CAPITOLO TRENTUNO
Perenelle Flamel si staccò dall’ultimo piolo della scaletta arrugginita e piegò la testa all’indietro, per scrutare il piccolo cerchio di cielo azzurro sopra la sua testa. Poi si accigliò. Qualcosa di simile a una nuvola stava cadendo verso di lei, piombando giù di filato per il lungo condotto che collegava la superficie di Alcatraz al vecchio tunnel dei contrabbandieri nelle profondità dell’isola. La nuvola si contorse e si rivoltò su se stessa, quindi si solidificò in Juan Manuel De Ayala.
“Madame Perenelle, cosa sta facendo quaggiù?” chiese il marinaio.
— Non ne sono del tutto sicura — ammise la Fattucchiera. — Pensavo di fare visita alla Dea Corvo.
Il giorno prima – e sembrava incredibile che fosse soltanto il giorno prima – Perenelle e Areop-Enap avevano sconfitto la Morrigan, la Dea Corvo, e il suo esercito di uccelli. L’Antico Signore avrebbe voluto darla in pasto ai suoi ragni divoratori di uccelli; Perenelle si era rifiutata, chiedendogli invece di trasferire la creatura, avvolta in una tela, nella cella buia scavata nelle profondità dell’isola.
Quando la Fattucchiera aveva liberato Areop-Enap da quella prigione, aveva smantellato un intricato disegno di lance conficcate nel pavimento fangoso fuori dalla porta. Sulla punta di ogni lancia c’era dipinta un’antica Parola di Potere, che creava una barriera infrangibile da qualsiasi rappresentante dell’Antica Razza. Quando Areop-Enap aveva portato la Morrigan in quella stessa cella, avvolta strettamente nella tela, Perenelle aveva attinto alla sua memoria straordinaria per ricreare il disegno di lance intorno all’ingresso della caverna. Poi, usando fango e conchiglie, aveva ridipinto gli stessi motivi complicati sulla punta piatta delle lance, chiudendo la Morrigan dietro Parole di Potere e simboli che risalivano a prima dell’Antica Razza. Solo un essere umano poteva liberarla; un Antico Signore o un membro della Nuova Generazione non avrebbe potuto neanche avvicinarsi a quell’incantesimo invisibile e micidiale, frutto di stregoneria primordiale.
“Madame, deve lasciare l’isola” disse De Ayala, in tono pressante.
— Lo so — replicò Perenelle, con le labbra piegate in una smorfia di disgusto mentre affondava il piede fino alla caviglia in quel fango fetido di pesce. — Ci sto lavorando. Ha visto qualcuna delle Nereidi?
“Ce n’era una dozzina a prendere il sole sugli scogli in direzione del mare, e ne ho visto un paio intorno al molo. Non ho visto tracce del padre, Nereo, ma so che deve essere vicino.” Il fantasma si strinse le braccia intorno al corpo, lasciando scie di se stesso nell’aria. “Le Nereidi non possono venire a riva… ma lui sì. E lo farà.”
Perenelle fece una dozzina di passi nel corridoio. Si voltò a guardare il fantasma, sorpresa. — Questo non lo sapevo.
“Le Nereidi sono per metà donne e per metà pesci. Nereo invece ha delle gambe, più o meno. Qualche volta viene a riva, scegliendo villaggi isolati di pescatori per… mangiare, oppure di notte si arrampica di soppiatto su una nave e rapisce un marinaio sprovveduto.”
Perenelle si fermò e sbirciò in fondo al corridoio. L’estremità del tunnel scendeva gradualmente fino al mare, e lei ebbe l’immagine improvvisa del Vecchio del Mare che lo risaliva per andarle incontro. Scuotendo la testa, schioccò le dita e creò una corta fiammella bianca, simile a una candela, che fluttuò proprio sopra il centro della sua fronte; come la luce sul casco di un minatore, gettava un raggio bianco-giallognolo sul tragitto che l’aspettava. La Fattucchiera si voltò verso De Ayala. — Farebbe la guardia per me? Per dirmi se arriva qualcuno… o qualcosa?
“Naturalmente.” Il fantasma si piegò, abbozzando un inchino senza gambe. “Ma perché siete scesa qui, madame? Qui non c’è nulla, a parte la Dea Corvo.”
Il sorriso di Perenelle illuminò l’oscurità. — Sono venuta a trovare proprio lei.
— Sei venuta a gongolare? — La voce della Morrigan era un suono roco e gracchiante, quasi mascolino.
— No — rispose Perenelle, sincera. Restando al centro della soglia, incrociò le braccia al petto e sbirciò nella cella. — Sono venuta a parlare con te.
Areop-Enap aveva tessuto una bellissima ragnatela circolare al centro della cella sotterranea. I fili erano spessi quasi quanto un dito umano e scintillavano di liquido d’argento alla luce della lingua di fuoco che ondeggiava sopra la testa di Perenelle. Al centro esatto della tela, a braccia spalancate, con il mantello di piume nere allargato intorno, c’era la Dea Corvo. Sembrava quasi appollaiata a mezz’aria, pronta a piombare giù in qualsiasi istante.
