CAPITOLO SESSANTACINQUE
Una luce verde menta filtrò attraverso le pareti di legno ondulato del fienile, illuminando l’interno. Stagliato nella luce, con le corna enormi e terrificanti, c’era l’Arconte, Cernunnos. Ombre di teste di lupo danzavano sulle pareti.
Sophie si svegliò con un grido, e la sua aura si materializzò subito sotto forma di armatura d’argento, scintillando sulla pelle. Josh aprì gli occhi di scatto e saltò goffamente in piedi, portando subito la mano sinistra su Clarent. La spada di pietra ronzò e sibilò quando le dita del ragazzo si chiusero intorno all’elsa, e la lama fu percorsa da uno splendore di colori.
La lucida armatura nera di Palamede comparve intorno al suo corpo. Il Cavaliere sfilò l’enorme spada scozzese da dietro le spalle e si posizionò di fronte ai gemelli. Gilgamesh si avvicinò in punta di piedi ed estrasse la scimitarra dalla cintura del Saraceno.
— Dov’è l’Alchimista? — domandò Palamede.
— Sento il profumo della menta — disse Sophie, inspirando profondamente. L’odore inconfondibile permeava l’aria notturna. La ragazza sentiva il cuore batterle forte, ma pur sapendo cosa c’era fuori, non era spaventata. Avevano già sconfitto l’Arconte una volta, e ciò era successo prima che lei e Josh imparassero la Magia dell’Acqua.
— Quella luce è del colore dell’aura di Nicholas — osservò il ragazzo. — Lui deve essere fuori.
— Dobbiamo uscire — disse Palamede, in tono pressante. — Non possiamo restare intrappolati qui. — Si voltò e si lanciò contro la parete. Il legno marcio cedette in un’esplosione di schegge, e l’uomo si schiantò fuori, nel prato.
— Vai! — gridò Gilgamesh, afferrando il braccio di Sophie e spingendola nell’apertura. — Josh, vieni!
Il ragazzo si stava voltando per seguire gli altri, quando le porte del fienile furono strappate dai cardini.
Cernunnos chinò il capo per sbirciare dentro, e solo le sue grosse corna gli impedirono di varcare la soglia. Il bellissimo volto sorrise e la voce ronzò e vibrò nella testa di Josh. — Così ci incontriamo ancora, ragazzo. Sono venuto per la mia spada.
— Non credo proprio — ribatté lui, a denti stretti.
— Io sì. E stavolta sono venuto preparato. — Cernunnos si portò una mano dietro le spalle, prese una freccia e la incoccò.
Josh udì lo schiocco della corda e intravide il guizzo del dardo che si arcuava nell’aria.
Clarent si mosse e gli si mise di traverso sul corpo, la lama piatta sul cuore. La freccia dalla punta d’avorio si frantumò sulla spada di pietra senza arrecare danni, ma Josh barcollò all’indietro per l’impatto.
Cernunnos mugghiò per la frustrazione. Incoccò un’altra freccia e la scagliò. Clarent si spostò nella mano di Josh, e in un tintinnio la lama spezzò la freccia in due.
Un paio di grossi lupi dai volti umani superarono il Dio Cornuto e si intrufolarono nel fienile. Si disposero in modo da attaccare Josh sui due fianchi, e il ragazzo arretrò finché non andò a sbattere con le gambe sul vecchio trattore. Non poteva procedere oltre. Piantando saldamente i piedi a terra, con la spada dritta di fronte a sé e impugnata con entrambe le mani, Josh si fermò e osservò i lupi della Caccia Selvaggia che gli si avvicinavano a poco a poco, mentre l’Arconte era già pronto con un’altra freccia.
— Quanto sei veloce, ragazzo? — mugghiò Cernunnos. Gridò una parola incomprensibile e scagliò la freccia, mentre i due lupi si lanciavano all’attacco con le fauci spalancate.
Gilgamesh sbucò fuori dall’ombra, e la pesante scimitarra fischiò nell’aria. Il primo lupo non se ne accorse nemmeno, ma nell’istante in cui il gelido acciaio gli sfiorò la carne, si dissolse in polvere.
Il secondo lupo si avventò su Josh. Clarent si mosse, e la creatura esplose in una pioggia di ghiaia. — Gilgamesh! — gridò Josh. — Attento!
