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Domenica 14 dicembre
Freya Northrop si sentiva piena da scoppiare. Al volante della MX-5, stava imboccando il vialetto di casa, poco dopo le dieci e mezzo di sera. Trattenne uno sbadiglio, completamente esausta. Zak, sul sedile del passeggero, aveva dormito per quasi tutto il viaggio di ritorno dall’ultima tappa della giornata: una cena al Cat, di West Hoathly, un gastropub di cui lui aveva sentito parlare bene e che non aveva deluso le aspettative. Zak aveva fotografato e trascritto i dettagli del suo antipasto di caprino con crumble di nocciole e fichi arrostiti al miele e prosciutto di Parma, e del semifreddo al caffè servito in una tazza da cappuccino con tanto di schiuma e zollette di gelatina al cioccolato. Aveva in programma di provare entrambe le ricette per inserirle, forse, nel suo menu.
Freya non finiva mai di meravigliarsi della quantità di cibo che Zak riusciva a ingurgitare. Avevano consumato due pranzi in due ristoranti diversi, con antipasto, portata principale e pudding, perché Zak voleva provare tutto, e mentre lei aveva spizzicato qualcosa, lui invece aveva divorato i suoi e anche quelli di Freya. Poi al Cat avevano consumato una cena di tre portate e di nuovo Zak aveva spazzolato tutto. Eppure è assurdamente magro, pensò, invidiosa.
Una volta suo padre le aveva detto di non mangiare mai in un ristorante dove c’era un cuoco magro, perché non era un buon segno. Zak, però, era un cuoco eccellente. Era nato con un metabolismo supersonico, scherzava sempre lui.
Zak si svegliò con un sussulto e uno sbadiglio trattenuto, poi le prese la mano e la baciò. «Grazie per aver guidato.» Un altro sbadiglio.
«Vuoi restare a dormire in macchina?» gli disse lei con un ampio sorriso.
Lui si slacciò la cintura di sicurezza, aprì la portiera e scese lentamente nell’aria umida e fredda della sera. «Ho mangiato troppo», disse dandosi dei colpetti sullo stomaco.
«E, per dirlo tu, non so se mi spiego!»
«Magari mi faccio giusto uno spuntino prima di andare a letto.»
Freya rise. «Vuoi che guardi se c’è un maialino nel congelatore e lo buttiamo in fretta sul barbecue?» Aprì la porta d’ingresso ed entrò cercando a tentoni l’interruttore della luce. Fu accolta dall’odore di vernice fresca, moquette nuova e legname segato di recente.
Zak la seguì all’interno e chiuse la porta. Raggiunsero la cucina ultramoderna, la prima stanza a essere stata ultimata, con l’Observer del giorno appoggiato su un ceppo da macellaio che faceva da tavolo.
«Visto che non ho bevuto niente per tutto il giorno, penso di meritarmi un bicchiere di vino prima di andare a dormire», disse Freya, aprendo il frigo e tirando fuori una mezza bottiglia di Sauvignon Blanc. Tolse il tappo. «Ne vuoi uno?»
Lui fece cenno di no. «Grazie, ma ho bevuto fin troppo.»
«No comment!» disse lei con una risatina, poi prese un bicchiere e un posacenere dalla lavastoviglie e li appoggiò sul tavolo. Si versò un po’ di vino e frugò nella borsetta in cerca di tabacco, filtri e cartine.
Mentre cercava di sistemare i filamenti di tabacco sulla cartina aperta, si accorse della faccia preoccupata di Zak. «Che c’è?» disse.
«C’è una corrente d’aria, non la senti?»
Freya annuì. La sentiva, sì. Una corrente d’aria fredda costante.
Zak non cambiò espressione. «Da dove viene?»
«Non l’avevo mai notata prima», disse Freya. «Qui fa sempre tanto caldo.» Di solito la cucina era molto confortevole, grazie al riscaldamento a pavimento che Zak aveva fatto installare. Eppure sentiva aria fredda, adesso, senza alcun dubbio.
Zak si alzò di scatto e raggiunse la porta sul retro.
«Freya, tesoro», disse con uno strano tono di voce. «Sicuramente abbiamo chiuso con attenzione la porta sul retro stamattina prima di uscire, vero?»
«Mi ricordo di averla chiusa io, perché?»
Indicò il chiavistello in alto e quello in basso: erano aperti. Poi le fece vedere la chiave nella serratura. «Ho appena provato la chiave, e la porta è aperta. Tu sei sicura di averla chiusa stamattina?»
Lei si strinse nelle spalle. «Al novantanove per cento, sì.»
«Oh, cazzo», disse all’improvviso Zak, lo sguardo fisso sul pavimento.
«Che c’è?»
Le mostrò la vetrata a piombo accanto alla porta. Mancava un piccolo pannello di vetro, quindici centimetri per quindici. Poi indicò il pavimento. «Guarda.»
Lei si alzò e lo raggiunse, e vide il pannello a terra, accanto allo zerbino. «Come... come... com’è successo?» Freya tremava, guardandosi intorno frenetica, gli occhi sbarrati.
«I pannelli non si staccano da soli», disse Zak. «E se succede, non cadono su un pavimento di mattonelle senza frantumarsi. E nemmeno le serrature si aprono da sole.» A grandi passi raggiunse un cassetto, l’aprì e tirò fuori un trinciante. Andò nel corridoio, brandendo la lama.
«Dovremmo chiamare la polizia», disse Freya, nervosa.
«Fallo», disse Zak. «Chiama il 999.» Fece un passo avanti.
«Non uscire, Zak, se c’è qualcuno...»
Afferrò il telefono e per poco non lo fece cadere da quanto tremava. Poi, in preda al panico, compose il numero premendo a raffica il pulsante.