— Hai una brutta cera — disse la Fattucchiera.
Nella luce tenue si notava che la carnagione di alabastro della creatura aveva assunto una sfumatura verdognola. Il vestito di pelle nera si era seccato aprendosi in lunghi squarci che scoprivano la pelle pallida della dea. Le borchie d’argento del corsetto erano chiazzate e annerite, e la pesante cintura di cuoio che le cingeva la vita colava di umidità, con gli stemmi circolari ossidati, dello stesso verde del suo viso.
La Morrigan sorrise e passò la punta della lingua sulle labbra nere. — E tu sei invecchiata nelle ultime ore. Moriremo insieme, io e te.
Perenelle mosse la mano, e la fiammella fluttuò più vicina alla Morrigan.
La Dea Corvo cercò di scostare la testa, ma era bloccata dalla ragnatela d’argento. Dei riflessi comparvero nei suoi lucidi occhi neri, e per un attimo sembrò che avesse le pupille. Dietro la carne del suo viso si intravide un accenno di scheletro.
— Sembri malata — disse Perenelle. — Forse te ne andrai prima di me.
— I Simboli di Legame mi stanno avvelenando — replicò brusca la Morrigan. — Ma tu senza dubbio lo sapevi.
La Fattucchiera si voltò a guardare il geroglifico squadrato e sinuoso che aveva dipinto sulla punta della lancia più vicina. — No. Sapevo che avevano tenuto Areop-Enap intrappolato quaggiù, ma…
— Areop-Enap è un Antico Signore. Io appartengo alla Nuova Generazione. Come hai scoperto i Simboli? — chiese la Morrigan, e liberò un colpo di tosse secca. — Molti Antichi Signori e la maggior parte dei miei simili sono convinti che i Simboli di Legame e le Parole di Potere siano soltanto una leggenda.
— Non li ho scoperti io. È stato il tuo amico Dee a usarli per intrappolare Areop-Enap in questa stessa cella — rispose la Fattucchiera.
La Morrigan piegò le labbra nere in una smorfia di disgusto. — Dee? Conosceva queste antiche parole? — Ammutolì, quindi scosse lentamente la testa.
— Non mi credi?
— Oh, sì. Ti credo. Pensavo di conoscere il Mago inglese meglio di chiunque altro, eppure più cose scopro, meno mi rendo conto di sapere. Non mi ha mai dato segno di possedere una conoscenza così antica.
— E ora ti stai chiedendo chi gliela abbia insegnata — osservò Perenelle. — Areop-Enap ha detto che c’era qualcuno con Dee… un Oscuro Signore, pensava, ma così potente che nemmeno l’Antico Ragno è riuscito a vederli. Devono essersi protetti con un complesso incantesimo dissimulatorio. Senza dubbio era il padrone, o i padroni, di Dee.
— Nessuno lo conosce.
Perenelle strizzò gli occhi, sorpresa. — Nemmeno tu?
La Morrigan premette i lunghi denti bianchi sulle labbra nere. — Nemmeno io. Nessuno lo conosce, e i curiosi – che siano Antichi Signori, di Nuova Generazione o homines – scompaiono. È uno dei grandi segreti… anche se il segreto più grande è il motivo per cui i suoi padroni continuino a proteggerlo e a tenerlo in vita, nonostante i suoi molti disastri. Sono secoli che non riesce a catturare te e tuo marito. — La Dea Corvo tossì una rapida risata gorgogliante. — Gli Antichi Signori non sono gentili né generosi, né tantomeno misericordiosi. Ho conosciuto homines che sono stati ridotti in polvere per non essersi inchinati abbastanza al loro cospetto.
— Sai cosa intende fare Dee con tutte le creature raccolte su quest’isola?
La Morrigan studiò la Fattucchiera, in silenzio.
Perenelle sorrise. — Ha importanza che io lo sappia? Dal momento che moriremo presto entrambe?
La Dea Corvo provò ad annuire, ma la testa era bloccata. — Dee ha avuto l’ordine di raccogliere le creature, ma sono certa che lui non sa cosa intendono farsene gli Antichi Signori.
— Ma tu sì — intuì Perenelle.
— L’ho già visto accadere, in un passato molto, molto remoto per come voi homines misurate il tempo. È una sorta di esercito — disse la Dea Corvo, in tono stanco. — Al momento giusto verrà liberato sulla città.
Perenelle rimase senza fiato. Ebbe un’improvvisa visione: il cielo di San Francisco pieno di vampiri famelici, le fogne brulicanti di boggart e troll, peist nella baia, windigo e cluricauni nelle strade. — Ci sarebbe una carneficina.
