei aspettata.
La gioia iniziale è svanita abbastanza in fretta, quando ho detto a Nick che volevo tornare a lavorare prima di quando avevamo pianificato. Di quando aveva pianificato lui, almeno. Voleva che usassi per intero le venti settimane, sostenendo che potevamo tirare avanti col sussidio per la maternità. Gestire le finanze di casa non è mai stato il suo forte, ma avrei immaginato che persino lui capisse che rinunciare al mio stipendio in cambio di centoventi sterline a settimana non era una grande idea. Non con una bimba a carico. E coi suoi guadagni così imprevedibili. Se c’era una cosa sulla quale non avevo alcun dubbio era che volevo essere in grado di provvedere a mia figlia, di dare alla mia bambina tutto quello che meritava.
Alla fine ci siamo accordati per otto settimane, il che mi ha concesso di preservare gran parte dello stipendio, per poi tornare attiva con la possibilità di lavorare da casa due o tre giorni a settimana. All’epoca però Nick non sapeva che avevo già assicurato al direttore che avrei ripreso a lavorare part-time dopo le due settimane del congedo minimo per maternità, tornando a tempo pieno dopo altre sei. A me non piace mentire, ma Nick è quel tipo di persona alla quale ogni tanto devi dire una bugia giusto per semplificare le cose, per evitare problemi.
Prima che rimanessi incinta di Ellie, ci avevamo provato a lungo e invano. Per il primo paio d’anni le cose tra noi andarono piuttosto bene. Il mio lavoro era in una fase di stallo e Nick ancora arrancava per farsi pubblicare il primo libro, ma la possibilità di avere un figlio era per entrambi qualcosa cui aggrapparsi. Lo sfumare di tale possibilità parve coincidere con il primo contratto editoriale per Nick e con un miglioramento anche nella mia carriera, quindi il pensiero di allargare la famiglia cadde più o meno nel dimenticatoio.
Le avevamo tentate praticamente tutte ed eravamo giunti a patti col fatto che non sarebbe successo. Mi aspettavo ormai che ci saremmo separati nel giro di qualche mese. Cominciai ad assumermi sempre più responsabilità sul lavoro, forse in parte per distrarmi dall’atmosfera tossica che si respirava a casa, ma soprattutto perché la mia carriera aveva preso il volo. Avevamo appena acquisito un cliente nuovo e importante, ed ero stata messa alla guida di quel progetto. Tre settimane dopo, scoprii di essere incinta.
Ne fui estasiata, ma nei recessi della mente avevo questa costante preoccupazione su come sarei riuscita a tenere in equilibrio il lavoro e l’arrivo del bambino. Per nostra grande fortuna Nick lavorava da casa, ma sapevo che mai e poi mai l’avrebbe vista in quest’ottica. Lui pensa solo alle lunghe passeggiate in campagna e a fantomatiche uscite di famiglia. Non prende mai in considerazione il fatto che tutto questo va pagato, in qualche modo.
A volte è così sprezzante e sarcastico nei confronti del mio lavoro da farmi venire il disgusto. Credo mi accomuni all’orda degli anonimi pendolari che passano davanti a casa nostra ogni mattina diretti alla stazione. Li vedo anche io, sul treno, il volto sempre più stanco, più tirato. Io so con certezza di non essere una di loro, perché mi sento ogni giorno più carica, emozionata per la strada intrapresa dalla mia carriera, che mi permetterà di costruire un futuro migliore per tutta la nostra famiglia. Ma Nick non la pensa così. Secondo lui lo faccio solo per me.
La conferenza di oggi è una grande occasione. Costruire la giusta rete di contatti potrebbe essere di importanza vitale per il futuro del mio lavoro, che ci darà maggiore stabilità come famiglia e permetterà a Ellie di avere una vita più agiata. In fondo, è per questo che tutti si trovano un lavoro, no? Perché vogliamo il meglio per le nostre famiglie. Ma Nick la pensa così? Col cavolo.
Io credo che lui proietti all’esterno i suoi malumori. È questo il problema. Non riesce a venire a patti col fatto che alla base di tutti i problemi ci sono i suoi fallimenti e la sua insicurezza. È così affranto perché non riesce a replicare il successo di Black Tide che sembra dare per scontato che anche tutti gli altri siano condannati al fallimento. È un buon padre, però. Per lo più. A meno che non sia necessario saper organizzare o pianificare. Stravede per Ellie, e anche lei lo adora. A volte guardo mia figlia e mi pare di vedere un’espressione di confusione sul suo volto, quasi non capisse bene chi sono, come se per lei la figura materna fosse Nick. Sono sicura che sia soltanto una mia paura, ma a volte non posso fare a meno di sentirmi in colpa. E poi mi ricordo che è solo una proiezione del malessere di Nick e mi rifiuto di lasciarmi coinvolgere.
So di non essere una madre convenzionale. Forse è per come sono cresciuta. I miei genitori non sono tutto affetto e smancerie come quelli di Nick. Ma questo non significa che non ami abbastanza la mia famiglia. Nick dovrebbe semplicemente guardare quello che ha davanti agli occhi per riconoscere i miei sentimenti per Ellie.
Tutte le coppie hanno i loro alti e bassi, e a me spesso pare che abbiamo solo i bassi, ma poi mi ricordo di Ellie. Il nostro piccolo miracolo. È per lei che lavoro così tanto. È per lei che mi sveglio all’alba – e spesso anche prima – e rientro a notte fonda. Non riesco a stare con lei quanto vorrei, ma un genitore a volte deve fare di questi sacrifici. Quello che Nick non capisce è che faccio tutto per lei. Per noi.