Ma la freccia dell’Arconte colpì l’immortale sul petto. Il Re ruotò su se stesso e cadde a terra. Cernunnos incoccò veloce un’altra freccia, la puntò su Gilgamesh e la scagliò.
L’urlo di Sophie fu terrificante: erano paura, rimpianto e rabbia fusi in un grido solo. Sfuggendo al Cavaliere saraceno, si tuffò di nuovo dentro, con l’aura d’argento solida e scintillante intorno al corpo, e si accovacciò vicino al corpo di Gilgamesh. La freccia di Cernunnos la colpì in mezzo alla schiena, e la punta di pietra si infranse contro l’armatura. La forza del colpo, però, spezzò la concentrazione della ragazza; l’aura svanì in un sibilo, lasciandola senza difese.
L’Arconte gettò via l’arco; non aveva più frecce. Poi cominciò a squarciare l’ingresso del fienile a mani nude, pestando gli zoccoli e mugghiando di rabbia e soddisfazione.
Sophie sollevò da terra il capo di Gilgamesh e se lo posò in grembo.
Josh si mise tra la sorella e l’Arconte, con gli occhi che sfrecciavano ovunque, pronto a cogliere ogni eventuale attacco. Piantò i piedi a terra e assunse d’istinto una posizione da battaglia: il peso spostato leggermente di lato, la spada davanti al petto, impugnata con tutte e due le mani e rivolta verso l’alto. Si sentì invadere da un’improvvisa sensazione di pace, e capì che non aveva niente a che vedere con la spada che ronzava e sfrigolava nelle sue mani. Era la consapevolezza che non c’erano scelte da effettuare, né decisioni da prendere. C’era solo una cosa da fare: combattere contro l’Arconte. Josh era pronto a morire per difendere Sophie.
Le labbra di Gilgamesh si mossero, e Sophie chinò la testa per capire cosa diceva. — Acqua — bisbigliò il Re.
— Non ne ho — replicò la ragazza, in lacrime. Sapeva di dover fare qualcosa, ma non riusciva a pensare, non riusciva a concentrarsi. Vedeva solo il vecchio che aveva tra le braccia, la terribile freccia nera sporgente sul petto. Voleva aiutarlo, ma non sapeva come.
Le labbra di Gilgamesh si tesero in un sorriso doloroso. — Non da bere — gracchiò. — Acqua: l’arma più grande.
Prima che la ragazza potesse rispondere, l’Arconte sradicò l’intera facciata del fienile. Sophie si voltò, e nello squarcio che si era prodotto riuscì a scorgere quello che stava accadendo fuori: Nicholas Flamel, con l’aura verde e scintillante, si stava battendo contro il dottor Dee, che era avvolto da un alone di fumo sulfureo. Dee combatteva con una lunga frusta di energia giallastra, mentre l’Alchimista cercava di tenerlo a bada con una lancia di luce verde. Palamede era circondato dai reduci della Caccia Selvaggia. I grossi lupi gli si avventavano contro con le fauci spalancate e gli artigli spianati, minacciando di sopraffarlo, e il Cavaliere si difendeva menando colpi a destra e manca con la sua spada lunga.
— Josh. — Sophie era calma. — Il Re ha detto che dobbiamo usare l’acqua.
— L’acqua? Ma io non so come…
— Ricordi quello che ti ho detto sull’istinto? — Sophie porse al fratello la mano destra, e lui la strinse con la sinistra.
Cernunnos finì di demolire la facciata e sfilò dalla cintura una micidiale mazza di pietra. — Non puoi difendere te stesso e la ragazza insieme — ringhiò.
— Devo solo difendere lei — replicò Josh.
Cernunnos fece un passo avanti… e il terreno si aprì sotto i suoi piedi. Quella che fino a un attimo prima era terra battuta divenne un viscido pantano, che lo inghiottì fino alle caviglie. L’acqua, densa e fangosa, sgorgava dal pavimento. Un piccolo geyser schizzò fuori da una crepa, e poi un’intera sezione della terra si spaccò, dissolvendosi in poltiglia. L’Arconte barcollò in avanti, e la mazza gli cadde dalle mani. Un’altra porzione di terra si trasformò in una torbida pozza, e la creatura affondò fino alle ginocchia, poi fino ai fianchi. Chiuso in un silenzio cupo, con gli ovali d’ambra degli occhi fissi sui gemelli e accesi d’odio, Cernunnos conficcò le mani nella terra e cercò di sollevarsi.