— È questa l’idea — bisbigliò la Morrigan. — Come pensi che gli homines reagirebbero se mostri mitologici e leggendari popolassero i cieli e le strade?
— Con terrore, incredulità. — Perenelle trasse un respiro profondo e tremante. — Sarebbe la fine della civiltà.
— La civiltà è già finita in passato — osservò la Morrigan, con noncuranza.
— Ed è risorta — ribatté Perenelle.
— Non risorgerà più. Ho sentito dire che esistono serragli simili – eserciti, zoo, chiamali come vuoi – in ogni continente. Immagino che le creature saranno liberate tutte nello stesso momento. Gli homines sprecheranno i loro eserciti e le loro armi contro le creature… E poi, quando i mortali saranno esausti e indeboliti, coloro che chiamate gli Oscuri Signori torneranno sulla Terra. — La Dea Corvo rise, ma fu interrotta da uno scoppio di tosse roca. — Be’, questo è il piano. Naturalmente, nulla di tutto questo succederà se Dee non recupera le ultime due pagine del Codice. Senza l’Invocazione Finale, i Regni d’Ombra non possono allinearsi. — Tossì di nuovo. — Mi chiedo quale punizione il padrone di Dee abbia in serbo per lui, in caso di fallimento… qualcosa di crudele, senza dubbio — aggiunse la Morrigan, quasi con allegria.
— Pensavo che foste amici — osservò Perenelle, di nuovo sorpresa. — Ormai lavori con lui da secoli.
— Mai per scelta — precisò la Dea Corvo. — Rispondo agli ordini di Dee per volontà degli Antichi Signori suoi padroni. — Cercò di voltarsi nella ragnatela appiccicosa, ma i fili si tesero, bloccandola ancora di più. — E guarda che fine ho fatto. — Una luccicante lacrima nera si raccolse in un angolo dei suoi occhi e rotolò sulla guancia. — Oggi morirò qui, avvelenata dai Simboli di Legame, e non vedrò mai più il cielo.
Perenelle osservò la lacrima nera che colava sul mento della Morrigan. Nell’istante in cui si staccò dalla sua carne la vide trasformarsi in una candida piuma, che fluttuò leggera fino a terra. — Forse Dee manderà qualcuno a salvarti.
— Ne dubito. — La Dea Corvo tossì. — Se muoio, la mia morte sarà soltanto una seccatura. Dee riceverebbe un nuovo servitore dal suo padrone, e io sarei dimenticata.
— A quanto pare, siamo state entrambe tradite dal Mago — sussurrò Perenelle. Osservò un’altra lacrima nera cadere dal volto della Dea Corvo e arricciarsi in una candida piuma nell’istante in cui le colava giù dal mento. — Vorrei… vorrei poterti aiutare … ma non sono sicura di potermi fidare di te.
— Certo che non puoi fidarti di me — ribatté la Dea Corvo. — Liberami, e ti distruggerò. Questa è la mia natura. — Il suo incarnato pallido si era scurito in una profonda sfumatura verde-bluastra, e le erano comparse delle piccole bolle sulla fronte e sulle guance. Cominciò a dimenarsi nella ragnatela; le piume nere si strappavano dal mantello e raggiungevano il mucchietto di piume bianche sul terreno ai suoi piedi. — È ora di morire… — Spalancò gli occhi, neri e vuoti, e poi molto lentamente delle volute rosse e gialle rotearono nelle iridi, fino a fissarsi in un arancione pallido. Esalando un profondo respiro, la Dea Corvo chiuse gli occhi e giacque immobile.
— Morrigan? — bisbigliò Perenelle.
La creatura non si mosse.
— Morrigan? — chiamò di nuovo Perenelle. Sebbene quella creatura fosse stata sua nemica per generazioni, la Fattucchiera si sentiva affranta e sgomenta: aveva appena assistito, senza intervenire, alla morte di una leggenda.
Ma poi gli occhi della Morrigan si aprirono di scatto. Non più neri, erano di un rosso brillante, il colore del sangue fresco.
— Morrigan? — Perenelle fece un passo indietro.
La voce che uscì dalle labbra della Dea Corvo era lievemente diversa da quella abituale. Si udivano chiaramente delle tracce di accento irlandese o scozzese. — La Morrigan dorme adesso. Io sono Badb.
Gli occhi della creatura si richiusero, per riaprirsi in un battito di ciglia. Questa volta erano giallo brillante.
— E io sono Macha. — L’accento celtico era ancora più marcato, e la voce era più profonda, più roca.
Gli occhi della creatura si chiusero di nuovo. Quando si riaprirono, un occhio era di un rosso lucido e profondo, e l’altro di un giallo brillante. Due voci rotolarono fuori dalla stessa bocca, non del tutto sincronizzate.
— Noi siamo le sorelle della Morrigan. — Lo sguardo rosso e giallo si posò sulla Fattucchiera. — Parliamo.