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Giovedì 18 dicembre
Il sovrintendente Grace lasciò il quartier generale della polizia a bordo della sua Ford senza contrassegni e si diresse verso Brighton, sentendosi sollevato per la fine della conferenza stampa. C’erano state domande difficili, ma sentiva di essere riuscito a gestirle bene, con l’aiuto del commissario capo e del suo assistente. Non era comunque un’esperienza che avrebbe voluto ripetere a breve.
Non era entusiasta nemmeno del compito che lo attendeva, mentre svoltava nelle strade buie di Patcham lasciandosi l’A27 alle spalle. Erano le 20.20, e le parole di Paul Sweetman gli risuonavano assordanti nelle orecchie.
Credo che possa colpire ancora, forse nel giro di ore... Ci scommetto quello che vuoi.
Grace osservava le case che superava, molte delle quali con le luci di Natale alle finestre, alcune illuminate a festa anche all’esterno. A volte notava lo sfarfallio di un televisore. I passanti camminavano in fretta, curvi per proteggersi dalla pioggia battente, certamente diretti in qualche pub o a un appuntamento con gli amici, di ritorno dal lavoro.
E se proprio in quel momento il Marchiatore si fosse appostato fuori da una di quelle case?
O magari era già dentro?
E se avesse già preso la sua nuova vittima?
Grace rallentava ogni volta che vedeva un uomo camminare da solo e lo osservava. Il podologo forense, Haydn Kelly, che gli era stato di grande aiuto in passato, aveva messo a punto un profilo a partire dall’impronta rinvenuta nella chiazza d’olio nel garage di Logan Somerville. Kelly aveva mostrato alla squadra la rappresentazione video di un uomo che camminava quasi esageratamente impettito e con i piedi piatti rivolti all’infuori. Era stata inoltrata alla squadra del sistema di sorveglianza della polizia del Sussex, che monitorava le trecentocinquanta telecamere della città. Nessuna delle figure inzaccherate che aveva visto fino a quel momento corrispondeva, però, a quella particolare andatura, sempre che quell’impronta appartenesse in effetti al ricercato.
Svoltò in Mackie Avenue e cominciò a scrutare i numeri civici dal finestrino appannato. La sua prima visita era alla madre di Emma Johnson, per vedere come stava e per assicurarle che la sua squadra stava facendo tutto il possibile per trovare l’assassino della figlia. Subito dopo sarebbe andato dai genitori di Ashleigh Stanford, dove era stato informato che al momento si trovava anche il fidanzato della ragazza.
Relazionarsi con la famiglia di una vittima di omicidio era uno degli aspetti più duri del suo lavoro, eppure al contempo il più importante. Essendo lui stesso padre di un bambino, Grace rabbrividiva al solo pensiero di cosa avrebbe provato a scoprire che suo figlio era stato ucciso. Sapeva che la cosa l’avrebbe distrutto e che la sua vita non sarebbe stata mai più la stessa. Era tristemente consapevole di tutto questo, fin troppo. Si avvicinò alla porta di casa della madre di Emma Johnson, quasi ignaro della pioggia. Una volta giunto sulla soglia, si ricompose, fece un respiro profondo e suonò il campanello.