— Errore — mormorò Josh.
La terra si liquefece intorno alle mani dell’Arconte.
— Ci serve solo un po’ più d’acqua — disse Sophie.
Josh riuscì letteralmente a percepire l’acqua che si gonfiava nella terra battuta, ne avvertì tutto il potere mentre si faceva strada verso la superficie, sospinta da una pressione incredibile, sgusciando nel fango, polverizzando il terreno, scansando sassi e radici.
L’Arconte emise un lungo gemito mentre affondava fino al petto nel fango, trascinato dal peso della sua grossa mole. Le mani si dibattevano sulla terra appiccicosa, facendola schizzare dappertutto. Cernunnos cercava un appiglio, ma trovava solo fango. Una bolla scoppiò alle sue spalle, e una pietra emerse in superficie, subito seguita da una seconda e da una terza.
All’improvviso una fontana di fango scuro spruzzò verso l’alto e ricadde a pioggia sull’Arconte, rivestendolo di melma, radici strappate e sassi. Un gorgo circolare si aprì intorno a Cernunnos e lo inghiottì, finché in superficie non rimase altro che la punta delle corna.
Sophie tirò via la mano da quella del fratello e allargò le dita d’argento. Un’intensa raffica di fuoco incandescente divampò sul cerchio di fango, cuocendo e indurendo il terreno in un istante.
— Ce l’abbiamo fatta — dichiarò Josh. — Ce l’abbiamo fatta! Ho sentito il potere che mi fluiva dentro: la Magia dell’Acqua.
— Josh, va’ fuori ad aiutarli — ordinò Sophie, mentre le svaniva il colore dal viso e la sua aura si estingueva.
— E tu?
— Vai! — lo fulminò lei, con un lampo d’argento negli occhi.
— Non prendo ordini da te — ribatté Josh. E sorrise.
— Oh, sì, invece. — Sophie ricambiò il sorriso e tese la mano a stringergli le dita. — Ricordati che sono la maggiore.
Sorridendo, Josh si voltò e corse fuori, con Clarent che fischiava nelle sue mani, e avanzò verso Palamede. Una parte di lui voleva aiutare l’Alchimista, ma un istinto profondo gli disse che aveva più senso salvare prima il Cavaliere: due guerrieri erano meglio di uno.
Gilgamesh strinse più forte la mano sulle dita di Sophie. — Ora devi andare — disse in un sussurro roco. — Va’ via di qui.
— Io non la lascio. È ferito.
— Non mi lascerai mai — replicò il Re. — Vivrai per sempre nel mio ricordo. — All’improvviso afferrò la freccia che sporgeva dal suo petto, la strappò e la gettò via. — Quanto a questa… ah, mi rallenterà per un po’, ma ci vuole ben altro per uccidermi. Vai, ora. La vostra aura e quelle dell’Alchimista e del Mago avranno attirato tutte le creature malvagie del Paese. E probabilmente anche le autorità. — Gli occhi di Gilgamesh guizzarono verso la luce verde e giallognola che divampava dalle armi degli immortali. — Sono certo che quella luce è visibile a chilometri di distanza. — Il Re strinse forte la mano di Sophie. — Sappi questo: se ci incontreremo di nuovo, potrei non riconoscerti. — Tirò fuori il fascicolo fitto di pagine male assortite da sotto la camicia, estrasse l’ultimo foglio e glielo schiacciò sulla mano. — In quel caso, dammi questo. Mi rammenterà della ragazza che ha versato una lacrima per il Re perduto. Ora va’. Andate alla porta d’energia.
— Ma io non so dov’è — disse Sophie.
— L’Alchimista lo sa… — Gilgamesh si voltò a guardare Flamel, e in quello stesso istante l’aura dell’Alchimista si spense.
Nicholas crollò a terra. Dee liberò un grido di trionfo e sollevò in alto la frusta crepitante di energia gialla.