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Sabato 13 dicembre
Grace riaccompagnò il sergente Cale alla Sussex House, poi guidò più veloce che poté in direzione del centro, diretto alla centrale di polizia di John Street, il «commissariato di Brighton», come lo chiamavano gli agenti del posto.
Guidò quasi con il pilota automatico. Era stressato per il trasloco imminente e desiderava disperatamente poterlo rinviare, ma non c’era modo, perché i nuovi proprietari si sarebbero trasferiti nella casa di Cleo il fine settimana seguente. Benché avesse programmato di dare una mano a sua moglie per imballare tutto, con la piega che stava prendendo quell’indagine non ci sarebbe mai riuscito.
Certo, era contento per la nuova casa e per la prospettiva di vivere in campagna, ma in quel momento nella sua testa c’era a malapena posto per quel pensiero. La sua priorità assoluta erano, e sarebbero rimaste per tutto il tempo necessario, Logan Somerville e la nuova potenziale vittima di rapimento, Ashleigh Stanford. Le sue preoccupazioni per quest’ultima aumentavano e si aggravavano sempre più.
Martin Horner.
La squadra di analisti dell’HOLMES, il sistema informatico dell’Home Office, impegnata nell’operazione Carro da Fieno, aveva identificato fino a quel momento centinaia di Martin Horner nel Regno Unito e li stava esaminando. Uno aveva novantatré anni, soffriva di Alzheimer ed era ricoverato in una casa di riposo di Bradford. Un altro era un diciassettenne e andava a scuola a Newark, nel Nottinghamshire, mentre un terzo era un parroco di sessantatré anni di Oldham, nel Lancashire, che aveva un alibi di ferro.
Grace era sempre più sicuro che Martin Horner fosse un’identità fittizia, accuratamente costruita da qualcuno così ingegnoso da riuscire a intestare un veicolo a quel nome. Restava il mistero del perché chiunque si celasse dietro Martin Horner avesse scelto la casa di Anne Hill come indirizzo falso.
La conosceva direttamente? O per interposta persona? Oppure aveva scelto quell’indirizzo a caso? La vecchiaccia negava con forza di conoscere un qualsiasi Martin Horner, e Grace aveva la sensazione che dicesse la verità. Presto, comunque, l’avrebbero scoperto con assoluta certezza.
Percorse il ripido pendio verso il quartiere di Whitehawk, poi svoltò a destra, nel parcheggio all’aperto della centrale di polizia, situato più in basso. Trovò posto in mezzo a una fila di auto di servizio e scese, guardando con affetto la forma squadrata dell’edificio di cinque piani dove aveva iniziato la sua carriera più di vent’anni prima. Superò a passo veloce una coppia di giovani agenti in uniforme che erano in pausa sigaretta, raggiunse l’ingresso sul retro e usò il suo tesserino magnetico per aprire la porta. Quando lavorava a John Street provava sempre un brivido d’emozione. Criminalità di strada, polizia di quartiere, tutela dei minori, ordine pubblico e molti altri dipartimenti venivano gestiti da quel luogo, che presto avrebbe subito un importante intervento di ristrutturazione.
Grace aveva recentemente discusso la possibilità di una promozione a capo del CID, il dipartimento d’investigazione criminale, che però l’avrebbe legato a una scrivania e a riunioni infinite. L’eccitazione nel suo lavoro veniva dal fare esattamente quello che stava facendo: mettere tutto se stesso nell’indagine su un crimine d’alto profilo. C’era solo una promozione che avrebbe potuto considerare, ed era il ruolo di vertice lì a John Street, sovrintendente capo e comandante di divisione di Brighton & Hove. L’attuale comandante Nev Kemp e il suo predecessore Graham Barrington venivano entrambi da esperienze simili alla sua nel CID. Tuttavia, prima che Kemp risalisse ulteriormente la scala gerarchica, sarebbero passati anni. Una volta giunto il momento, magari Grace ci avrebbe fatto un pensierino.
In quel momento, mentre superava l’ascensore e saliva di corsa le due rampe di scale in cemento, quella prospettiva era ben lontana. Girò a destra imboccando il ben noto corridoio, poi di nuovo svoltò quasi subito a destra. Le targhe sulle porte indicavano SOVRINTENDENTE e SOVRINTENDENTE CAPO, ma prima Grace si fermò davanti a una porta aperta alla sua sinistra. Dentro il piccolo ufficio era seduto, curvo sulla scrivania, Wayne Brookes, l’ispettore di turno al CID, un tipo leggermente effeminato. Aveva il telefono incollato all’orecchio e stava prendendo appunti su un tablet.
Grace attese che terminasse, impaziente, poi entrò in ufficio.
Brookes, alto e segaligno, con un abito grigio e il cranio rasato, alzò gli occhi. «Roy, tesoro! Buongiorno! Come stai?»
«Sono stato meglio. Congratulazioni per la promozione.»
«È stato quattro mesi fa, ma, grazie, è una meraviglia, mi piace. È bello vederti qui, posso esserti utile?»
«Lo spero. È stata denunciata la scomparsa di una persona ieri sera. Ashleigh Stanford.»
«Sì, ero giusto al telefono con il suo fidanzato.»
«Che novità ci sono?»
«Nulla di buono. Nessuno ha avuto notizie della ragazza. Né i genitori, né i suoi due amici più cari. Non sembra da lei, scomparire, è una persona piuttosto equilibrata ed è improbabile che sia scappata per una storiella di una notte, benché sia una studentessa di design della moda: sai, pensavo che quel mondo potesse essere un po’ frivolo o, come dire, stravagante.»
«Che informazioni hai su di lei?»
«Solo alcune foto avute dalla madre e dal compagno, quella che ti è stata inviata l’ho condivisa con la centrale del sistema di sorveglianza, non dovevano esserci molte donne sole in bicicletta all’una di notte.»
«Posso vedere le altre?»
«Certo.»
Brookes batté sulla tastiera. Poco dopo apparve l’immagine di una donna giovane e bella. Sorrideva e sembrava senza preoccupazioni, di fronte a un magnifico Brighton Pier e all’adiacente spiaggia affollata, in piena estate.
Grace fissò di nuovo il bel viso che aveva già visto prima, nel messaggio.
Gli zigomi alti, le labbra piene, i lunghi capelli castani.
Ashleigh Stanford, Logan Somerville ed Emma Johnson avrebbero potuto essere sorelle. Come anche Katy Westerham, a voler ignorare il vuoto temporale di trent’anni.
«Presumo che qualcuno abbia provato a chiamarla sul cellulare, giusto?» chiese Grace.
«Certo, il compagno ci ha provato di continuo. È ancora acceso. Abbiamo inoltrato una richiesta di triangolazione alla EE, l’operatore telefonico, ma ci vorrà un po’ prima di ottenere qualcosa.»
«Il compagno è già stato interrogato?»
«No, non ancora.»
Grace guardò l’orologio. Era quasi mezzogiorno. «Cazzo! Perché no?» disse, con più rabbia del voluto.
«Perché, caro mio, se vuoi sapere la verità, sono a corto di personale per colpa dei maledetti tagli», ribatté Brookes.
«Già.» Grace annuì. «Okay, dammi l’indirizzo. Mando uno della mia squadra a interrogarlo.»
«Roy, c’è qualcosa in questa faccenda di cui non sono al corrente?»
«Io spero proprio di no, ma se vuoi saperlo credo che invece ci sia, e non è nulla di buono. Dovrai aumentare il numero di agenti che hai a disposizione per la prossima settimana. Ti anticipo già che potremmo dover cancellare i giorni di riposo e proibire tutte le nuove richieste di permessi.»
L’ispettore aggrottò la fronte. «C’è qualcosa di grosso in arrivo?»
Grace abbassò ancora lo sguardo sulla fotografia di Ashleigh Stanford. «Sembra sempre più probabile.»